Col caldo che fa, essendo all’ultimo piano di una vecchia casa, da alcuni giorni dormo con le finestre aperte. Entrare dalla finestra è difficile, anche se oggi i topi d’appartamento sono dei veri acrobati quindi non posso escludere del tutto questa possibilità. Quando vado a letto getto sempre uno sguardo a ovest, al caldo occidente in cui il sole si tuffa tutte le sere, e saluto la madonnina illuminata quasi ad accennare una piccola preghiera: per il mio lavoro, la mia famiglia e il mio sempre disastrato conto in banca. Faccio fatica a pregare ma è un’azione che accetto come un utile sacrificio che a piccole dosi si può fare. Ieri sera non c’era però il consueto silenzio, quella calma ovattata che è una vera fortuna nel centro di Milano e che gli amici mi invidiano. Da qualche parte sentivo miagolare e, addormentandomi, ho pensato fosse il grido d’amore di una coppia di gatti nel cortile o nei dintorni. Al mattino c’è ancora il miagolio che mi sveglia, più intenso e più vicino: non è amore, questi gatti da qualche parte stanno chiamando qualcuno, ma chi e perché? Vado in bagno e a fatica distinguo sul muretto del terrazzo il profilo scuro di un gatto che mi osserva. Ecco da dove venivano le grida di ieri ma… i gatti sono due! E mi chiamano con forza quando vedono che mi sono accorta di loro. Ecco chi sono, i due gatti del vicino o meglio della figlia del vicino.

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Il signor Rossi è appena partito per tornare al suo lavoro oltreoceano, e la figlia non ha visto di meglio che lasciare qui i suoi due gatti, un maschio soriano scuro e una femmina più piccola, soriana chiara e bellissima. Lui in realtà parla poco e lascia alla gattina l’onere di chiedere ospitalità. La mia incredulità lascia presto il posto alla curiosità e alla paura: mi sporgo dal bagno e li vedo andare su e giù per uno stretto ballatoio che porta al terrazzino dell’altro appartamento, con quasi 20 metri di vuoto sottostante. Loro vanno appunto su e giù tra quel vuoto, strusciandosi allegramente come se fossero in piazza. Il maschio non fa che scrutarmi e preferisce farlo quando non lo guardo, lei invece mi chiama ripetutamente e più volte cerca di scendere da me. La lascio fare e dopo qualche tentennamento entra in bagno; da lì alla mia stanza il passo è breve, il mio monolocale misura 18 metri quadrati, tre per sei, e basta uno sguardo per perlustrarlo. La piccola gira e mi cerca, si struscia sulle mie gambe e, curiosando dappertutto, in un attimo ha esplorato il mio nido. Piange, chiama, non capisco se sta male ma con una bella ciotola di latte la sistemo per un po’. Tutto questo si svolge nei pochi minuti di un giorno in cui però ho ben poco tempo, devo scappare ad Asti per lavoro, come fare? Le parlo, cerco di spiegarle che come faccio a tenerla qui? Allora esco sul pianerottolo e provo invano a bussare alla porta accanto, non c’è nessuno. Vi attacco un pezzo di carta: “la gattina è entrata da me dalla finestra, ve la riporto nel pomeriggio”. Mi preparo velocemente ed esco, con il pensiero fisso alla piccola soriana che dal tetto mi è entrata in casa.
La giornata di lavoro è abbastanza pesante ma per fortuna torno presto, vorrei passare al supermercato a prendere della carne per la gatta. Salgo nervosamente le scale e noto che la porta del vicino non ha più il mio cartello appeso e, in casa mia, la piccola non c’è, se n’è andata. Mentre preparo la cena la scena del mattino si ripete, con il miagolio di chi mi cerca e ricomincia la danza, della piccola e del moro che vanno su e giù dal ballatoio. Stavolta nessuno scende a trovarmi; stasera do la buonanotte a due gatti invece che alla madonnina, sperando che non si offenda. Il mattino dopo mi basta chiamare “piccola” e la gattina spunta al solito posto dalla finestra, piange e si affanna come se cercasse di mostrarmi qualcosa. Le porgo una nuova ciotola di latte, la prendo in braccio e via, sembra contenta e ricomincia a girare nel mio piccolo nido. Mi fa in realtà molte coccole anche se non è serena e, dopo pochi minuti, con mio sommo disappunto salta su e se ne va come se fosse venuta a trovarmi solo per mangiare. Mi sento un po’ una donna oggetto ma so che i gatti, e in qualche misura anch’io, sono così. Faccio colazione poi vado in bagno. Ben presto mi sento osservata, sollevo lo sguardo ed ecco la piccola che mi guarda dall’alto, ma stavolta porta con sé un carico prezioso: ha in bocca un batuffolo di pelo scuro, un gattino così piccolo che all’inizio lo scambio per un topo o un’altra preda. La sciagurata mi ha portato il suo cucciolo attraverso il famigerato ballatoio e ora vorrebbe depositarlo da me. Eh no le dico, non ci provare proprio! Delicatamente le chiudo la finestra in faccia. Non credo che apprezzi il gesto perché quatta quatta si riporta sul suo terrazzino, mentre il maschio osserva impassibile la scena ed è incredibilmente lontano dagli affanni miei e della piccola.
Non c’è traccia dei vicini, né al mattino né al pomeriggio, la sera io e la piccola stiamo ancora discutendo se parlarci da un capo all’altro del quarto piano o ritentare un avvicinamento. Ho l’impressione che in questa calda estate iniziata troppo presto non sarò sola, io e la Milano che già si è svuotata per il fine settimana, ma che a farmi compagnia ci sarà una piccola gatta, la gatta sul tetto che scotta. Infatti lei va e viene e mi racconta un sacco di cose, miagolando con tutte le sfumature e intonazioni, mentre il moro, il suo uomo gatto bellissimo ma silenzioso, approfitta con parsimonia di quanto offro loro: latte, un uovo sbattuto, prosciutto e formaggio. Hanno una gran fame, soprattutto lei che sta ancora allattando e deve nutrire anche i suoi piccoli. Ci scambiamo carezze affettuose e l’ultimo saluto serale prima di andare a dormire è tutto per loro, che verso mezzanotte si riportano con un balzo nella loro metà del piano.
Sabato mattina il risveglio è brusco e viene proprio dal solito mormorio sul davanzale: la piccola e il moro mi stanno chiamando e quando vedo che sono solo le sette non vorrei alzarmi. Li chiamo, lei salta subito in casa e mi raggiunge nel letto, appare però nervosa e preoccupata, salta su e giù nella ricerca evidente di un posto dove portare i suoi bambini. Tante volte nella mia infanzia ho visto una gatta inquieta in cerca di un sicuro nascondiglio per dei cuccioli. Non ho più cibo e devo fare i bagagli per uscire a metà mattina. In pochi minuti la piccola sale e scende due, tre volte da me a casa sua, mentre io cerco di mettere ordine prima di partire. In un momento di distrazione sento un tonfo, leggero ma sordo, alla finestra. La piccola ce l’ha fatta, ha depositato nel mio bagno un delizioso cucciolo nero che si muove a malapena e ora mi guarda soddisfatta, per nulla preoccupata della mia reazione. In effetti sono un po’ perplessa nel guardare lei e quel batuffolo di pelo, con due grosse orecchie e gli occhietti neri che mi guardano, che è già in giro per la stanza e in breve (sono pur sempre tre metri per sei) la vede tutta. Poi si infila tra le bottiglie di vino orizzontali e perlustra i raccoglitori di diapositive. È lungo meno di una spanna ma riesce a salire sul letto, che diventa il suo luogo preferito. La cuccia che ho accostato a una parete non piace a lui né alla piccola, che salta sul letto e contenta si divide tra la cura del figlio e i saluti per me. Il moro osserva da fuori con indifferenza, io non so proprio che fare, so solo che entro due ore devo andare in Piemonte e non posso proprio lasciare qui questa bella famigliola di gatti, anche se a loro piacerebbe tanto. Esco a fare un po’ di spesa, latte e mangime per loro e carne per me. Mi fermo al secondo piano dove ottengo dalla vicina solo l’inutile numero di telefono del padrone di casa assente, mentre al piano terra il calzolaio mi dice dove stanno i parenti dei vicini. Suono il campanello al civico indicato e spiego la situazione alla nonna della ragazza che, gentilmente, mi promette che la cercherà.
Eccomi di ritorno: i piccoli sono diventati due, al moretto si è aggiunto un soriano ancora più bello e la mamma che zompetta felicemente da una parte all’altra della stanza, lasciando impronte scure sul pavimento e sulle pareti che ho appena imbiancato. Devo assolutamente sistemarli prima di partire. Mangiano tutto quello che preparo mentre chiamo la nonna: la nipote, legittima proprietaria dei gatti, è al mare e torna domenica, ma sta venendo da me un’altra nipote con cesta di trasporto che porterà i tre felini dalla nonna. Sto già meglio, la ragazza arriva e mi racconta la loro storia, i nomi dei genitori presi dal signore degli anelli, mentre pure lei gioca con i due bellissimi cuccioli. Questi in realtà potrebbero essere tre o cinque quindi all’appello ce ne manca almeno uno, che deve essere di là al sicuro con il padre, il moro, che è sparito e sicuramente lo sta accudendo. Per ora siamo a posto, poi con il ritorno della padrona tutti si dovrebbero sistemare. Saluto e ringrazio la ragazza che mi ha salvato da ulteriori complicazioni del mio fine settimana e, finalmente pronta, parto. Mi aspettano due giorni di libagioni nelle Langhe, innaffiate da ottimo vino e in compagnia di carissimi amici, tutto scorre alla perfezione ma di tanto in tanto penso ai “miei” gattini che ho lasciato a Milano, e di fatto al mio ritorno avrei voglia di vederli. Peccato, perché dovrebbero essere andati via con la loro padrona, e poi io rientro tardissimo quindi è ben difficile che li riveda.
Quando entro stancamente a casa, con mia grande sorpresa la piccola è pronta a salutarmi sull’uscio, evidentemente è stata da me per molto e, non soddisfatta della sua intrusione, ha rovistato nelle poche immondizie portando in giro fondi di caffè e lattine vuote. Insomma la stanza fa schifo e lei ancora attira la mia attenzione con ogni genere di smorfie e versi. Mentre penso se vorrei più maledirla o coccolarla, riprende ad entrare e uscire dalla finestra come faceva il giorno prima, e in breve mi riporta il moretto con le consuete modalità: un tonfo sordo in bagno e vedo il trottolino nero girare per la casa. Sono le due di notte, il mio letto sarebbe pronto per accogliermi ma viene occupato dalla piccola e dal moretto. Mi siedo accanto a loro: vorrei anzi vorremmo giocare ma sono stanchissima e devo rapidamente pensare come organizzarmi per la notte, se cercare di dormire là con loro, a terra nel materassino o…
Sento che qualcuno sale le scale, rumore di chiavi, mi alzo e chiamo: Francesca! Apro la porta di scatto, la ragazza si gira e mi guarda perplessa mentre esco in camicia da notte per richiamare la sua attenzione: i gatti sono ancora da me, le dico, lei ne sembra quasi stizzita ma entrando realizza che è tutto vero. E gli altri? Chiede, non so, non ho visto né il moro né i cuccioli. Le consiglio di metterli in una stanza da dove non vi sia accesso al terrazzo, almeno per la notte, lei brontola che non si può nemmeno andare due ore al cinema, li prende in braccio e ringraziandomi chiude la porta dietro di sé.
Buonanotte, spero che ora potrò finalmente dormire ma per sicurezza lascio accesa una lucetta. Sono le due e mezza e ho un sonno pazzesco, mi addormento subito ma solo due ore dopo sono svegliata dal solito andirivieni sul pianerottolo. In effetti avevo sentito altri rumori da fuori, come se la ragazza stesse nuovamente uscendo, ma la cosa mi sembrava tanto assurda che non ci ho fatto caso. Invece nel cuore della notte, alle quattro e mezza, i due gatti adulti sono ancora da me e qui non ci vedo più. Devo assolutamente dormire, li mando fuori e nonostante faccia caldo, mi chiudo anzi mi barrico in casa. Il sonno ha il sopravvento sui sensi di colpa, finalmente posso riposare. Il mattino arriva presto, mi alzo e basta aprire una finestra che ricomincia la solita scenetta per l’ennesima volta. Vengono prima lei, poi lui, mentre faccio colazione porto fuori la ciotola di latte e il mangime, mangiano contenti. I cuccioli per ora non si vedono, tanto che nella pur scarsa fiducia verso la loro padrona ufficiale spero che li abbia messi in un luogo più chiuso, cosa peraltro illogica visto che devono essere raggiungibili dalla madre ed essa mi ha ben dimostrato di saperli trasportare dovunque.
Mi sono quasi abituata alla loro presenza e alla loro compagnia, anche se il mio spazio esiguo non aiuta certo la convivenza con questi piccoli animali. Cerco di non averli sempre tra i piedi, faccio il letto e mi metto al computer. A metà mattina bussano alla porta, chi è? Sono Francesca; apro, lei entra mi saluta e chiede se per caso i cuccioli sono qui da me. No, rispondo, non li vedo da stanotte. Allora la mamma deve averli nascosti da qualche parte, saranno in un armadio, dice con indifferenza. Oggi partono tutti, si va in campagna che è la loro dimora abituale e mi fa piacere pensare alla bella famiglia di gatti che scorrazza in un prato, invece di passare le giornate tra due torridi tetti con sotto venti metri di buco. Francesca riprende la piccola e il moro, ridà loro quei nomi del signore degli anelli che proprio non mi ricordo, e sparisce dietro la porta di casa. Non li sento più e non li vedo ormai da due giorni, ho rimesso ordine davvero nel mio piccolo nido, eppure mi mancano un sacco i due gatti con i loro bellissimi batuffolini di venti giorni. Ogni volta che sento un rumore proveniente dal terrazzo mi affaccio, con la speranza che siano tornati a trovarmi. Chissà, loro che abitano in mezzo al verde magari si ricordano di me e di questo strano fine settimana milanese passato su e giù tra due terrazzini. Spero che tornino presto, li aspetto.

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3 comments

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Bello, bellissimo il tuo racconto -La gatta sul tetto- Complimenti come sempre, ciao ciao Ettore

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I gatti sono animali semplici e sinceri stanno con chi li ama lo avvertono ma …sono fondamentalmente esseri liberi e girovaghi ecco perche’ li amo piu’ dei cani sempre dipendenti da un padrone….mi sento piu’ vicina allo spirito libero del gatto….bello il tuo diario notturno…non mi e’ molto simpatica la tua vicina ..non vorrei che si fosse sbarazzata dei micetti …speriamo di no miaoooooooooooooo

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carissima marina il mondo è bello perché è vario, credo che amare gli animali sia un po’ come amare le persone (chi non ama gli animali di solito non ama nemmeno i suoi simili) ma cavolo, tra cani e gatti c’è una totale diversità nello stile di vita, nei rapporti con gli altri, e io sono decisamente una gatta dentro. come dici tu: affettuosa ma libera, fedele ma girovaga, insomma un essere difficile da imbrigliare! la mia vicina “di quella casa”, ahimè la mia ex casa, ora sta in un altro appartamento, ora lì c’è una bella famigliola, con due bimbe piccole… e due bellissimi gatti! quello era davvero il posto per loro, e i gattini di cui parlo scorrazzano felici in un casale nel monferrato, sei contenta?

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