*** Il tempio principale presenta la particolarità di essere perfettamente allineato al sole il 22 Febbraio e 22 Ottobre, quando centinaia di persone visitano il luogo prima dell’alba per assistere allo spettacolo dei raggi di luce filtrare attraverso le pietre del tempio e illuminare le statue di Ramesse e delle divinità a cui il tempio è dedicato, straordinaria dimostrazione dell’abilità e delle profonde conoscenze degli antichi egizi in campo astronomico. ***
Desiderate la sveglia? No grazie, ci arrangiamo. Alle 2,30 siamo in piedi, alla reception ci danno tè caldo e breakfast box, alle 3 partiamo per raggiungere il convoglio degli altri bus che scendono insieme ad Abu Simbel, sempre scortati dalla polizia. All’andata vi è un solo convoglio di auto e bus che ci aspetta fuori da Assuan. Per tornare, invece, da Abu Simbel il primo convoglio parte alle 9, ovviamente poliziotti e autisti cercano di sbolognarci prima possibile. Invece io e Raffa, l’altra coordinatrice, volendo visitare con calma questo sito eccezionale e unico ci impuntiamo per effettuare la visita fino almeno alle 9,30 e raggiungere tassativamente il bus park per la partenza delle 10. Aspettare gli altri bus è una rottura, stiamo fermi quasi 1h su un anonimo viale di Assuan, ovviamente non possiamo scendere. Il tragitto dura 3h, all’andata fa impressione il buio pesto della notte, illuminata da una miriade di stelle e dalla luna, enorme, nitida che ci lascia intendere le forme e i colori delle rocce.
L’alba rende più evidente il meraviglioso scenario naturale del deserto roccioso intorno a noi, mentre il bus dà i primi segni di malfunzionamento, con la spia della batteria sempre accesa e… il riscaldamento rotto. Fuori si gela, nel bus pure e ricominciano gli acciacchi.
Da ieri sera una coppia dei miei, con nuovi sintomi di affaticamento, mi chiede di contattare Europ Assistance e, se possibile, organizzare il rimpatrio in Italia.
Questa disavventura mi mancava, prima o poi va messa in conto ma restiamo d’accordo che durante la nostra visita i due se ne staranno tranquilli in hotel a riposare. Appena arriviamo al sito lui mi avvisa che ha bisogno di una nuova visita e ha prenotato un medico “english speaking”. Sono dispiaciuta e preoccupata, mi trovo in un luogo mistico, di prorompente bellezza, ma non me lo godo appieno. Inoltre abbiamo appresso gli altri gruppi che vogliono scroccare le spiegazioni della nostra guida: il Family e i due Nilo breve, più altri turisti italiani in ordine sparso che ci si accozzano proprio.
Io sono arrivata qui stravolta, dopo l’ennesima notte di poco riposo, con la tosse e tanti pensieri incluso l’impossibilità di dare una mano al mio partecipante malaticcio. Ma mi trovo nel “punto d’arrivo” del nostro viaggio, devo interiorizzarne la bellezza, con qualche sforzo ce la faccio e d’ora in poi riesco a godere di tutti i meravigliosi scenari che ci circondano, facendomi scivolare i cattivi pensieri.
Al rientro ci fermiamo a vedere la diga di Assuan, una costruzione enorme che ha causato enormi conseguenze politiche e ambientali, la cui lezione evidentemente non è stata imparata in quanto nel vicino Sudan con investimenti miliardari, in gran parte provenienti dalla Cina, si stanno sbarrando le cataratte del Nilo più a monte per produrre energia elettrica, i cui benefici sono soprattutto per chi la può comprare. E ora come allora, in Sudan come in Egitto, migliaia di persone sono state cacciate dalle proprie case, private della terra che abitavano da sempre per andare in esilio forzato in luoghi forse più moderni ma dove hanno meno possibilità e prospettive. Come dire che il colonialismo ha cambiato faccia ma è ancora estremamente presente, soprattutto in Africa.
Tornati in hotel, i miei due partecipanti mi raccontano la visita in ospedale e la necessità di prendere altre medicine. Sono appena più tranquilla, nel pomeriggio andiamo in feluca, 9 su 13 e l’escursione è eccezionale per i panorami sul placido fiume, l’ambiente naturale che ci circonda, gli uccelli incrociati lungo il percorso, di tutte le fogge e colori, che svernano quaggiù.
Il nostro marinaio ci porta a Kitchener, l’isola adibita a giardino botanico con una dotazione di piante tropicali stupefacente: né grande né piccola, ben attrezzata, è godibilissima anche se passarci meno di 1h è davvero poco.
Una scenetta incredibile si svolge sotto i nostri occhi: un bambino spuntato da chissà dove si accosta al bordo della feluca, ci saluta in italiano e intona O bella ciao, per poi chiederci la mancia e allontanarsi, sta accovacciato su una piccola cassa di polistirolo e rema con le mani. Lo ribattezziamo “il nubiano comunista”.
A Elefantina, invece, arriviamo quando il sole sta tramontando e francamente non la trovo così bella, anche perché possiamo solo passeggiare nel villaggio nubiano senza visitare i templi. Di fronte a noi sorge il vetusto Hotel Old Cataract, attualmente in restyling.
La sera rientriamo percorrendo la corniche a piedi per 1/2h, stanchi ma soddisfatti dopo una giornata pienissima. Andiamo a cena al ristorante vicino consigliato: a fronte di una vasta scelta di piatti finalmente di qualità, ci accolgono con un servizio pessimo, impieghiamo molto tempo per far notare al personale questo comportamento ma alla fine tutto si sistema. E poi non stanchi ci tuffiamo nel souk per un po’ di sano shopping, anche qui vi sono molti banchetti di oggetti per turisti ma anche molti prodotti per gli egiziani. Al rientro definitivo siamo stanchissimi, finalmente dovremmo dormire per una notte intera.
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