20 agosto 2014 (bus)

Sveglia all’alba, ore 5,30, colazione salata (i noodles sono leggeri eh) e corriamo alla stazione dietro l’hotel dove alle 6,30 parte il bus pubblico per Battambang. Siamo stanchi e dormiamo della grossa.

bus cambogiano

In sei ore di viaggio ammiriamo il “solito paesaggio” rurale ma meno poetico di quello del Laos, e ci fermiamo un paio di volte per soste fisiologiche. Anzi no. Una è in autogrill.

autogrill cambogiano

Una a bordo strada in mezzo al nulla dove l’autista dice “fine corsa”, siamo arrivati. Strano, la stazione di Battambang dovrebbe essere quasi in centro, dove abbiamo l’hotel. Un signore di colore sorride e ci viene incontro, ha un cartello di benvenuto e ci porta a tre tuktuk dove stipiamo i bagagli e noi stessi, vicini vicini, per andare nel nostro bell’albergo.

tuktuk cambogiano

Lascio mezz’ora di libertà al gruppo e parlo al corrispondente locale ANM che mi propone diverse attività, anche fuori dal centro, come visite a grotte e cascate. Ma le terremo per la prossima visita, ora non abbiamo tempo, c’è molto da fare in questa città di un milione di abitanti con belle case coloniali, un mercato interessante e tanta vita che scorre sul lungofiume. Questa tappa è stata concepita soprattutto per l’ospedale di Emergency che ho chiesto di visitare prima della partenza, d’accordo con la direzione e con il gruppo.

Ci andiamo nel primo pomeriggio ed è una delle esperienze più toccanti, che ci fanno sperare in un futuro migliore.

Il mercato ci toglie tutta la poesia a cui il Laos ci aveva abituati, è brutto fare confronti ma qui le nostre prime sensazioni sono: puzza, sporco, mosche ovunque fuori.

Bolgia e buio dentro, con file di sarte cinesi che tagliano e cuciono tutto il giorno.

case coloniali

Meglio uscire e cercare le case coloniali lungo il fiume, costruite all’inizio del Novecento.

Troviamo qualcosa ma non ci dice molto, torniamo verso l’hotel e poi a bordo di due tuktuk usciamo di nuovo dal centro, attraversando aree degradate fino alla partenza del treno di bambù.

bamboo train

La pioggia ci accompagna con scrosci intermittenti.

Il bamboo train dovrebbe essere un’esperienza “autentica” a metà tra attrazione turistica in stile americano e ricordo dell’epoca coloniale. Si tratta di un trenino utilizzato dalla gente comune per trasporto merci, tra un villaggio e l’altro, quando le strade scarseggiavano.

In un contesto rurale (bananeti, risaie) e selvaggio (paludi, foreste e montagne in lontananza) stiamo seduti in quattro per ciascun mezzo, attaccati alle canne di bambù legate per formare questi piccoli vagoni che corrono su una (unica) stretta rotaia.

bamboo train

Ogni volta che incrociamo un mezzo in senso contrario ci fermiamo, ne passa uno per volta ovviamente quindi uno dei due dev’essere smontato e spostato dalla sede delle rotaie.

Noi all’andata siamo in salita e abbiamo la precedenza in questo stop-and-go continuo.

Sentiamo freddo, un po’ per la velocità e un po’ per l’umidità. Ma i guidatori se la passano peggio.

bamboo train

Poveri, tutto il giorno devono sollevare e abbassare i vagoncini.

Il bamboo train arriva in un villaggio dove scendiamo per mezz’ora, questo sì è un luogo di turismo fugace. Infatti siamo assaliti da venditori insistenti che cercano di propinarci souvenir, ma anche cibo e bevande.

Non so se rifarei tale esperienza, in fin dei conti in un’ora e mezza ve la cavate: un’ora per salire (incluse le soste) e mezz’ora scarsa per scendere. Vedete voi.

bamboo train

Ceniamo in un ristorantino sul fiume che necessita di un’altra mezz’ora a piedi, che stanchezza!

Ma passa tutto appena ci sediamo e assaggiamo le ottime pietanze che ci portano: la cucina è thai – khmer con carne, pesce, birra alla spina, verdure e thai noodles. Chiacchieriamo un sacco di cose filosofiche e cronaca. Con le due avvocatesse nel gruppo ricordiamo alcuni casi giudiziari che hanno fatto scalpore in Italia. Ma prima delle 23 siamo di ritorno che anche domani abbiamo la sveglia all’alba. Angkor ci attende!

LUOGHI VISITATI

BATTAMBANG – un piccolo allungamento per spezzare il percorso fino a Siem Raep, una sonnecchiante città sul fiume dove vive oltre un milione di persone. Vi sarebbero tante bellezze naturali e templi da vedere nei dintorni, ma chi come noi ha poco tempo si accontenti di vedere il bel mercato e le case coloniali (che però non mi hanno lasciato alcun segno) che animano il centro. In tuktuk si raggiunge il punto d’inizio del treno di bambù, esperienza che ho proposto per toccare con mano un vecchio sistema di trasporto merci tra i villaggi, basato su piccolissimi vagoni azionati manualmente che si spostano su una sola rotaia, e costringono quindi a montarli e smontarli ogni volta che ci si incrocia. Oggi sono molto utilizzati per i turisti ma francamente non so se lo rifarei, l’escursione dura 1,5h e forse è meglio utilizzare il tempo diversamente. Molto meglio il tempo che abbiamo dedicato all’ex ospedale di Emergency, ora gestito da una ONG giapponese, la Handa Foundation. Toccante testimonianza di cosa può fare la passione per le cure mediche d’eccellenza, anche in tempo di pace.

battambang

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