COLAZIONE AL CIRCOLO
Oggi è giorno di festa e quando non si lavora si deve iniziare in un modo diverso, quindi “colazione al circolo”. Tavarnelle di sera non offre molto a parte qualche posto carino per cenare, ma intorno alla piazza (dove il giovedì mattina c’è il mercato del contadino e comprerò il cavolo nero) c’è un piccolo nucleo di belle case e negozi, quelli che una volta erano sufficienti per le spese quotidiane e oggi sono soffocati dalla grande distribuzione. E c’è la rassicurante insegna di un circolo (anche questo, nel mio immaginario urbano, retaggio di un tempo che fu) dove mi dirigo per un bel caffè caldo.
Lunedì quando sono scesa ho seguito le preziose indicazioni di un’amica che da Firenze mi proponeva il circolo ARCI a Certosa per salutarci e prendere qualcosa al volo. Che posto stupendo! Alla pioggia e umidità esterna si contrapponeva il calore e l’affetto degli avventori, lavoratori, pensionati, che chiacchieravano e giocavano a carte. Al banco potevo scegliere uno snack dolce o salato ma avevano troppo l’aspetto della luisona, celebrata da Stefano Benni nel suo Bar Sport. Così mi son fatta fare un panino al prosciutto crudo e un latte macchiato. Mi sono guardata intorno e ho visto campeggiare alla parete un poster con scritto CIAO ENRICO e la foto di Berlinguer. Quando lo vedo mi vengono ancora gli occhi gonfi, nel ricordo di quel sabato di giugno di trent’anni fa quando tornando dal mare con i miei, nei pressi di Marghera vedemmo lunghe file di operai. In silenzio andavano verso le fabbriche, con bandiere rosse e gonfaloni, per salutare il loro leader, che poco prima aveva avuto un malore mentre a Padova parlava da un palco. E di lì a poco sarebbe morto, sessantenne. Che persona, non li fanno più dei capi di partito così. E di fronte alla foto di Enrico, al circolo c’era la bacheca con gli eventi del mese: il corso di ballo, la pizza per tutti del giovedì, cose così. Ho pagato e mi sono rimessa sulla strada per Tavarnelle.
Stamattina cerco il circolo, subito dopo la piazza, ma non è un circolo ARCI! E’ il circolo viola della Fiorentina, insomma! Temo di finire in un girone calcistico celodurista ma nulla di tutto ciò: è un tranquillo bar variamente popolato, con seggioline e tavolini a sinistra, un bancone a destra e alle pareti tante vecchie foto, in bianco e nero, dei paesi più o meno noti di questo angolo della Toscana. Chiedo di nuovo latte macchiato con un croissant vuoto, dal bancone l’indaffarato padrone prende un bricco d’acciaio e versa il latte in un bel bicchiere di vetro. Ma non è caldo, protesto gentilmente. Eh già, è calduccino. Calduccino, cantuccino, io che pensavo di trovare solo in Veneto l’abitudine di usare i diminutivi sento che si usa anche qui, tutto il mondo è paese. Me lo scalda e lo finisce col caffè, a questo punto è tutto bollente, ottimo. Tornerò qui per farmi un aperello in settimana, è proprio un bel bar di paese per farsi un calice di vino rosso.
LA CHIESA IN CANTINA
Qui i cartelli di cantine e agriturismo sono davvero dappertutto: con nomi a volte fantasiosi, a volte altisonanti, per tutti i gusti e per tutte le tasche. Ma lavorano tutti? C’è ancora mercato per mangiare bere dormire con un’offerta così trabordante? Il primo posto che ho visitato nelle mie trasferte toscane mi ispirava perché dovevo scollinare oltre il mio percorso abituale, ma facciamo un po’ di nomi. La Tenuta Sant’Andrea si sviluppa tra vari edifici con una superficie notevole, e nel punto più alto si vede il crinale della collina di fronte scendere e risalire fino a un laghetto, un bosco, una montagna. In ufficio mi hanno accolto due ragazze formali e preparate che hanno sciorinato le caratteristiche dei vigneti, impiantati a sangiovese e vernaccia, e dei prodotti: vino, grappa olio, descrivendo anche la location e gli appartamenti disponibili per una clientela evidentemente di classe. Potrei sapere più o meno quante bottiglie producete? Oltre 10 milioni è stata la risposta, scontata solo quando l’informazione è stata completata con le dimensioni della tenuta, superiore a 500 ettari. E la tenuta appartiene a una famiglia o a una società? A una società cui fa capo una famiglia. La prossima volta che vengo a trovarvi potrò stringere loro la mano? Difficile, rispondono, vivono negli Stati Uniti. Fine delle domande. Quando le impiegate mi hanno messo in mano una brochure elegante con prezzi dei prodotti, altissimi, ho avuto la conferma che ero finita in un posto per stranieri o italiani danarosi, poi sfogliando la brochure ho letto che il podere comprende una chiesa consacrata, e c’è un parroco disponibile su richiesta per celebrare le nozze nella splendida cornice del Chianti, ma si può??