22 agosto 2014 (piedi)

Alle sette e mezza siamo già fuori dall’hotel, pronti per iniziare la visita guidata di Angkor.

Siamo stati fortunati ad avere Chen come guida: simpatico, bravo, equilibrato a dare informazioni. Io traduco e ogni tanto mi defilo per le foto.

Le guide brave sono contese, molti rincorrono quelle che parlano italiano e a me non va giù questa cosa. L’inglese si deve sapere e mi offro sempre volentieri a tradurre le spiegazioni in italiano. I miei gruppi lo apprezzano, a me aiuta persino a memorizzare le info che poi vanno al loro posto nella mia memoria, cerebrale e cartacea. OK sono un po’ autistica, registro tutto nel cervello poi scrivo e ricopio fra diario e PC, sarà tanto lavoro ma funziona e mi serve. Prossimi compagni di viaggio, siete avvisati.

angkor wat

E vi avviso di un’altra cosa: tenete Angkor per ultimo nel vostro viaggio in Cambogia, avrete tante emozioni da vivere e ve le porterete a casa tutte, in un crescendo di ricordi.

Che dire del sito? Indescrivibile, qui troverete alcune impressioni scritte a caldo ma è davvero difficile tradurle in parole. E scrivere un elenco dei luoghi visitati ha poco senso, se volete lo metto alla fine.

A Ta Prohm al mattino ci siamo quasi solo noi, si vede tutto e si fanno foto tranquillamente.

Il famoso sito ricoperto dalla foresta è stato il set di Lara Croft e del suo film Tombraider.

ta promh

Ma a noi Angelina Jolie fa un baffo! E Angkor è pieno di palazzi seminascosti fra alberi e radici aeree.

Sbizzarriti a far foto giriamo nel sito in cerca di immagini con noi, da soli e in gruppo.

La commistione di pietra e terra, manufatti e opere naturali, è incredibile.

insieme le opere della natura e dell'uomo

Templi e palazzi, edifici civili e religiosi.

Religioni che convivono: buddhismo e induismo.

Terra e acqua, fossati, ponticelli, laghetti.

sculture nel tempio

Statue, centinaia di statue.

Facilmente distinguiamo le varie epoche storiche…

E i materiali costruttivi: mattoni, pietre, laterizi, arenaria.

area archeologica recintata

Decorazioni in stucco e bassorilievi.

Le fondamenta sono l’unico resto di molti edifici, la cui costruzione in legno è andata perduta.

Restauri massicci, finanziati da UNESCO, procedono lentamente e in perenne lotta con la natura che fa il suo corso e tende a riprendersi quanto gli uomini puliscono, avvolgendo tutto in un abbraccio verde.

foto di archivio scavi angkor

Ah UNESCO. Quante ne fa l’agenzia ONU per rendere fruibili questi siti a noi visitatori?

Immagini eloquenti mostrano com’era e com’è oggi Angkor, roba vecchia ma non molto, è incredibile il confronto fra “prima e dopo” i restauri. Se avete la fortuna di vedere le maestranze al lavoro vi renderete conto che danno (verbo) e tolgono. Le operazioni di pulizia infatti si fanno ad uso dei turisti e a danno (sostantivo) dei locali a cui viene tolto lo spazio vitale. Infatti gli abitanti che prima del riconoscimento UNESCO vivevano tranquillamente fra antiche rovine e bellezze naturali, poi vengono caldamente invitati a spostarsi.

Sono cacciati insomma, l’ho visto con i miei occhi in India e in Giordania. Quando ho visto i lavori prima e dopo, mi sono venuti i brividi.

Non tutto è oro ciò che luccica. Potrei parlare a lungo anche dei siti di ogni religione, dentro curati fin troppo, fuori abbelliti da fiori e spazi verdi perfetti, irrigati anche nelle estati più torride. Mentre la vita reale delle popolazioni locali è fatta di stenti e si vive in condizioni pessime, faticando a mettere insieme pranzo e cena.

poliziotto al lavoro nel sito angkor

Le guerre passate hanno portato alla distruzione di molti edifici, prima con i Chen, poi con i Thai e non solo.

Tutti i popoli passati di qua hanno tolto e lasciato qualcosa. Distruggere per ricostruire.

Vita e morte. Guerra e pace.

In un ciclo eterno che funziona ancor oggi.

Sono felice, l’emozione sale nel raggiungere questa grossa bandierina (!!!) del mio personale mappamondo.

Dovevo venire qui nel 2003 con Franci, amica dei primi viaggi ANM, poi ho preso decisioni diverse e lei mi ha preceduto.

templi ad angkor

Vediamo diversi templi con una a tre, cinque e sette torri.

Altri hanno enormi animali solitari, scolpiti,che fanno loro la guardia.

Gli elefanti sono i più grandi e verosimili, nel contesto dove ci troviamo. Li ho cercati in tutto il viaggio ma invece di vederli nel loro ambiente naturale, per esempio il Laos un tempo chiamato “il paese con milioni di elefanti” ce ne sono solo qui ad AW, legati e bardati ad uso dei turisti, come si può? Io stessa sto nella folta schiera di chi ha fatto elephant safari, lo confesso, prima di sapere cosa subiscono i poveri pachidermi. E ora basta, documentiamoci e diciamolo: si può tranquillamente fare a meno di queste gite che corrispondono solo a sfruttamento e sofferenze, lontani dal benessere e dalla vita propria di elefanti e degli altri animali selvatici.

statua elefante

Quattro animali simbolizzano gli elementi naturali: aria acqua vento fuoco. Aquila. Leone. Serpente. Toro.

Ad alcuni templi si accede attraverso sentierini dove dei giovani suonano per noi musica tradizionale.

Sono vittime delle mine antiuomo che alcune ONG cercano di ricondurre a una vita dignitosa.

quadretti raffiguranti il sito angkor

Inizio a fare foto col cellulare poi per fortuna finisce la batteria. Continuo con una vecchia Nikon.

La reflex è perfetta per l’occasione, con lei faccio quasi tutte queste immagini di AW, le riconoscete?

Io non faccio video non essendo attrezzata, invece Daniele oltre che essere il cassiere perfetto ama usare la telecamera e con la sua pacatezza prepara ore e ore di girato. Qui giunti decide di farci delle riprese diverse.

in fila indiana nel sito angkor

Ci mettiamo in fila indiana e mentre procediamo su questi percorsi, a volte scoscesi, lui ci riprende camminando all’indietro, sorretto per la cintola dalla bravissima Laura che controlla dove mette i piedi.

Fingendoci consumati reporter, descriviamo il sito ognuno con parole sue, molto divertente!

Andiamo in giro fino alle 13, cinque ore su e giù per scalinate anche ripide, su alti gradini che in salita sono faticosi, in discesa pericolosi. Le vedute dall’alto sono spettacolari, il signor meteo ci assiste con un bel tempo meritato, ma non duraturo. Cielo azzurro e nuvolette bianche.

Sudo nonostante il caldo secco, all’ombra c’è una bella arietta.

sito angkor

Ci fermiamo mezz’ora a riposare al fresco e all’ombra in un ristorantino, con banchetti di souvenir vicini che permettono di accontentare tutti. Chi vuol mangiare e chi vuole fare shopping. Io non pranzo, scrocco solo un goccio di birra.

Finora questo digiuno è servito per perdere peso in viaggio, assieme ovviamente al movimento e alla vita sana.

L’apoteosi del sito, e forse del viaggio, arriva nel pomeriggio.

angkor wat

Angkor Wat, il sito propriamente detto, è inconfondibile. Bello e fotogenico, spirituale quanto basta.

Le dimensioni ragguardevoli richiedono una visita accurata. Copriamo le spalle ed entriamo.

All’esterno rimane abbastanza arioso.

esterno angkor wat

All’interno richiede molta pazienza, è affollato da orde di turisti in gruppi molto più numerosi dei nostri.

E non sempre rispettosi, questo mi mette a dura prova e costringe a sgattaiolare fra le persone.

Ora per ascoltare la guida, ora per fotografare. Che pazienza!

interno angkor wat

I cinesi (non me ne abbiano a male, sono tremendi) ci si piazzano davanti e ci vuole molto per avere spazio.

Sopra e sotto lo percorriamo in fila, dandoci un appuntamento per chi vuole uscire prima del tempo stabilito.

Una vasca laterale dà accesso a tre torri, la vasca centrale alle cinque torri appunto centrali.

interno tempio angkor wat

La biblioteca con le sue ninfe danzanti è un merletto lunghissimo, un intarsio che sa di musica.

E pure di sofferenza con le sue scene di guerra.

Ma racconta pure i legami secolari con l’India: le storie dal Mahabarata, il Ramayana, l’albero della vita.

bassorilievo angkor wat

E la Genesi, la creazione del mondo che ricorda la “nostra” Bibbia.

Siamo in un edificio che ha quasi mille anni, non li dimostra e i restauri sicuramente gli hanno fatto bene.

Se fosse per me starei qui all’infinito, a guardare le pietre le nuvole e il cielo.

interno angkor wat

Il gruppo sprizza felicità e dal tono delle conversazioni, tra il serio e il faceto, si sente che stiamo bene.

Le statue di Buddha ci guardano, una chiacchiera rilassata ci sta a metà pomeriggio.

Prendiamo il pulmino per vedere il tramonto dall’altra parte del sito. Dall’alto, su cosa?

scene di danza nel tempio angkor wat

Ci siamo allontanati dai templi dove ci trovavamo prima, sotto di noi la terra e le piante regalano bei colori.

Ma poco più. E circondati da turisti caciaroni.

E piove, apriamo gli ombrelli e diamo una nota di colore a queste immagini. Scappiamo.

Torniamo sotto, in vista di Angkor wat quando il sole scende un poco.

Anche dal Bayon dov’eravamo ieri sarebbe stato bello.

Uscire dal sito di Angkor è molto faticoso nonostante siamo molto stanchi. Domattina ci spingeremo più lontano.

angkor wat visto da lontano

Ci rimane la voglia di fare shopping che qui si potrebbe sfogare alla grande, ma preferiamo riposare in hotel.

Non usufruiamo della piscina e nemmeno dei massaggi. I bisogni primari incombono, mangiare e dormire.

Prima di cena nella hall bevo una birretta, approfitto per scrivere il diario e collegarmi col wifi.

Mi raggiunge la metà gruppo più godereccia e poi gli altri. Molte birre resteranno al mio lato del tavolo.

Andiamo a dormire presto, stanchi e consapevoli che il viaggio non è finito ma domani inizia un lungo rientro.

Mixed feelings.

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