Al molo di Trieste c’è movimento in questo inizio del 2013. Sono con i colleghi che vengono da Firenze per i prelievi mensili, li aiuterò con piacere imparando una cosa nuova, utile, importante per il mio lavoro. All’ora di pranzo mi portano in un posto che da fuori non dice nulla, ma piacevolmente affollato di quella folla trasversale del pranzo di lavoro. Ci sono ospiti di tutti i tipi, dall’impiegato con o senza giacca e cravatta al camionista all’operaio. Quasi tutti maschi, mi guardano un po’ come fossi un animale da baraccone, eppure sono anch’io in giro per lavoro, va be’. E ci sono anche delle coppie strane che potrebbero essere colleghi, o amanti. E al bancone si chiacchiera in quel modo adorabile delle trattorie, schietto sincero sintetico, sorseggiando qualcosa di gustoso e colorato: un’ombra de vin, un mezzo spritz o un hladno pivo, la birra fredda che qui è maschile.

Ordino dal menu invitante, scritto a penna dove cancellano le pietanze man mano che si esauriscono, i moli fritti e un’insalata mista. La ciotolona con le verdure è ricca e buona, i moli sono… quattro. Ma sono squisiti e freschi, mentre la frittura che vedo passare per altri commensali è più abbondante, ed è fatta sicuramente con prodotti surgelati.

Dopo alcuni mesi la Trattoria al Ristoro è diventata il mio angolo di relax, la mezz’ora d’aria durante il giorno dei prelievi a Trieste. L’ultima volta ho fatto la cura delle sardine, mangiandole in tutte le salse. Ci ho anche dormito sperimentandone l’ordine, la pulizia e la squisita ospitalità a tutte le ore, del giorno e della sera. La squadra è affiatata sia nel personale che serve ai tavoli, sia nella meravigliosa coppia che la gestisce, lei fresca e spumeggiante, lui tenero e attento. Mi hanno preso in simpatia e chiacchieriamo, anche di lavoro, nei pochi minuti liberi o quando vado alla cassa per pagare. E mi trattano bene, sempre.

Leggo sul Piccolo, quotidiano locale, che dovrebbero riaprire la fabbrica della Stock e farne delle costruzioni meccaniche. Allora è vero? Non ci potevo ancora credere ma ora che lo vedo nero su bianco mi è chiaro che, da oltre un anno, un simbolo di Trieste e dell’Italia se n’è andato, baracca e burattini, in Polonia e Repubblica Ceca, mentre gli uffici di Milano striminziti tra i palazzi vicino a viale Jenner ancora resistono, ma fino a quando? Qui sono capaci solo di chiudere le aziende, non ne aprono più mi ha appena detto la signora. Una grande e triste verità che tocca il cuore a chi lavora qui da sempre e, nella nostra Italia ferita, non sa come andrà a finire.

In queste settimane però vado soprattutto in giro per le aziende di produzione e trasformazione cereali, la cui massima espressione è il molino, in mezzo alla filiera, dove viene prodotta la farina e dove si può ancora vedere la mitica figura del mugnaio, che va in giro tutto infarinato e mi fa una gran tenerezza, con quel profumo di cereale macinato, farina e crusca che impregna l’aria e mi ricorda la Mitteleuropa dove vent’anni fa ho studiato. Il molino non si vede tanto, mentre l’elemento che spicca e mi attrae nel paesaggio rurale è questo…

IMG_4578

Essiccatoio, silo, tutto quanto fa la conservazione dei cereali che da noi sono nell’ordine mais, grano, orzo. Ci passo un bel po’ di tempo e sono felice quando i clienti mi danno ok al prelievo. La stagione 2013 fra l’altro è iniziata bene, senza le nubi oscure che hanno in parte rovinato il raccolto 2012. Se continua così sarà un successo e saranno buoni il pane e la pasta italiani.

Inoltre vi consiglio di leggere...

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. Required fields are marked *