Visitare la Biennale di Venezia negli ultimi giorni, a fine novembre, significa avere intorno il meglio dei turisti internazionali, che si distinguono dal turista medio perché girano ben vestiti, portano pesanti borse cariche di carte e soprattutto trascurano bancarelle e vetrine di paccottiglia per andare dritti al loro obiettivo. Se la tirano ma va bene così. Giardini e Arsenale, le due sedi della lunga esposizione veneziana, si visitano con calma: io dedico mezza giornata a ciascuna ma potrei starci più a luper vedere tutto; quando posso prendo tempo per vedere anche le installazioni sparse in centro storico.

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C’è un problema però, sono una profana con una formazione accademica diversa, poco avvezza all’architettura e alle sue espressioni più recenti.

Mi permetto comunque di consigliare una visita approfondita alla Biennale anche a chi come me nella vita si occupa d’altro. Perché? Non è difficile districarsi nei padiglioni, con chiare indicazioni dei Paesi ospiti in ciascun edificio e ricchissime didascalie delle opere esposte, in italiano e inglese, tante foto e installazioni multimediali. Ogni padiglione nazionale è in sostanza un microcosmo che, nell’ultima edizione, raccontava la storia recente del Paese in un compendio utilissimo e completo. In una vecchia casa presso i giardini di Sant’Elena è nato il mio papà nel lontano 1939: non mi ha mai mostrato la sua casa natale, non so come cercarla e per questo trovo i giardini ancora più misteriosi e affascinanti.

Arsenale è poi un termine evocativo ma sintetico, riferito a una vasta area del centro storico così magica che si può solo vedere di persona, attendo una visita guidata per conoscerlo come si deve.

La biennale architettura numero 14 è finita lo scorso novembre e ora sta per aprire la biennale arte numero 56. Ecco alcune immagini catturate durante la mia visita.

Venezia mi accoglie con la consueta sfavillante bellezza di Riva degli Schiavoni…

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e un ingresso altrettanto sfavillante a Monditalia.

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Alcuni luoghi e non luoghi costruiti nel secondo dopoguerra sono ampiamente descritti: Milano Marittima in Romagna, Maddalena in Sardegna, Milano 2.

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Eccellenze enogastronomiche fanno da contraltare a tutto ciò, come la storia del vino Timorasso nei colli tortonesi e di un suo ambasciatore, Walter Massa con l’omonima cantina situata a Monleale (AL). E su tutto il padiglione italiano svetta la storia di Milano attraverso i suoi grandi progetti sacri, civili, industriali, che nei secoli ne hanno fatto la storia sino a darle lo skyline attuale, inconfondibile, pronto (in teoria) per l’Expo.

Arsenale fotogenico.

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Dal piano terra vorrei salire al padiglione del Sudafrica ma devo farlo a piedi, poco male ma se avessi una carrozzina non potrei. Argomento: prima, durante, dopo l’apartheid e la vita di Nelson Mandela.

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Padiglioni come antichi templi dove si entra per pregare e ammirarne la magnificenza…

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Haiti e i diversi governi che vi si sono succeduti. Spagna durante e dopo la crisi del mattone. Mozambico e le vicine nazioni dell’Africa australe. Israele difficile come sempre. Egitto in cerca d’identità. Grecia azzurrissima. Giappone un Paese nuovo post terremoto. Finlandia: soluzioni abitative dove il legno è il principale materiale costruttivo…

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Vaporetto e via, si va e si torna…

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