Questa è una domenica post matrimoniale che dovrebbe essere di relax e invece… tutt’altro! Almeno ci svegliamo con calma, sia noi sia Bosa. In effetti mi basta guardare fuori dalla finestra per vedere il castello in cima al paese, e tutt’intorno una cascata di edifici dai tenui colori.

Abbiamo un’oretta per scoprirla, a passeggio, ancora più bella di quanto pensassi. Mi colpiscono tante cose: le botteghe e vetrine, un tema sempre caro nelle mie passeggiate urbane: sono colorate ma non troppo e mostrano fra l’altro la lavorazione della filigrana e del pregiato corallo locale … l’orgoglio sardo, nulla a che vedere con l’odio fascioleghista che si respira a nord anche se voglio approfondire il tema… porte e finestre semplici ma eleganti … le chiese grandi e piccole, a volte incastonate nelle vie e dalle forme bizzarre … le ampie piazze con alti palazzi e uno spazio verde al centro …

Ma due cose più di tutto mi affascinano da matti: le persone e il Lungotemo con le vecchie concerie dal lato opposto al nostro. Attorno al fiume Temo, navigabile e ricco, ci sono i pescatori al lavoro, rientrati da poco sulle loro barche colorate. Non c’è solo pesce qui, ma anche i pregiatissimi crostacei locali, le famose aragoste, davvero queste sono le nasse con cui le catturano??

Arriviamo al Castello dei Malaspina in auto, ci piace rivedere Bosa da quassù e in effetti il colle di Serravalle è un ottimo belvedere. Il castello ha quasi mille anni e io, che cerco sempre i difetti in ogni luogo, noto con disappunto le eterne impalcature dei restauri, con un mega cartello che informa sulle date dei lavori: 2004 – 2005 previsti, 2014 ancora da finire, con aziende sarde e della terraferma (anche venete) presenti. Tutto il mondo è paese, speriamo non ci mettano altri mille anni per restaurarlo!

La nostra gita fuori porta, una volta ridiscese a valle, continua alla chiesetta di San Pietro Extra Muros, un gioiellino romanico purtroppo chiuso. La ricca campagna che circonda la chiesetta ci mostra Bosa ancora più colorata.

Ripassiamo su a Magomadas a salutare i neosposi e in tarda mattinata ci dirigiamo verso sud, dentro e fuori il ventre sardo, destinazione la penisola del Sinis. Tresnuraghes mi appare solo ora come un paese privo di nuraghi, o almeno io non li vedo (delusione cocente). Tra Cuglieri e S’Archittu rivediamo un mare bellissimo, guardare ma non toccare. Rientriamo quasi subito per Riola e San Salvatore, nuraghi sparsi si ergono ai due lati della strada. Stagno di Cabras è l’indicazione da seguire che ci proietta in un’altra Sardegna, l’ennesima scoperta che si rinnova ogni manciata di chilometri. Ora siamo in una piatta distesa verde dove, oltre a ricchi orti e basse vigne, alla nostra sinistra intravvediamo erba alta, canneti, acque verdastre poco accessibili.

Tharros con le sue splendide rovine di fondazione fenicia è sulla punta della penisola, ma non avremo tempo di visitarla, anzi io vorrei ottimizzare le visite con un giretto in bici (anche solo un’oretta) ma tutto ciò sarà per la prossima volta. Lasciamo l’auto in un grande parcheggio, ci rifocilliamo in un bar ed entriamo a San Giovanni di Sinis un’altra piccola, bellissima chiesa paleocristiana costruita tra il 500 e l’anno Mille. Mi sembra fuori dal tempo, sicuramente emerge fuori dalla piatta terra dov’è stata costruita, in una punta dell’isola con una stratificazione di popoli straordinaria.

Se io mi agito inutilmente per pedalare in bici, le mie amiche scalpitano per fare il bagno. Come frenarle? Il cinque ottobre un bagno in Italia è concesso solo a pochi fortunati, come noi, ma io non ne ho proprio voglia. Siamo quattro, due raggiungono a balzelli la spiaggia a sinistra mentre altre due, me compresa, sgambettiamo più su, a destra, verso il mare aperto. Il mare chiuso è calmo, il mare aperto agitatissimo e solcato da windsurf, paraglide colorati e tutte quelle cose avventurose e pericolose che più che altro mi spaventano.

Che spettacolo: tra un paio di torri d’avvistamento cinquecentesche, di epoca spagnola, arriviamo quasi a Capo San Marco dove qualche persona potente, non potrebbe essere altrimenti, ha ristrutturato vecchie case che godono di una vista pazzesca. Le barche a vela ormeggiate completano un quadretto opulento.

Ma che ora è? Il mio desiderio di visitare un nuraghe non è ancora stato esaudito, qui ce ne sono parecchi e se alle 16 siamo ancora qui dovremmo muoverci. Alle info turistiche ho fotografato questa dettagliata cartina: Sardegna archeologica.

Indugiamo in una visita, se possibile ancora più speciale, a Cabras, indotta proprio dalle indicazioni dell’addetta alle info. Il museo civico è piccolo ma ben organizzato, mostra i reperti di epoca nuragica e punica rinvenuti nei vicini scavi di Cuccuru is Arrius e Tharros, nonché all’archeologia subacquea con varie parti delle navi romane affondate al largo della costa del Sinis. Ma le star che attraggono la maggior parte dei visitatori, creando code all’entrata e affollamento nella sala a loro dedicata, sono i Giganti di Mont’i Prama, rinvenuti qui vicino in recentissime campagne di scavo, che costringono gli archeologi a riprendere in mano la storia antica della Sardegna. Sono decine di statue di epoca prenuragica, alte anche due metri, raffigurati in pose diverse: pugilatore, gladiatore, arciere, con le gambe tornite, lo sguardo fiero e misterioso.

Emozionatissima li osservo e li fotografo con lo smartphone dopo avere chiesto il permesso in biglietteria. Mi viene detto: fotografali pure ma per pubblicare le foto chiedi il permesso alla Sovrintendenza.

In queste settimane non ho ancora trovato l’indirizzo email a cui scrivere, ho inviato diversi messaggi ai profili social del museo senza ricevere alcuna risposta. Se queste foto mi causeranno problemi le toglierò, ma francamente mi sembra un pessimo modo di pubblicizzare questo sito bellissimo, una regola inutile e controproducente di tanti musei, che però si riscontra di frequente in Italia.

In quest’ultimo mese più di una statua è stata portata alla luce, Cabras è sempre più visitata anche se quasi tutte le statue, dopo essere ripulite e studiate, prendono la via del capoluogo Cagliari dove la sede museale è più adatta ad accoglierli e si ritiene che ci giungano molti più visitatori. Gli abitanti di Cabras non sono contenti.

Usciamo confuse e felici, tra torme di turisti che ancora si accalcano nel museo,vogliamo vedere il centro di Cabras con vie, chiese e laboratori per la produzione della bottarga che meriterebbero un approfondimento.

Il tempo passa e riusciamo a fare poco più di una passeggiata, rimbeccandoci fra l’altro la voglia di far tutto e ricordando i chilometri da fare sulla via di casa, a nord. Nuraghe addio. O quasi.

Nuraghe Losa presso Abbasanta è il sito più importante in questa zona, per fortuna ci si arriva con la superstrada ma mentre il sole scende, le speranze di vederlo si affievoliscono e sfumano definitivamente al nostro arrivo al sito, dove ci accolgono due simpatici bigliettai con cui possiamo però solo chiacchierare. Dovete arrivare due ore prima del tramonto per avere tempo di visitarlo, oppure tornate domattina. Il sito chiude alle 18 o 19 secondo la stagione, e comunque un’ora prima del tramonto, in realtà hanno appena chiuso ma oggi è stata una splendida domenica di sole estivo, affollata di visitatori curiosi come noi, probabilmente più fortunati di noi. Ma che importa? Ci sarà sicuramente un altro nuraghe sulla nostra strada domani, ho detto alle ragazze che non partirò dalla Sardegna senza avere visitato, fotografato, toccato un nuraghe. Una promessa spaventevole, le amiche mi conoscono.

Macomer ci ricorda le caserme dove alcuni amici hanno fatto il militare, tanti anni fa, ci riportiamo verso la costa e arriviamo a Magomadas prima di cena con una bottiglia di vino in mano. Riunirci per l’ennesima volta è bellissimo, rimettere delle amiche intorno a una tavola imbandita e ricominciare chiacchiere e confidenze è un attimo. Poi mi rimetto al volante per l’ultima discesa e l’ultima sera da passare a Bosa. Domani si torna a casa.

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