La famiglia che mi ospita sta in un paese a metà strada tra Iasi e Vaslui, due ricche città situate a pochi chilometri dal confine moldavo, un confine relativamente nuovo rispetto alla storia degli ultimi 200 anni. Non c’è povertà né tanto meno miseria, ci mancherebbe: in campagna si produce quasi tutto ciò che serve per vivere, per fortuna perché gli stipendi e le pensioni erogati dallo Stato sono davvero bassi e per questo la gente emigra. I Moldavi sono di qua e di là dal confine, uniti oggi come in passato quando Romania e Moldavia erano un’entità unica. Avrei voluto sconfinare fino a Chisinau ma ho preferito un più semplice trasferimento nella capitale rumena Bucarest, dove ho passato il fine settimana prima del rientro in Italia. Bessarabia è il suo nome antico che però non usa quasi nessuno, a tal proposito consiglio di leggere il libro di Gad Lerner Scintille e, come hanno fatto altri intellettuali ebrei, rappresenta la ricerca delle proprie radici dopo lo strappo tremendo della Shoah.

La Moldavia è una nazione giovane che esiste sulla carta

Nella vita della gente, si mescola alla storia russa recente, mentre altre nazioni come la Transnistria hanno un’identità negata e sulla carta non esistono. La Bucovina di antiche memorie mi chiama: il capoluogo Suceava è solo 150 chilometri sopra di noi, la visiterò al prossimo viaggio. Di Vaslui vedo ben poco andando in stazione, Maria mi fa notare che c’è abbastanza lavoro qui da non rendere necessario emigrare, buon per loro. Wikipedia dice che è arrivata a quasi 100.000 abitanti grazie al suo recente sviluppo industriale. Il centro storico appare ricco e curato ma non ha sicuramente l’aspetto della storica capitale moldava, Iasi, a cui dedichiamo una giornata di visita.

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Capitale di fatto della Moldova, Iasi è una città di 350.000 abitanti

Stupenda, con architetture di varie epoche dal Quattrocento in poi, inclusa la facciata della stazione ferroviaria dove spicca un neogotico scopiazzato dal Palazzo Ducale di Venezia che Maria mi fa notare e mi lascia di stucco! Dalla stazione dei bus passeggiamo per il centro, fermandoci qua e là a vedere un negozio di scarpe, una caffetteria, un centro commerciale, ora su strade trafficate, ora su viali pedonali pieni di negozi e ristoranti su cui si affacciano l’uno dietro l’altro il Teatro nazionale e i cinema, segno di un’intensa vita culturale. Dei vari hotel il più sontuoso è l’hotel Traian, delle cento chiese tra le più belle è la chiesa dei Tre gerarchi che all’esterno sembra un merletto e all’interno è affollata dai fedeli, in fila per toccare le reliquie di Santa Parascheva molto venerata in città. Nelle chiese ortodosse si entra facendosi il segno della croce diversamente che nel rito cattolico, la messa della domenica è diversa e dura fino a 4 – 5 ore. Vi sono parchi e giardini curati pieni di fiori, con statue che ne celebrano i principali personaggi tra cui l’unificatore della Moldavia, Alexandru Ioan Cuza.

A Iasi ci sono sette Università tra cui la più antica della Romania

Palazzi ricchissimi (come il Palazzo della Cultura che ospita il polo museale della città) paragonabili a quelli che ho visto nella ricca Germania. Iasi ha tutti gli ingredienti per avere un radioso futuro così come ha avuto un grande passato fatto di rapporti commerciali con Paesi vicini e lontani (nonostante ci siano state guerre di potere in varie epoche). E – miracolo – ha pochi turisti che si mescolano con i locali senza far rumore, quindi per me è bella di suo perché ci tiene o meglio sa di essere una bella signora da ammirare e godere. Circondata da sette colli è per questo paragonata a Roma. Prosperità, tutela quasi spasmodica della sua storia passata e proiezione nel futuro sono i sentimenti che mi lascia la visita.

Non vedo la sinagoga né i ricordi della fortissima comunità ebraica

Che per quasi 500 anni ha contribuito alla prosperità di Iasi. Gli ebrei, sia ashkenaziti sia sefarditi, furono sterminati dalle persecuzioni naziste durante il regime di Antonescu, nel pogrom di Iasi istituito nel 1941 morirono quasi 15.000 persone. Al massacro di Iasi seguì quello di Odessa in Ucraina, ex Russia, un’altra città che ho tanta voglia di visitare. Leggere le opinioni sulle cause e gli effetti dei conflitti del ventesimo secolo è tanto interessante quanto complicato.

I dintorni di Iasi sono costellati da monasteri

Il più vicino a casa si trova nella riserva naturale Movila Lui Burcel ed è dedicato a San Costantino e Sant’Elena. Sorge sul luogo di una leggenda che ha per protagonista Stefano il Grande storico signore della zona, è stato recentemente restaurato dopo che un fulmine aveva causato un incendio e la sua totale distruzione. Ha una vista tutto intorno che spazia a perdita d’occhio, eccezionale. Nell’età del ferro, epoca a cui risalgono i primi insediamenti locali, questo sito dominava la vallata ma non era visibile dal basso. Strategia e saggezza antiche, comuni a tanti popoli del mondo.

E la campagna?

Ci passo quattro giorni rilassanti fatti di passeggiate, cibi genuini e incontri con i vicini, amici e parenti a cui la famiglia di Maria vuole bene, a cui cerca di fare del bene secondo le proprie possibilità, il mutuo aiuto come una volta, mentre in città abbiamo perso questo rapporto così come abbiamo perso il gusto per le cose buone a favore di alimenti e bevande industriali. Qui si beve un grappino PRIMA di ogni pasto, colazione compresa, fatto in casa o con le vinacce o con le prugne. Ha funzione rinforzante e disinfettante, si brinda con quella magica parola rumena che è Norok da non confondersi col nostro Cincin che dev’essere un insulto… Bunicu e Bunica sono i nonni di famiglia, i genitori di Maria che quando li andiamo a trovare in auto poi ci riportano a casa sul loro calesse trainato dal cavallo. A 82 anni stanno abbastanza bene “anche grazie alla grappa”. Quando chiedono cosa ci faccia io in Romania Maria racconta la mia storia iniziando sempre con questa frase: Bunica muriò, la (mia) nonna è morta e sono venuta qui a trovarli. Mamaia è invece il nome affettuoso con cui i nipoti chiamano Maria, una via di mezzo tra mamma e nonna (giovane). Tata è il papà, quando bunicu e bunica mi chiedono di Tata mi commuovo nel dire la verità. Tata muriò, (il mio) papà è morto e lo penso sempre qui, sperando che mi veda e mi protegga quando sono in giro.

Le colline intorno a noi sono coltivate a rotazione

Cereali legumi prato, ad agosto c’è molto mais, bellissimi girasoli, alberi da frutto (noci, mele, pere). Il grano è già stato raccolto. Più su si coltivano le viti che danno ottimi vini, a casa beviamo il vino della casa più che dignitoso. Come una volta. Appena questa fetta di Romania (seppure un po’ defilata) fatta di dolci colline e piccoli campi svilupperà una vocazione turistica, diventerà ancora più bella. Per me assomiglia alla Toscana autentica o all’Italia centrale di 30 – 40 anni fa. Quando i Romeni ci penseranno avranno un buon motivo per rimanere qui e noi con piacere andremo a trovarli.

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