Passeggiare per Venezia riempie il cuore e libera la mente, è il miglior antidoto a stress e pensieri. Questo è per me uno dei grandi piaceri della vita, anche senza meta, lasciando che le pietre e le acque mi attirino in qualche direzione. Perdersi è impossibile e al peggio potrei finire in un vicolo cieco, dal quale è sufficiente girare i tacchi per rientrare sui propri passi.
Conoscere Venezia con una passeggiata di un giorno non è facile, perché è un tempo del tutto inadeguato a vedere bene la città e anche ad assaporarla, a goderla e soprattutto a capirla. Anzi, dopo un giorno è normale essere frastornati dalla sua bellezza e dal confronto con chi ci arriva da turista, contrapposto alla vita dei suoi abitanti, eroi del nostro tempo, che sfidano ogni giorno il saliscendi dei ponti, le orde di visitatori, i mezzi pubblici acquei non sempre adeguati pur di vivere in quella che con orgoglio chiamano “la città più bella del mondo”.
Raccontarla mi è forse più facile, l’invito di Housetrip a descrivere un giorno a passeggio a Venezia è diventato una scusa, graditissima, per curiosare in alcuni angoli e cercare le gemme nascoste di questa che è un po’, ma non abbastanza, la mia città.
Questo dovrebbe essere un #viaggionelquartiere ma, essendo a Venezia, lo chiamerò Viaggio nel Sestiere; le sei parti della città, dette appunto sestieri, che si riconoscono dai frequenti cartelli indicatori. Con alcune regole: portare scarpe comode e prepararsi a molte salite e discese dai ponti; rinfrescarsi alle fontanelle con l’acqua pubblica; fermarsi spesso per dare un rapido sguardo ai particolari; immortalare tutto con foto dal cellulare e infine effettuare piccole pause golose nelle pasticcerie e nei bacari.
Assaggiare le specialità dell’ottimo cibo da strada, i cicheti per dirla alla veneziana, sorseggiando un’ombra de vin è un’esperienza unica e sempre diversa.
Fritturina, patatine, sarde, folpeti, crostini, baccalà… Ce n’è per tutti i gusti.
Sono affezionata ad alcuni locali storici ma mi piace anche curiosare, magari dietro consiglio di amici, alla ricerca di bacari che non ho ancora provato (ci sono, ci sono…).
A Venezia ci sono anche delle pasticcerie pazzesche, non tante a dire il vero producono secondo qualità e tradizione ma è davvero difficile resistere alle bontà esposte in vetrina, anche per una come me che non è certo appassionata di dolci.
Da Piazzale Roma, il capolinea dei bus, si può andare in centro storico seguendo tre vie principali: la direttissima per Rialto e San Marco attraverso i Frari e Campo San Polo, oppure per Lista di Spagna e Strada Nuova, o infine per Campo Santa Margherita e l’Accademia. A piedi, naturalmente: in alternativa ci si può muovere in vaporetto, attraversando il Canal Grande per esempio, ma non solo, tutte queste vie d’acqua costituiscono altri bellissimi itinerari.
Il mio percorso preferito è il terzo, perché alterna spazi larghi e stretti e perché vi sono tante possibili deviazioni. Voltando le spalle a Piazzale Roma, dunque, prendo verso destra, sestiere di Santa Croce, e sono già avvolta dalla magia di odori e colori veneziani. Nei giorni più lunghi dell’anno, quando la primavera volge al termine, tante aiuole e balconi fioriti danno un ulteriore tocco di colore ai già bellissimi campielli, ma anche ai balconi delle case.
A metà mattina Campo Santa Margherita dà un’ottima visuale di una città vivace, vissuta dai Veneziani che vengono qui a fare acquisti alle bancarelle di ortofrutta e del pesce.
Di sera qui si consuma la voglia di divertimento dei giovani, con una sequenza quasi ininterrotta di locali affollati (anche) dagli studenti dell’Università e del prestigioso IUAV – Istituto Universitario di Architettura di Venezia.
Infatti oggi si celebrano molte lauree, ciò si vede nei cartelloni con caricatura del neolaureato e la sua storia romanzata (spesso in chiave boccaccesca) che noi chiamiamo Papiro.
E dai tanti giovani che girano con una ghirlanda d’alloro al collo o in testa, circondati da amici e parenti festanti.
Quando vengo qui di sera mi piace fare “people watching”, per questo prendo una birra in un pub e mi siedo su una panchina, semplicemente per vedere passare la gente…
Vi sono tanti giardini a Venezia, ottimi per rinfrescarsi sotto le chiome di un albero o semplicemente per riposarsi. Il più grande e il più bello è a mio avviso è il giardino, anzi plurale, sono i giardini di Sant’Elena, dov’è nato il mio papà, che da pochi giorni sono nuovamente affollati per l’apertura della Biennale Architettura. Sant’Elena e l’Arsenale, i due luoghi dove si consuma la kermesse culturale più lunga dell’anno a Venezia, saranno pieni di gente fino a fine novembre. Negli anni pari per la Biennale Architettura, negli anni dispari per la Biennale Arte. Ma anche nei dieci giorni della Mostra del Cinema, quando con la scusa dei film sbarcheranno in laguna, al Lido, a Venezia e nei dintorni migliaia di personaggi dello spettacolo, spettatori, operatori del settore, appassionati come me e curiosi.
Biennale significa anche decine di installazioni e padiglioni sparsi nel centro storico, che diventa una sorta di museo a cielo aperto. Senza volerlo mi infilo nel vicino Liceo Artistico, dove “incappo” per l’appunto nel padiglione del Paraguay, una bella installazione basculante come fosse la carena di una nave che racconta con testi e immagini la storia del Paese sudamericano.
Molto bella e molto ben collocata, nello stupendo chiostro della scuola che è un altro bellissimo luogo per riposare e meditare.
Campo Santa Margherita si trova nel sestiere di Dorsoduro, girando intorno al campo dopo avere ammirato le case, tutte belle, la chiesa sconsacrata e alcuni locali che sarebbero buoni per uno spuntino (!!!) mi soffermo sulle sue principali bellezze artistiche, due chiese poste alle estremità nord e sud del campo.
La Chiesa dei Carmini e l’annessa Scuola dei Carmini, collocate sul lato sud del campo, sono due gioiellini che ci riportano indietro nel tempo: furono costruite e rimaneggiate in un arco di tempo piuttosto lungo, tra l’epoca romanica e barocca. Sono note soprattutto per i preziosi arredi e i dipinti di Tiepolo e Piazzetta che vi sono conservati.
Le Scuole Grandi erano un istituto importante per Venezia: confraternite laiche che dovevano fornire sostegno economico ai giovani, uomini e donne, ma anche formazione spirituale, ricovero e cura ai malati. Vi sono cinque Scuole grandi, tutte diverse, che custodiscono sommi tesori artistici e costituiscono uno spaccato della ricchezza della Serenissima mantenuto per secoli, nonostante si dicesse una sacrosanta verità. A Venessia no se produse gnente ma se ghe trova de tuto. Venezia dovette darsi un modello economico, sociale e politico secoli prima della globalizzazione che viviamo noi oggi, basato sullo sviluppo del commercio sino a terre lontanissime, fatto di accordi commerciali e diplomatici ma anche di usurpazione di terre e sfruttamento degli schiavi. E fatto di palazzi e chiese come li vediamo ancor oggi, splendidi e uguali a come li dipinsero Canaletto, Guardi e gli altri Vedutisti.
Le scuole grandi di Venezia sono cinque: oltre ai Carmini vi sono San Marco, San Giovanni Evangelista, San Rocco e San Teodoro. Si possono visitare a pagamento ma… occhio agli orari!
San Pantalon, situata a nord di Campo Santa Margherita, è tutt’altro: una chiesa che si rischia di lasciare da parte, la più classica delle gemme nascoste. Dietro una semplicissima facciata di mattoni si cela un interno incredibile, la cui bellezza principale è una tela di oltre 400 metri quadrati, realizzata alla fine del Seicento da Giovanni Antonio Fumiani. Raffigura il martirio del santo e allarga enormemente la prospettiva della scena, secondo lo stile pittorico dell’autore. Anche qui occhio agli orari di visita.
La Serenissima aveva anche un governo illuminato e all’avanguardia, guidato dal Doge e dal Consiglio dei Dieci, capace di convivere con la Chiesa grazie alla saggia suddivisione dei poteri. Il Patriarca di Venezia è tuttora abbastanza influente ed ascoltato a Roma, anche se l’ultimo patriarca che è stato mandato a sedere sul soglio pontificio, nel 1978, ha fatto una brutta fine, come testimonia questa targa.
Sono colta da un languorino che soddisfo qui vicino, alla pasticceria Tonolo, un posto che tutti i Veneziani buongustai conoscono. Piccolo ma accogliente, pieno di cose buone, sono quasi tutte dolci ma trovo due fagottini di sfoglia che fanno al caso mio, uno con tonno e patate, l’altro con ricotta e zucca, fotografando tutto il resto! Attenzione che non c’è il bagno, bisogna abituarsi a questo in molti locali di Venezia, fatti apposta per consumare una breve pausa golosa.
Vorrei proseguire verso l’Accademia, ma mi fermo a San Barnaba ad ammirare il barcone con la frutta, “el frutariol” forse più fotografato di Venezia!
Cambio itinerario, a passo svelto mi riporto sul percorso centrale perché voglio vedere tante altre chiese. Eccomi accontentata! Santa Maria Gloriosa dei Frari e San Rocco, con l’annessa omonima Scuola Grande, sono due gemme artistiche tracotanti e immancabili, stupende fuori e dentro.
Peccato che a metà giornata il sole alto le illumini male e mi costringa a cercarne qualche dettaglio, o meglio a cercare la gente che transita qui intorno, uno spettacolo a cui mi piace sempre assistere in silenzio come se io fossi non una persona, ma uno spirito che aleggia su Venezia.
Un ponte e via, entro nel sestiere di San Polo.
Fotografo alcune insegne di bacari e ristoranti più o meno famosi…
le chiese di Sant’Aponal e San Silvestro…
mentre mi avvicino al grande, bellissimo Campo San Polo…
e al ponte di Rialto.
Calli, campi e campielli sono l’essenza di Venezia. Grandi o piccoli che siano ci mostrano com’è la città laddove passano migliaia di turisti al giorno o, al contrario, nella pace di luoghi che rimangono quasi sempre veneziani, e come tali semideserti. Si dice che, a fronte di una popolazione attestata sui 55.000 residenti, entrino in città circa 80.000 persone al giorno, un peso difficile da sostenere per la delicatezza dell’ecosistema urbano. Per non parlare (davvero) delle maxinavi che al ritmo di 1.500-2.000 ospiti ciascuna affollano il bacino San Marco in uscita per le crociere. In certi giorni ci possono essere anche 10 e più maxinavi ormeggiate in bacino, ma si può? Questo fatto è oggetto di un dibattito acceso e irrisolto, per gli enormi interessi coinvolti in questa grande partita che si gioca, almeno in parte, lontano da Venezia. Staremo a vedere.
Rialto è un altro posto che si può visitare da turista, ma che rimane molto veneziano appena ci si allontana dalle sue orribili bancarelle cariche di paccottiglia cinese. Non c’è solo il bellissimo, antico ponte carico di negozi e snodo di quasi tutte le vie di terra e acqua di Venezia. Rialto è anche IL mercato del pesce (che non ho mai visitato come si deve, urge rimediare!) ma non solo: è luogo d’incontro, di sosta e ristoro per chi ci arriva a piedi e in barca. Ristoranti di ogni genere si affacciano sulla Riva del Vin, ma il mio preferito è un po’ in dentro, lo raggiungo, lo fotografo e proseguo per il bacaro dove mi attende un meritato spuntino.
Che fame! Ho l’imbarazzo della scelta e mi fermo Ae Do Spade, dove nella tranquillità del primo pomeriggio riesco anche a scambiare due parole con le simpaticissime ostesse. Mozzarella in carrozza, arancino, olivette ascolane e un’ombra di Tocai. Sono felice anche perché vado in bagno e mi siedo un attimo.
Un attimo, appunto, poi pago ed esco verso il ponte, dove ci sono altri locali che amo anche se sono più adatti a una cenetta romantica o comunque alla calma serale.
Dall’altra parte del ponte di Rialto inizia il sestiere di San Marco, che io sfioro solamente perché ormai ho la fissa di fotografare le facciate delle chiese. Attraverso Campo San Bortolo, tradizionale ritrovo dei giovani veneziani attorno alla statua del Goldoni.
Entro in Cannaregio dove incontro un’altra gemma nascosta di Venezia, la chiesa di Santa Maria dei Miracoli, l’apoteosi del Rinascimento di cui non si può dire nulla finché non la si vede. Graziosa, chiara, illumina il campo con i suoi marmi intarsiati policromi ed è una chicca anche all’interno.
Una cosa importante da ricordare per i visitatori è che molte chiese di Venezia hanno l’ingresso a pagamento. Per quanto ciò non possa piacere contribuisce al loro mantenimento e ne permette (o dovrebbe permettere) orari d’apertura sufficienti per le visite. I residenti invece, dietro presentazione di un documento, entrano gratis.
In pochi passi sono in un altro luogo che amo, Campo Santa Maria Formosa con una forma un po’ sghemba, invaso dall’omonima chiesa, cinto su tre lati da bei palazzi e hotel.
Davanti a me c’è la stupenda Querini Stampalia, biblioteca museo e fondazione, insomma un posto dove uno entra e non sa quanto ci potrebbe restare.
A metà pomeriggio ho voglia di gelato: la Mela Verde è una piacevole scoperta, sia per la collocazione nella bellissima e tranquilla Fondamenta de l’Osmarin…
sia perché così tocco il sesto e ultimo sestiere, Castello, forse il più autentico del centro storico in quanto più lontano da tutto il resto. Anche qui si potrebbe girare per ore, perdendosi tra calli campielli e fondamente diversi da quelli sinora incontrati. Ma anche perché l’aria che vi si respira è diversa, la gente si muove con un passo più gentile, felpato, meno orientato al turista. Merce rara insomma, almeno per Venezia.
Gelateria Mela verde, dunque. Faccio subito la maestrina notando due dettagli tecnici. Il gelato ha un aspetto leggermente gonfiato, anche perché è tenuto nelle vaschette d’acciaio e non nei pozzetti dove si conserverebbe meglio. Ed è servito a palline invece di lasciare una paletta in ciascuna vaschetta. Fine dei difetti. Ma è MOLTO buono e, preparando pochi gusti per volta dato lo spazio esiguo disponibile, è sicuramente fresco. Assaggio amaretto – limone basilico menta – pistacchio. Yummi.
Anche qui ho i minuti contati e un sacco di strada da fare, a ritroso verso Piazzale Roma.
Strada Nuova è un’ampia strada che da Rialto riporta verso il punto di partenza ma dal lato della stazione. In Campo Santi Apostoli c’è la chiesa luterana, dalla quale una coppia di sposi esce felice. Altra Foto!
Venezia è da sempre crocevia di comunità e luogo di accoglienza di genti diverse, ciò è testimoniato dalle tante confessioni religiose che vi hanno trovato ospitalità e la possibilità di esprimere il culto, tra cui appunto le chiese luterana e anglicana, la comunità armena (con un’intera isola adibita al culto, San Lazzaro degli Armeni) e altre. Qui vicino c’è un altro luogo specialissimo di Venezia: il quartiere ebraico con il Ghetto e la Sinagoga. Ma quanto c’è da vedere in questa bellissima città?
Ma voglio parlare ancora un attimo dei matrimoni (degli altri). Quante amiche e parenti si sono sposate a Venezia, anche in chiese prestigiose e bellissime! Nove anni fa, al matrimonio di mia sorella, ricordo che dopo la cerimonia, nella passeggiata fino al ristorante situato qui vicino, Claudia sfoggiava il vestito chiaro per farsi fotografare dai turisti, fu davvero divertente!
Costeggio la Ca’ d’Oro, altro stupendo esempio di palazzo veneziano, ma ancora poco fotogenico per il sole forte, e appena posso svolto a destra.
Vedo un pub che non dovrebbe avere nulla a che fare con Venezia ma mi è sempre piaciuto, anche per l’ottimo rapporto qualità prezzo di birra e spritz.
Ecco, non avevo ancora nominato un sempiterno e inflazionatissimo simbolo di Venezia e del Veneto, lo spritz, che come la Settimana Enigmistica ormai vanta innumerevoli tentativi d’imitazione! Niente, rimedierò, oggi non sono da spritz ma preferisco le più sane e facili ombre di vino bianco. Perdonatemi!
Potrei girare a Santa Sofia ma proseguo sino a San Felice, che riconosco più per questo locale che per la chiesa…
In fondo a Rio di San Felice giro a sinistra, qui finalmente inizio a vedere il lento calar del sole nei colori più vivaci degli edifici e ponti riflessi nelle acque.
Eccomi in Fondamenta della Misericordia. Subito a destra noto la sagoma dell’omonima chiesa, in restauro da tempo, speriamo bene.
Mi dirigo a passo svelto lungo la fondamenta, senza molto interesse per i numerosi locali perché qui ce n’è solo uno che attira la mia attenzione, pur negli alti e bassi di vari chef che vi hanno lavorato.
Il Paradiso perduto mantiene il suo fascino anche perché, come il meglio dei locali dei e per i veneziani, ha un aspetto dimesso fuori e un grande calore umano dentro. Ci si mangia bene ed è frequentato da quel pubblico trasversale che mi piace tanto. Insomma lo consiglio.
Poco oltre, sulla mia destra, indugio verso Campo dei Mori con le due statue che vi fanno la guardia e un po’ troppi ombrelloni e chincaglieria varia, pazienza. Qui abitarono per un periodo le mie amiche del Lido A&A, solo che appena trasferite qui si fidanzarono e potemmo approfittarne solo per qualche serata di sano gozzoviglio tra amici. Che bei tempi!
Sotoportego dei Facchini è un altro cartello che attira la mia attenzione, non tanto per il consueto richiamo ad antiche arti e mestieri ma perché qualcuno giustamente ha cancellato una C.
Si discute da tempo sulla toponomastica veneziana, in quanto qualche furbo governante ha fatto traslitterare molti nomi in italiano. La reazione dei Veneziani è stata poco positiva…
Poco oltre si erge la bellissima chiesa della Madonna dell’Orto, che ci catapulta addirittura al Trecento, al periodo gotico, ed è bellissima sia fuori sia dentro con i pregevoli dipinti di alcuni artisti che hanno fatto la fortuna di Venezia: Tiziano, Tintoretto, Palma il Giovane, Cima da Conegliano.
Guardo la cartina, siamo all’estremità nord del centro storico, dietro di noi si vede la laguna e qui di fronte c’è l’isola di San Michele col cimitero dei Veneziani. Ecco da dove viene il nome della chiesa! Bonificare il terreno ed avere gli orti era una necessità per la città, che qui manteneva alcune coltivazioni urbane nella terra più vicina all’acqua, anche se il principale orto di Venezia, anch’esso bellissimo da visitare, è Sant’Erasmo dove crescono i famosi carciofi e dove imprenditori lungimiranti hanno fatto rinascere le antiche vigne di Venezia, producendo un vino blasonato. Non vedo l’ora di andarci e assaggiare tutto!!
Anche la zona popolare attorno alla chiesa è bellissima. Merita decisamente una visita.
Ma l’ultima gemma nascosta qui si chiama Sant’Alvise, che corro a visitare tardissimo, praticamente all’orario di chiusura, solo perché Alvise è il nome di mio nipote. Riparlo un attimo di mia sorella. Quando sei anni fa rimase incinta e seppe di aspettare un maschio, venne qui e passeggiando vide il cartello Parrocchia di Sant’Alvise. Ecco come chiamerò mio figlio. Lo racconta sempre, questo nome è venezianissimo assieme a Niccolò, Giacomo e pochi altri. Che storia!
E la chiesa com’è? Stupenda! La facciata non dice assolutamente nulla, mattoni e rosone, ma dentro, nell’unica navata, si consuma un’apoteosi pittorica, di Tiepolo e non solo.
Mi accorgo che è tardissimo, a malincuore esco dalla chiesa e mi avvio spedita a Rio Terrà San Leonardo e Lista di Spagna. Terrà significa interrato, i rii interrati sono ovunque a Venezia e ciononostante la città è permeata da vie d’acqua. Quanta gente, scappo. Do un’occhiata fugace alla chiesa di Santa Lucia e a palazzo Labia che ospita la sede regionale della Rai. Ho un’ultima missione da compiere, assaggiare un cicheto al Bacareto da Lele ai Tolentini, praticamenti di fronte a Piazzale Roma che è di solito il primo o l’ultimo bacaro dove ci si ferma per ogni Bacaro Tour che si rispetti.
Il tempo di fare una foto dentro e una fuori, e mi dicono gentilmente che devo uscire perché c’è la partita dell’Italia e stanno chiudendo. Ma si può?
Il mio giro della Venezia che amo, tra luoghi affollati e angoli silenziosi, è finito. Sono stanchissima ma carica delle belle immagini che ho raccolto, alcune note altre nuovissime. Venezia stupisce sempre e a ogni visita si apre con qualcosa di nuovo, come fosse una rosa con tanti petali. Ho visto tutto al volo e volontariamente ho saltato a piè pari Piazza San Marco tenendola solo come punto di riferimento. Ho preferito girarci intorno perché questo splendido salotto a cielo aperto, unico al mondo, è troppo bello per essere visto di sfuggita. Torno presto, lo prometto, grazie Venezia!
Post in collaborazione con Housetrip.
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3 comments
inesweb
Bellissima…Venezia!
vincenzina
premetto che sono una…malata di Venezia, dopo almeno dieci soggiorni a partire dal mio viaggio di nozze nel 1962, , ci sono stata anche domenica 12 corrente a Venezia, ma pur avendo camminato per due giorni, leggendo il bellissimo racconto e foto di Gamberetta rossa, .. mi pare di non avere..ancora visto nulla !
è certamente la più bella città del mondo per la sua unicità …..fra la terra, poca, e l’acqua che è intrinseca al suo essere !
che amo con tutto il cuore lo spirito !
grazie
gamberettarossa
Novembre mese ottimo e senza tanti turisti complimenti per la scelta e grazie dei commenti, alla prossima!