Le centinaia di persone che conosco per lavoro dovrebbero essere granelli di sabbia che tengo in un barattolo e tiro fuori man mano che vado in giro. Simili o a volte uguali, dovrei trattarli con rispetto e distacco ma non sempre mi riesce, con alcuni in vent’anni ho instaurato un rapporto d’amicizia che, pur delimitato nel tempo e nello spazio che ci è concesso, ci tiene legati e ci porta a chiacchierare di tanto altro, oltre che del nostro lavoro.
Venerdì scorso sono passata in un’azienda di nicchia che produce un prodotto da forno che amo, squisito, che vanta innumerevoli tentativi di imitazione. Cito sempre la settimana enigmistica, e per questa specialità è proprio una definizione adeguata. Ho svaligiato lo spaccio e prima di uscire ci ho pensato un attimo: chiedo o non chiedo? E ho chiesto: come state a parte il lavoro?
Come stiamo noi? Mi ha chiesto la gentile impiegata. Volevo sapere. L’anno scorso mi aveva detto che Francesco aveva un problema di salute e che un nuovo responsabile commerciale lo sostituiva, ma non avevo capito la situazione. Insomma mi ha risposto, cosa vuole sapere? Aveva una faccia seria che diceva tutto. Botta e risposta.
Vorrei sapere come state voi e i commerciali.
Dipende.
Francesco come sta? A quel punto avevo capito.
Francesco non c’è più. Non ci potevo credere.
Insomma a gennaio Francesco se n’è andato per una malattia che consuma il corpo e non la mente, tutto sommato in un tempo breve ma con sofferenze che non posso immaginare. Ho esternato la mia incredulità e il dolore, e cosa rappresentava per me questo squisito responsabile commerciale, speciale come i prodotti dell’azienda. Francesco mi accoglieva sempre alle fiere di settore quando cercavo lo stand per assaggiare qualcosa, mi raccontava cosa succedeva in azienda e lui, sempre perfetto anche se a volte stanco, dopo molte chiacchiere mi congedava sempre con un pacco dei suoi squisiti prodotti. Ci salutavamo con l’augurio di vederci in azienda e la mia promessa che, al mio rientro a nordest, avremmo fatto qualcosa insieme, avremmo sviluppato un’idea o un mercato nuovo. Anche se questi signori son sempre stati un vulcano inesauribile di idee e iniziative, forse non avevano e non hanno bisogno di me.
Fino al salone del gusto di Torino, dove per l’ultima volta abbiamo chiacchierato.
Francesco dove sei? Eri così bravo e preparato, un gentiluomo, un uomo d’azienda e un grande professionista! Sono così dispiaciuta di non averti frequentato maggiormente, di non avere condiviso un altro spazio in fiera, di non averti salutato come si deve. Chissà se in cielo vi fanno delle cose buone da mangiare come nell’azienda dove lavoravi. Ci manchi Francesco e ci mancherai sempre. Guardaci dal cielo e buttaci giù qualcosa di buono per favore.
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