La varietà e la grandezza del Sudan sono difficili da sintetizzare, le sue tante anime non si possono conoscere in un viaggio di sole due settimane. Nubia Sudan è dedicato alla visita del nord del paese, dalla capitale Khartoum si segue un percorso ad anello che si snoda tra la necropoli di Meroe, le piramidi, i siti della civiltà meroitica.
Si prosegue lungo le piste nel deserto del Bayuda sino a raggiungere il Nilo, dove già 5.000 anni fa fiorirono civiltà che ci hanno lasciato testimonianze misteriose e controverse, e poi antiche tombe islamiche, rovine di basiliche cristiane e castelli ottomani. A tutte queste meraviglie fanno da sfondo le verdissime sponde del Nilo e gli splendidi villaggi nubiani con case bianche dalle facciate dipinte, dove i pochissimi turisti sono accolti con genuina ospitalità dalla popolazione.
Oggi il percorso è quasi tutto su strade asfaltate al posto delle piste che, sino a pochi anni fa, erano l’unica via. Pertanto, nell’ottica della gestione degli spostamenti, è possibile alternare strada e sterrato. Si può effettuare il tour in senso orario o antiorario. Quest’ultima opzione è più diffusa ma, per i patiti dell’archeologia, è forse più logico vedere alla fine Jebel Barkal e soprattutto lo strepitoso sito di Meroe, con le sue 40 piramidi.
Nella Nubia l’economia di sussistenza è basata sull’allevamento seminomade di ovini e su una fiorente agricoltura, con il raccolto di cereali e legumi 2-3 volte l’anno. Appena l’irrigazione meccanizzata permetterà di coltivare la terra anche ad alcuni km di distanza dal fiume vi sarà un radicale cambiamento nelle tecniche agricole, ma a questo punto i contadini che vivono qui da sempre saranno spodestati da aziende più grandi. Qui voglio raccontare l’incontro con la gente, sempre sorridente e disponibile a ospitarci per offrirci un tè all’ombra di una tenda e condividere qualche minuto scambiandoci parole e gesti d’amicizia.
Dongola al Ajouz oggi è una città morta, con le rovine degli antichi tesori sommerse dalla sabbia, ma in passato era la capitale del regno di Makuria, attivo per quasi 1000 anni tra il VI e il XV secolo. Al tramonto vediamo le qubbe, edifici conici che fungevano da tombe dei marabutti o santoni musulmani.
Di prima mattina camminiamo lungo la sponda del Nilo, vediamo il castello – monastero con dietro edifici in rovina, i resti di un tempio romano con colonne di marmo, mosaici, il fiume intensamente coltivato.
Tutto è solitario e pacifico. I bei villaggi che incontriamo sul percorso hanno le porte dipinte in colori sgargianti, muretti bianchissimi, tanti fiori.
Lungo la strada grosse anfore piene d’acqua sono disponibili per dissetare i viandanti.
Terra battuta, polvere sollevata dal vento, gente che si muove su carretti e a dorso di mulo. Siamo proprio in Africa! A Mulwad arriviamo nelle ore più calde della giornata, infatti non c’è nessuno in giro e gli autisti si fermano a riposare nel patio di una casa appena dipinta di marrone. Andiamo in cerca di scorci da fotografare poi, attraverso un fitto palmeto, raggiungiamo le coltivazioni di fave e miglio lungo il Nilo. Sono irrigate da pompe azionate a motore, non più dai cammelli che, anticamente, facevano girare le le ruote ad acqua per 18h/g, con ben tre turni di lavoro di 6h per i poveri animali. Al villaggio c’è un silenzio irreale ma le porte delle case sono aperte, possiamo sbirciare all’interno. In un cortile particolarmente ampio vediamo un mappamondo sullo sfondo, sembra una scuola. Le maestre ci vedono dalle aule, ci fanno cenno di entrare e stare con loro, studenti e insegnanti escono in cortile. Raccontiamo qualcosa dell’Italia, chiediamo come sono organizzati nella scuola, dotata di attrezzature basiche ma dignitose. In ogni classe ci accolgono con un caloroso applauso, si alzano in piedi e fanno domande, quando ci presentiamo dicendo il ns nome e l’età ci stringono la mano, vogliono vedere le foto appena scattate, c’è una piacevole confusione. Alla fine di questa bellissima esperienza facciamo una piccola donazione consegnata bene in vista a una maestra (il preside è fuori città).
Torniamo sulla strada asfaltata per raggiungere Kawa, dove i resti archeologici presso il Nilo sono così di difficile lettura che alcuni gruppi li saltano, in effetti il complesso di templi è quasi completamente sommerso sotto la sabbia.
E infine ci fermiamo al villaggio di Selim per la notte. Prima di cena esco credendo di fare foto in santa pace, ma dopo pochi metri sono circondata da bambini che mi vogliono parlare, da una madre che mi offre un ottimo caffè, dal calore umano dei passanti, così tra chiacchiere e strette di mano rientro dopo il tramonto.
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