Se capitate a Venezia in questo freddo autunno fatevi inebriare dalla sua bellezza senza tempo, godetevi una delle città più belle del mondo non più affollata (vi auguro), camminate senza meta col naso all’insù. Poi dirigetevi verso la Basilica della Salute e fermatevi in uno dei miei musei preferiti, dove l’anima accogliente e cosmopolita di Venezia si sente, si vede, si tocca.

La collezione Peggy Guggenheim si trova in un edificio che ha fatto della sua incompiutezza un valore: Palazzo Venier dei Leoni, opera settecentesca progettata dall’architetto Lorenzo Boschetti, oggi è un luogo con una fortissima personalità, bello da qualsiasi angolazione. Fuori, dove in un giardino curatissimo riposano le spoglie di Peggy e dei suoi gatti tra importantissime sculture, con un accesso con vista stupenda sul Canal Grande. Dentro, dove due plessi su due piani ospitano il meglio dell’arte contemporanea, con opere pittoriche e scultoree dei maggiori artisti del Novecento. C’è anche una terrazza, sempre sul Canal Grande, che però si apre ai visitatori solo in occasioni speciali. Ogni tanto vengo qui a inebriarmi di bellezza circondata dalle splendide persone che la visitano e ci lavorano, a respirare la sua aria speciale, un po’ americana. Il legame con la Solomon R. Guggenheim Foundation è fortissimo, viscerale, tra la casa di Venezia dove Peggy visse trent’anni e New York dove questa bellissima sfida è iniziata.

Lo scorso 3 ottobre, poco dopo la chiusura dell’esposizione su Jackson e Charles Pollock, ha aperto la mostra dedicata a VS Gaitonde, un artista indiano che non conoscevo e che mi ha completamente stregato, con un titolo particolarmente significativo: Pittura come processo, pittura come vita.

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Vasudeo Santu Gaitonde, nato in India nel 1924, ha attraversato la seconda metà del Novecento dall’Asia all’America, passando per l’Europa dove prese spunto dalle avanguardie, dall’espressionismo all’astrattismo. La sua pittura risulta così molto europea in quanto strizza l’occhio a Kandinski, Klee, Picasso. Ma è anche intensa, molto indiana e piena di luce in alcune scene dove acqua e sole, cielo e terra si incontrano. Non si vedono tanto le grandi città indiane come Delhi e Mumbai, che egli conobbe nel loro sviluppo e nelle avanguardie artistiche nate all’indomani dell’indipendenza dal dominio inglese nel 1947, quanto l’India più originaria e genuina. Egli preferisce rappresentare l’integrità dei luoghi e di sé nelle forme e linee simboliche, nei colori come ocra, rosso, verde che richiamano la prorompente natura indiana con il sacro Gange e gli altri grandi fiumi, gli animali selvatici, le persone che vivono e lottano insieme tra speranze e illusioni. Osservando le sue opere siamo così trasportati in India, sua terra d’origine, e nella spiritualità del Buddhismo zen.

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Gaitonde dipinge su carta, ma soprattutto su tela con grandi pennellate. Dalla silenziosa unione tra pennello, spatola e tela (come egli stesso chiede ai materiali utilizzati) nascono queste opere profondamente spirituali.

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Le 41 tele, già esposte al Guggenheim Museum di New York prima di approdare a Venezia, provengono da musei e collezioni private di America, Asia ed Europa. La mostra resterà aperta fino al 10 gennaio 2016, acquistando il biglietto di ingresso si accede anche alle collezioni permanenti della collezione Peggy Guggenheim. Ogni giorno alle ore 15,30 si tengono visite guidate gratuite alla mostra. Sono anche previsti incontri periodici con percorsi tattili per non vedenti e ipovedenti, e Kids day domenicali (percorsi didattici per bambini).

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