Se questo è un blogger dovrei scrivere: FLAVIO ALAGIA è innanzi tutto un amico e un giornalista spesso (aggettivo) concreto pragmatico. Che scrive di viaggi ma anche di geopolitica e del mondo di oggi stretto tra pace e guerra. L’anno scorso, mentre lui era a Istanbul per seguire le elezioni, l’ho messo in contatto con una mia passeggera di Blablacar che vi risiede (anche se è di origine macedone). Flavio l’ha intervistata e così ci ha aiutato a capire cosa sta succedendo in Turchia, come i giovani turchi vivono questa orribile situazione e la loro voglia di democrazia. Con una gamba in Italia e una in Svizzera, Flavio ha preso il meglio di entrambe e ce lo racconta sul web.

Sta sempre in giro per lavoro e per piacere, è un uomo maturo nonostante la giovane età e quando parliamo pare che giochiamo a Monopoli: passiamo dai discorsi seri alle cazzate senza passare dal via. Flavio è editor di NONSOLOTURISTI, uno dei principali portali di viaggio italiani. Ha paura dell’aereo e per questo ha percorso l’Africa coi mezzi pubblici, dal Capo al Cairo. Cercate il suo racconto di viaggio sul web.

Ci siamo conosciuti a Siena nel dicembre 2012 e dopo tre anni siamo saliti ad Amburgo per esplorare la Germania del nord. Lui non ne parla ma abbiamo passato una brutta serata proprio lassù, a Brema per la precisione, in occasione della finale di coppa che si svolgeva nella vicina Berlino, oltre al danno la beffa. In un anonimo pub del centro abbiamo infatti assistito alla disfatta della Juventus a opera del Real Madrid, la birra e il vino non ci hanno aiutati a lenire il dolore. Leggete le sue sagge parole, che condivido al 100% alla faccia del SEO e di chi pende dalle labbra del web come fosse tutto oro colato.

1  Chi sei – dove ti trovi?

Flavio Alagia, scrivo cose. Sono nato a Zurigo e abito in provincia di Mantova. Al momento sono a Berlino, ma tra poche ore mi infilerò su un autobus per Parigi.

2  Do per scontato che ti piaccia viaggiare avendo un blog di viaggi. Cosa cerchi quando viaggi?

Incontri stimolanti con gente amichevole, buon cibo, anche qualche bel paesaggio non guasta mai. In generale alterno momenti di isolamento nella natura alla mia curiosità nei confronti di comunità e culture alle prese con lo sviluppo e le sfide tipiche del loro contesto storico e geografico. Per questa ragione amo tanto i minuscoli villaggi dell’entroterra indiano quanto le mostruose megalopoli del continente africano.

3  Qual è il tuo rapporto con il web? C’entra col tuo lavoro e la vita di tutti i giorni o è soprattutto una passione?

Io e il web ci disprezziamo cordialmente a vicenda. Quando ero un ragazzino e sognavo di diventare inviato di guerra per qualche importante pubblicazione il mondo su cui proiettavo le mie ambizioni era quello della carta stampata. La digitalizzazione dell’industria culturale ha aperto le porte a un’inarrestabile democratizzazione delle fonti del sapere, ma al tempo stesso ha svilito innegabilmente professionalità degli autori e preparazione del pubblico, la cui soglia dell’attenzione ha ormai raggiunto quella di un pesce rosso. Per quanto mi riguarda nel complesso ci abbiamo perso parecchio, e il giorno che una tempesta solare spazzerà via tutti i campi elettromagnetici riportandoci all’epoca di Gutenberg io festeggerò con una bottiglia di Bellavista sul tetto di casa mia. Da parte sua il web continua a preferire gattini, tette e atroci elenchi del tipo “Le 36 cose da fare e le 41 da non fare se un calabrone nano vi punge sul sedere in Africa orientale” ogni volta che mi azzardo a pubblicare un articolo mirato e ben documentato. Perciò direi che siamo pari.

4 Raccontaci una bella esperienza di viaggio e un brutto episodio accaduto durante un viaggio.

Ovviamente ce ne sono a bizzeffe, perciò mi concentrerò su un particolare viaggio che mi ha regalato emozioni sia positive che negative. Un paio di anni fa ho attraversato il Sudan del Sud lungo il Nilo Bianco. Non era esattamente una crociera, viaggiavo su piattaforme galleggianti trainate da battelli a motore usate generalmente per il trasporto di merci, ma abitualmente abbordate da profughi, esuli e migranti di mezza Africa. Con me c’erano un dozzina di somali che scappavano dalla guerra e dalla carestia diretti in Europa attraverso la Libia, che all’epoca era in piena guerra civile. Di notte prima di addormentarci mi raccontavano cosa avrebbero voluto fare una volta arrivati in Europa, quali mestieri, quali scuole, in quali paesi. Un giorno mi sono accordo che se pioveva usavano i loro vestiti per coprire la mia borsa, convinti che dentro c’era qualcosa che si sarebbe potuto rovinare. Se venivamo abbordati dai guerriglieri del movimento di liberazione del sud mi nascondevano per non farmi derubare. Una notte ci hanno sorpresi mentre dormivamo e ci hanno fatto scendere per controllare i nostri documenti. Quando mi ha visto, uno dei guerriglieri mi ha intimato di versare una “donazione” per la liberazione del Sudan del Sud, facendomi capire che se non avessi pagato io avrebbero pagato i miei amici somali. Poco prima del confine le nostre strade si sono divise, ma prima di lasciarmi al mio destino una ragazza del gruppo mi ha spinto in mano quello che era loro rimasto da mangiare: una scatola di tonno e due pagnotte. Non ho mai avvertito un misto di speranza, gioia e disperazione come in quei giorni.

5  C’è un prodotto locale (cibo o bevanda) che hai scoperto in viaggio e ti è particolarmente piaciuto?

Dell’India non dimenticherò mai i “masala dosa”, una specie di crêpes ripiene di patate, cipolle e spezie. In Sudafrica invece ho scoperto il “bunny chow”, un piatto tipico di Durban che nasce dal sincretismo della cultura indiana con l’arte dell’improvvisazione africana, e consiste in una forma di pane aperta in alto e svuotata della mollica, e poi ripiena di curry di carne o di verdure.

6  Dove andrai nei prossimi mesi? Quali sono i tuoi programmi di viaggio?

“Programmi di viaggio” non è esattamente un concetto che si sposa con le mie abitudini, ma probabilmente il lavoro mi porterà a dividermi tra Berlino e Lund, in Svezia. A maggio invece spero di seguire il mio amico fotografo Giuliano Radici dal Giappone all’India con i mezzi pubblici, un progetto nato in seno all’associazione 7 Mila Miglia Lontano che l’anno prossimo raccoglierà fondi per la costruzione di una scuola per bambini poveri in un’area rurale nel sud dell’India.

Per saperne di più:

http://www.7milamiglialontano.com/

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