Leggere è un poco come viaggiare, anche quando siamo tornati a casa e i ricordi di viaggio si affollano nella nostra mente. Anzi io cerco più spesso le storie di un paese dopo esserci stata, perché mi è più chiaro dove si svolgono i fatti narrati, invece di fantasticare di mete sconosciute.
L’Albania mi ha messo questa curiosità e alla fine di agosto del 2022, dopo due settimane di viaggio, avevo una rosa di scrittori albanesi da cui attingere per le mie letture. Dapprima ho scelto come autore Ismail Kadarè forse il più importante scrittore albanese contemporaneo, tra i suoi tanti libri ne ho letti due che parlano di guerre.
Una guerra lontana, quella del XV secolo quando gli Ottomani hanno cercato di espugnare il castello di Kruja senza successo, grazie alla forza e all’organizzazione ferrea della resistenza organizzata dagli albanesi, capeggiati dal mitico eroe Skanderbeg. Una guerra vicina nel tempo, il secondo conflitto mondiale in cui i soldati italiani, durante il regime fascista di Mussolini, sono stati mandati a combattere in una terra vicina, aspra e sconosciuta.

Nel frattempo era uscito “Il lago”, libro dal titolo evocativo, scritto da una poetessa bulgara di nome Kapka Kassabova. Non ne sapevo nulla ma mi è stato consigliato perché è ambientato sul lago di Ocrida al confine tra Albania, Macedonia del nord e Montenegro. Mi ha coinvolta quanto gli altri due, forse di più nonostante la mole di quasi 500 pagine.
Ho scoperto che il lago fa parte di una quadrilogia – addirittura – ed è il secondo libro uscito fra i quattro. Il terzo Elixir (titolo originale inglese) uscirà tra pochi mesi. Ha per sottotitolo “Plant. People. Places” e una copertina verde bellissima. Un invito alla lettura per me.
Il primo libro invece si chiama Confini, dalle recensioni lette sul web è bellissimo ma non lo leggo ora. Per alimentare la mia curiosità aspetto di tornare nei miei amati Balcani (un poco più in là) per leggerlo al ritorno, come ho fatto nel 2022 in Albania.
Ora vi racconto i libri letti uno per uno e vi invito a leggerli, se come me siete appassionati di Balcani in generale e di Albania più in particolare. Ciascun titolo sarà accompagnato da due immagini: la copertina (delle edizioni presenti in biblioteca, alcune vecchie ma rappresentative) e una foto di viaggio.
Continuerò ad approfondire i temi e le vicende storiche albanesi attraverso la letteratura. Se allarghiamo lo sguardo credo che questi libri possano raccontare molto sulla storia attuale, le guerre esposte ai media e quelle nascoste, vicine o lontane che siano. Aggiornerò l’articolo man mano con nuovi libri. Se avete dei titoli da suggerire ve ne sono grata. Faleminderit!
I tamburi della pioggia di Ismail Kadaré
Leggere e scrivere di Albania e dintorni mi fa bene. Questo libro mi ha catapultato alla metà del Quattrocento e mi ha rapita, nonostante parli di una guerra aspra e sanguinosa e l’autore non risparmi al lettore immagini crude e violente. I tamburi della pioggia racconta l’assedio di Kruja da parte dell’esercito ottomano, nelle sue fasi iniziali. Gli albanesi tengono testa ai turchi, arrivati a migliaia con munizioni ben più potenti. Son guidati dal loro condottiero Skanderbeg la cui presenza si sente in ogni pagina, pur non vedendolo mai palesemente in azione. Asserragliati all’interno della cittadella resistono a numerosi attacchi e a metà settembre, appena inizia la stagione delle piogge, costringono i turchi a battere in ritirata dopo quasi tre mesi di battaglie. La lotta tra i due popoli durerà 30 anni. I tamburi della pioggia esce 50 anni fa, scritto in francese da Ismail Kadaré è fra i suoi primi libri di successo ed è anche metafora della resistenza del popolo albanese all’isolamento a cui è stato sottoposto nel Novecento. E le donne? Si parla delle donne nel libro, quelle presenti in un harem o quelle sfruttate fino alla morte da prigioniere. Nel finale proprio loro danno un segnale di speranza: dopo la guerra, dopo tanta distruzione, sofferenza e morte, ricomincerà la vita.

La mia immagine del luogo
il profilo del castello di Kruja con la bandiera che svetta verso il cielo blu. Rossa e nera, l’aquila bifronte che rappresenta la resistenza alle avversità e l’orgoglio albanese.

Il generale dell’armata morta di Ismail Kadaré
Anni 60, Italia: un generale che ha condotto le truppe italiane a combattere la guerra in Albania, dopo 20 anni è mandato a cercare i soldati morti e riportare a casa le loro spoglie. Scavare, riconoscerli, catalogare i resti e metterli in sacchi. In posti impervi, irraggiungibili, mentre gli albanesi che incontra si dimostrano diffidenti e ostili. Non è solo nell’impresa ma si deve confrontare con chi ha vissuto la guerra sulla propria pelle, chi è rimasto con le sue sofferenze. Albanesi e Italiani. La guerra fa schifo da qualunque parte la si guardi, questa è in sintesi la morale del libro di Kadaré, uno dei più famosi. Ma sono tante le lezioni che ci lascia. Assieme all’amarezza per le nefandezze compiute dai soldati. Italiani e albanesi. Il generale dell’armata morta è anche il titolo di un film del 1983, girato in Abruzzo, con un cast importante che comprende Marcello Mastroianni, Michel Piccoli, Anouk Aimée, Sergio Castellitto. Non è mai uscito in Italia nonostante al festival di Cannes sia stato ben accolto dalla critica.

La mia immagine del luogo
il castello di Girokastro con i cimeli di guerra conservati dentro e fuori, tra cui un piccolo carro armato dell’esercito italiano utilizzato nel 1942, all’epoca in cui il nonno materno venne qui da soldato (Ma questa è un’altra storia).

Il lago. Ritorno nei Balcani in pace e in guerra. di Kapka Kassabova
Albania. Grecia. Macedonia del nord si incontrano sul lago di Ocrida e sul vicino lago di Prespa, luoghi bellissimi che mettono gioia e serenità dove noi ora andiamo in vacanza. Ma anche celano storie terribili, guerre, fatti di sangue, lutti, strappi temporanei o definitivi, avvenuti nel corso della storia sulle loro sponde dove i popoli di passaggio si sono incrociati per duemila anni e più. Via Egnatia è la più antica delle strade, costruita dai Romani per collegare Durazzo a Istanbul, passa qui accanto e da allora, su questi laghi e le montagne circostanti ne sono successe di tutti i colori. Kapka ha subito in prima persona alcune vicende, originaria della vicina Bulgaria con la sua famiglia è emigrata in nuova Zelanda e ora vive in Scozia. Nei suoi viaggi di ritorno qui nei Balcani narra la sua terra di origine alternando la bellezza dei luoghi con la bruttezza dei fatti accaduti, i toni poetici con il reportage di guerra. Mi sono fatta tante domande nel corso della lettura, come se lei fosse di fronte a me e ci potessi parlare. Quante cose le vorrei chiedere! Quando è stata qui? Non lo dice mai, si capisce alla fine del libro, quasi 500 pagine che scorrono via come le acque dei fiumi, sopra e sotto terra, che alimentano i laghi.

La mia immagine del luogo
il profilo del lago di Ocrida come nella copertina del libro, con la profondità e la capacità di accogliere, raccogliere, nascondere nelle sue acque profonde.
