A gennaio 2014 inauguro una serie di zingarate che mi portano in giro per l’Italia, anche per un solo giorno, con Biella, un capoluogo piemontese all’apparenza dimesso ma pieno di bellezze neanche tanto nascoste, fatte di storia natura cultura, e dal grande cuore dei suoi abitanti. Zingarate2014 significa:

Partire in compagnia delle amichette con una meta definita ma senza sapere cosa andiamo a vedere. Sulla fiducia.

Cercare in loco altri amici che vi abitano e che saranno i nostri ciceroni.

Farne una cosa almeno un po’ social con l’impegno di tutti.

Impegnarsi a ricambiare l’ospitalità dove e quando possibile.

E per una zingara come me ciò significa che “da qualche parte” ci ritroveremo. Prometto.

Sinora siamo state: a Biella a gennaio, a Ozzero a marzo, a Firenze ad aprile. Ma partiamo con ordine.

Inizio di gennaio: in una pausa pranzo veloce in centro, di venerdì, come si addice ai nostri incontri, propongo alla mia amica Rachele di andare insieme a Biella l’indomani con la mia auto. Così poi lei resta dai suoi per il fine settimana.

Con un rapido giro di messaggi le mie amichette di Milano aderiscono e gli amici di Biella mi informano con piacere che saranno in giro con due foodblogger di Torino in visita. Nulla di meglio per unire l’utile al dilettevole.

Partiamo. Tempaccio ma gestibile. In auto chiacchieriamo vorticosamente e “loro” hanno anche la balzana idea di fermarsi in uno spaccio di scarpe a fare shopping. Io resisto, preferirei razziare un negozio di abiti.

L’appuntamento è in piazza Mazzini dove lasciamo l’auto e ci facciamo un bel caffè in un locale storico, l’Antico Caffè del Teatro “il cuore dolce della pasticceria biellese” che prende il nome dall’adiacente Teatro Sociale.

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Arriva Gian mr Sphimm, adorabile dal vivo ancor più che sui social, che ci presenta il programma del weekend nel quale ci siamo inserite all’ultimo.

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Sarebbe bello rimanere qui stasera ma preferiamo attenerci al piano A, che sarà breve e intenso ma come assaggio va bene.

Piano? Il nostro luogo di ritrovo, la parte pianeggiante di Biella, si chiama proprio Piano. La parte alta, il Piazzo, dall’impianto più antico, si raggiunge salendo con un’ardita funicolare. In mezzo c’è una città che vive e si propone come sede industriale, nella migliore tradizione piemontese, ma che ha dovuto reinventarsi e creare nuove prospettive da quando il tessile e i mobili italiani sono andati in crisi, a favore di prodotti con un rapporto qualità prezzo diverso.

Per fortuna le aziende agro alimentari resistono, con eccellenze internazionali come la birra Menabrea, ma anche con tante piccole aziende produttrici di vini pregiati come il Bramaterra e la mia amata Vespolina, i dolci canestrelli, i prodotti lattiero caseari.

Prima tappa fuori città: il Ricetto di Candelo è uno splendido esempio di architettura funzionale, costruito nel Medioevo come deposito di cereali e derrate, ma con una funzione difensiva importante in caso di attacco nemico, grazie alla sua possente cerchia murata.

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Oggi il ricetto è utilizzato per eventi e promozione dei prodotti locali, come accadrà domani quando centinaia di persone arriveranno qui e lo faranno ritornare alla vitalità di un tempo.

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A me visto così non dispiace, è tutto per noi, le poche botteghe aperte ci consentono di rimirare con calma delle belle creazioni artistiche e artigianali.

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Mi colpiscono tante cose: la sua geniale struttura pentagonale, i materiali poveri utilizzati, pietre, mattoni, legno, le bellissime forme di porte e finestre, la leggera inclinazione delle strade a ciottoli che permette il deflusso delle acque verso il basso, alla cosiddetta torre di Cortina.

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I colori tenui dell’inverno lasciano spazio alle ampie vedute oltre le mura, sulle montagne sopra di noi, innevate (ma tra poco toccheremo noi stessi la neve) e al fiume Cervo che scorre sotto di noi.

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Last but not least, qui vicino passa la mia amata via Francigena, come dire che dalla mezza stagione si potrebbe creare una scusa per tornare quassù.

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Ma parliamo di cose buone: all’ora di pranzo Gian ci lascia lì vicino in ottime mani, a La Corte Aperta, dove ci viene portato un menu gourmet, l’ottimo vino della casa e dolci da farci ribaltare, come testimoniano le immagini.

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Stiamo nella sala principale accanto a un caldo caminetto, nella bella stagione si può stare anche fuori, nella corte d’accesso al locale.

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Rilassarsi in ottima compagnia è un privilegio raro quando ci sono delle visite che incombono, ma riusciamo persino a fare un salto a casa di Rachele, dove rivedo la sua mamma bravissima e questa, oltre a farci il tè, ci fa assaggiare dei canestrelli troppo buoni! Noi ci rivediamo a fine giro. Oropa ci attende.

Il santuario della Madonna di Oropa è un altro esempio di edificio costruito per la fede, lungo un cammino che vede da secoli avventurarsi i pellegrini fin quassù, o anche per decine, centinaia di chilometri, per pregare, per chiedere, per ringraziare. Cosa non fa fare la fede??

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Quassù, a 1.100 metri, non fa per niente caldo e siamo circondati dalla neve bianchissima scesa negli ultimi giorni. Siamo pochi. Pochi ma buoni, ci siamo ricongiunti agli amici blogger: Gian, Lele (l’altra metà di Sphimm) e le tre blogger torinesi in gran spolvero con tablet e mega macchine fotografiche. Presentazioni e via, appena arriva la bravissima guida cominciamo la visita. Vietato fermarsi. Brrr !!!

Il sacro monte di Oropa è situato tra 800 e oltre 2.000 metri slm, dove la cima del monte Mucrone veglia sulla valle. La montagna e la vicina Val d’Aosta lo resero sin dall’antichità un punto strategico di passaggio di persone e merci.

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Tra il Medioevo e il 500 – 600 ebbe una fama crescente e vi si costruirono a più riprese le 19 bellissime cappelle votive, grazie all’interessamento dei Savoia (una presenza costante fin quasi ai giorni nostri) ma con l’impegno enorme profuso dalla comunità locale. Le vediamo così: da fuori sono come una collana che si snoda sulle pendici della montagna, al loro interno ammiriamo le statue colorate di legno e terracotta che raccontano la vita della Madonna, a volte molto verosimili, altre volte grottesche.

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Oropa si inserisce nel più ampio sistema dei Sacri monti, collocati tra Lombardia e Piemonte.

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Gli edifici che costituiscono il complesso sono principalmente sacri, su tutti la chiesa che ospita la celebre Madonna nera.

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Oggi i biellesi sono ancora attaccatissimi a questo luogo. All’inizio di dicembre si svolge la sentitissima processione con cui la Madonna nera scende dal santuario a Biella, seguita da migliaia di fedeli, per rimanere nella cattedrale alcuni giorni e poi andare in pellegrinaggio a sua volta nei paesi vicini prima di rientrare a Oropa. Farsi raccontare lo svolgimento delle cerimonie e il coinvolgimento popolare è davvero toccante, anche per un cuore inaridito come il mio.

Tutto attorno agli edifici religiosi vi sono gli ampi spazi destinati a refettorio e ricovero dei pellegrini, oggi attivo come alloggio per chi volesse soggiornare in un luogo carico di ricordi, storia e spiritualità.

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I lunghi corridoi interni ed esterni sono stracolmi di reliquie ed ex voto: sono migliaia di immagini che raccontano storie incredibili, straordinarie, di persone normali e persone note passate di qua per chiedere o ringraziare.

Qui c’è infine un museo piccolo, raccolto ma ricchissimo di immagini, arredi, abiti preziosi, che racconta un pezzetto del ricchissimo Piemonte e raccoglie altre Madonne nere secondo una tradizione che non conoscevo, ma molto vissuta e sentita in varie parti del mondo.

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Noi come vediamo tutto questo? Su un piano ovattato nei suoni, tenue nei colori, avvolto dal candido manto di neve che ora non scende più ma… Passando accanto agli edifici dobbiamo fare attenzione a non essere investiti dai crolli di materiale ghiacciato che scende dai tetti con un rumore spettrale. Dobbiamo anche fare attenzione a camminare senza scivolare. Ma al crepuscolo le luci che si accendono sul santuario sono magiche e uniche.

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E non è finita. Scendiamo al Piano e, parcheggiata l’auto, saliamo al Piazzo in funicolare, altro bellissimo panorama verso la valle. Passeggiamo in un posto tutto illuminato da luci calde, con palazzi antichi e chiese che rimandano di nuovo alle vie di pellegrinaggio.

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Dovremmo fare qui l’aperitivo, invece torniamo giù dove ci raggiunge trafelata la mamma di Rachele con tre scatole di canestrelli, una libidine, grazie!

Facciamo ancora due passi in un centro storico tranquillo, poi per le ultime chiacchiere andiamo alla gelateria Alice, “dolce e gelato naturalmente buono”; un posto bello con tanti gelati particolari, ottimi. Torniamo a Milano in serata.

Una giornata così è stata pienissima, ma per essere la prima delle #zingarate2014 non poteva andare meglio di così.

Se ringrazio le mie amiche rischio di essere banale, devo però ringraziare Lele e Gian che sono stati carinissimi, gentilissimi, dei perfetti ospiti (nel senso di dare ospitalità).

Explore Biella e i successivi eventi dedicati ai paesi della provincia biellese sono opera loro. Ne parlano i social e i media tradizionali, sono davvero bravi.

Il loro impegno per diffondere la cultura del turismo e valorizzare il territorio di Biella è encomiabile, così come il lavoro di tutte le persone che accendono una luce nuova sulla provincia italiana, sui suoi borghi, sui villaggi, le bellezze naturali e le ricchezze enogastronomiche. In silenzio, dietro le quinte, o facendo quel bel brusio elegante come solo loro sanno fare. Grazie ancora amici e arrivederci a presto!!!

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