Scrivo questo post dolceamaro il 27 gennaio, giorno della memoria. Io non dimentico.

Il primo gennaio 2014 Gerusalemme si sveglia come al solito, noi abbiamo fatto festa la sera di capodanno ma non è un giorno festivo qui. Io passerei l’intera giornata a bighellonare nella città vecchia ma preferisco coordinare i miei 10 partecipanti che, come al solito, mi chiedono cosa c’è da fare e da vedere nella nostra ultima giornata qui. Domani faremo un giro nella Palestina che amo, ma che mi mette anche tanta rabbia ogni volta che vedo come vengono trattate le persone, e dormiremo sul Mar Morto. Quindi oggi sarà giornata libera, con un appuntamento serale per l’ultima cena (niente paura: non siamo 13, io non sono Gesù e nessuno mi tradirà). Sistemo tutti quanti ed esco dall’hotel con due compagni di viaggio, destinazione Israel Museum e Yad Vashem, i due musei a cui tengo maggiormente. Chiedo libertà di visita, i miei due amici si fermeranno al primo museo mentre io in realtà tengo di più al secondo, che due anni fa non sono riuscita a vedere.

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Prendiamo il tram n 1 alla Porta di Damasco (quant’è bello questo luogo, ne ho già parlato in questo post ma non è mai abbastanza) e fino a Mahane Yehuda, il mercato coperto, dovremmo poi prendere un altro mezzo ma camminiamo. Su e giù, cartina alla mano, scopriamo una zona di Gerusalemme moderna, affollata e non meno affascinante di altre, anche per i grandi giardini e parchi come la Passeggiata Haas che spezzano la sequenza di palazzi e grattacieli.

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Siamo sulla collina di Talpiot, la zona dei musei.

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Il primo grosso edificio che attira la ns attenzione è preceduto da vetrate, bandiere e menorah disegnate. Chiedo lumi a una guardia, siamo nientepopodimeno che alla Knesset, la sede del parlamento di Israele. Per essere una fondamentale istituzione del Paese è presidiata molto meno di quanto mi aspetterei, e sulla guida leggo che vi si possono effettuare visite guidate. Interessante, un altro appunto da aggiungere per la mia prossima visita qui (sarà la terza se Dio vorrà).

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Israel Museum è un complesso enorme che raccoglie i maggiori tesori israeliani in uno straordinario compendio: c’è la storia antica oltre 5000 anni (non a caso una sala è dedicata agli Egizi), l’arte moderna e contemporanea, le testimonianze che vanno ben oltre gli attuali confini del Paese. Un contributo notevole alla ricchezza dei beni esibiti proviene dai numerosi lasciti e donazioni, una consolidata abitudine da queste parti.

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L’evoluzione storica e le interazioni e i conflitti tra i popoli del Mediterraneo sono spiegati egregiamente, l’eccellente allestimento ha quello stile didattico americano che ho già incontrato e che amo: potremmo essere tranquillamente in una città statunitense e questo per me è decisamente un plus del museo. Inoltre sono al mio secondo viaggio qui e ritengo di capire e riconoscere luoghi e fatti ora, molto meglio che se fossi appena arrivata. I musei si apprezzano meglio a fine viaggio, questa è la mia idea, anche se so che non è sempre condivisa.

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Entriamo: il biglietto d’ingresso di 50 NIS è caruccio, ma ne vale la pena e consente di visitare anche il Rockefeller Museum entro una settimana. Dove andiamo? L’edificio principale consta di tre sezioni: arte moderna e contemporanea, tradizione ebraica, archeologia. Scelta difficilissima, vedrò soprattutto quest’ultima e passeggerò rapidamente nelle altre sezioni. Vi sono poi edifici separati: il Santuario del Libro (Shrine of the Book) custodisce i Rotoli del Mar Morto (Dead Sea Scrolls), scoperti a Qumran sul Mar Morto, un meraviglioso simbolo della storia ebraica, scritti in ebraico ed aramaico. Sconsiglio invece di visitare il sito del ritrovamento, che mostra un bel panorama appunto sul Mar Morto, una videoproiezione e nulla più.

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Accanto al Santuario del Libro un grande modello di Gerusalemme illustra com’era la città all’epoca del Secondo Tempio, sul percorso verso l’edificio principale sono esposte grandi sculture di grandi artisti del 900. Israel Museum ha un altro plus: posso fotografare, purché senza flash. Per me è come un invito a nozze, avendo poco tempo mi soffermo su tutto ciò che attrae la mia attenzione ma poi filo via, scattando istantanee all’impazzata col Galaxy.

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Infine rincorro una cosa che devo assolutamente vedere ma… non c’è. La Sinagoga di Conegliano nei miei ricordi dovrebbe essere qui, invece sta al Jewish Museum (altro appunto per il prossimo viaggio). Poco male, vedo la Sinagoga di Vittorio Veneto, il mio cuore si riempie di gioia e stupore per questo edificio che, come l’altro, è stato smontato pezzo a pezzo e trasportato a Gerusalemme dalla sua collocazione originaria.

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Penso che cercherò pian piano tutte le testimonianze delle comunità ebraiche nel Veneto, in passato numerose e fortissime come racconta il pannello al museo.

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Coll’orologio (è sempre il Galaxy) in mano esco trafelata e dispiaciuta, salgo alla rotatoria dove il bus n 35 mi dovrebbe portare allo Yad Vashem, il museo dell’Olocausto (World Holocaust Center). Arriva dopo parecchio tempo e ho sempre più i minuti contati, ma sale giusto fino all’incrocio colla vietta del museo… e al quasi capolinea del tram n 1 che abbiamo preso stamattina (ora sono sola). Quindi si poteva venire prima qui e poi andare all’altro museo, vediamo…

Un vialetto con boschetto, unico segno di serenità, conduce al parcheggio del museo. Un cumulo bianco ricorda che due settimane fa una fitta nevicata ha seppellito tutto il Paese, generando disagi e danni. Ho visto delle foto di Gerusalemme innevata eccezionali, purtroppo questo raro evento non si ripeterà durante il ns soggiorno.

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Il Visitor’s Center contiene materiale informativo a pagamento, ben venga perché qui l’ingresso è gratuito. Accanto al Visitor’s Center c’è il Monumento Commemorativo ai Bambini (Children’s Memorial). Al piano interrato, oltre al guardaroba c’è una mensa organizzata come si conviene: caffetteria e derivati del latte da una parte, ristorante e carne dall’altra.

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Non si può fotografare nulla, le foto qui di seguito sono prese dalla pagina Fb ufficiale del Museo.

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Che dire? All’ingresso, dopo avere visto un video dei bambini che venivano deportati e salutavano i parenti che rimanevano in terra natia (groppo in gola), si viene risucchiati dalla forma dell’edificio, progettato dall’architetto Moshe Safdie: un prisma scuro a base triangolare, disteso, leggermente in discesa, dove si segue un percorso obbligato che ci fa entrare dai due lati, sx e dx, come se noi stessi ondeggiassimo sospesi verso un destino sconosciuto. Provo sentimenti di ansia, sospensione e oppressione, e mi immedesimo nei milioni di Ebrei che furono deportati dai Nazisti, senza spiegazioni né alcuna logica, strappati dalla propria terra e dagli affetti, senza sapere dove né perché, per andare incontro alla morte nei campi di concentramento e nei campi di sterminio. Dare i numeri serve a poco.

Olocausto è una parola che ancor oggi fa rabbrividire: sei milioni di Ebrei furono sterminati con un folle disegno condiviso drammaticamente, non solo dai suoi promotori ma anche dagli alleati che i Tedeschi riuscirono a coinvolgere e dalle potenze dell’epoca che si girarono dall’altra parte, per convenienza e per paura. Mi monta un’incazzatura tremenda dalla pancia, e un senso pervasivo di impotenza davanti a immagini, fotografie, mappe, testimonianze, installazioni multimediali, pezzi di vita di prima, durante e dopo l’Olocausto. Entrando nelle ali che si aprono dal centro del percorso si possono vedere com’erano le decine di campi di sterminio costruiti in Europa, con una meticolosità ammirevole e disgustosa al tempo stesso. In fondo al percorso si trovano la Sala dei Nomi (Hall of Names) con gli elenchi delle vittime ben ordinati e catalogati, e la Sala della Memoria (Hall of Remembrance) dove arde la Fiamma Eterna (Eternal Flame).

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Un po’ di sollievo viene percorrendo il Viale dei Giusti tra le Nazioni (Garden of the Righteous among the Nations) dove si ricordano i “giusti” che protessero, nascosero e salvarono tanti Ebrei, a rischio della vita.

Esco di corsa perché ho un appuntamento a metà pomeriggio nella città vecchia col gruppo, potrei stare altre due ore allo Yad Vashem per leggere e memorizzare tutto, ma che fatica, che orrore! Orrore che si somma all’impunità che in alcuni casi ha permesso ai boia nazisti di vivere una vita agiata anche dopo, ricevendo addirittura il rispetto e gli onori di chi non ha mai rinnegato il Nazismo, ma ha rinnegato (e rinnega) l’Olocausto. Il mio orrore è anche per la cecità di chi ha deciso di ripetere lo scempio dei genocidi, anche dopo l’epopea nazista, provocando milioni di morti in Rwanda e in Congo, diverse stragi in Medio Oriente, la disgregazione del popolo cambogiano e altro ancora. L’uomo non impara dai propri errori, è questa la triste verità.

CONSIGLIO – visitare assolutamente prima lo Yad Vashem ed eventualmente abbinarvi le non lontane Vetrate di Chagall (che non ho ancora visitato). Si esce talmente sconvolti dal Museo dell’Olocausto che poi è meglio fare altro, ad esempio allietare lo spirito tra le bellezze di Israel Museum.

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Avventure Israele breve, dicembre 2013, tra luoghi sacri, storia e bellezze naturali

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2 comments

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è un viaggio che mi manca…. devo rimediare 😉

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simo facciamo che io vado in oman e tu in israele? chissà se nascerà un oman soft x i pigri come me che non vogliono guidare 🙂

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