Possagno è sinonimo di Canova, l’artista del Settecento che tanto ha dato alla scultura e ai signori dell’epoca che se lo contesero per avere le sue opere. Così come Castelfranco è sinonimo di Giorgione: le loro sculture e quadri oggi si possono ammirare in musei e palazzi di tutto il mondo. Vedere come hanno “giocato in casa” mi fa sempre un certo effetto, per me è come degustare un buon vino in cantina, c’è più “emozione”.

Gipsoteca è un’altra parola evocativa, esotica, quasi gitana direi, anche se invece di cose esotiche rappresenta la stupefacente raccolta di gessi con cui Antonio Canova preparava le sue sculture. Si trova sempre a Possagno e l’ho visitata a fine ottobre durante Terre del Grappa.

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Emozione purissima è ciò che provo, nel Museo Canova, alla vista dei bianchi gessi illuminati da tremolanti candele che più di ogni altro effetto chiaroscurale ne rendono perfettamente le tre dimensioni. Farfalle nello stomaco si fanno sentire ogni volta che la guida, pedante ma bravissima, ci descrive un’opera e ce ne racconta la storia, soffermandosi su dettagli che si vedono e non si vedono. Ma… niente foto, nemmeno innocenti scatti dallo smartphone che avrebbero solo lo scopo di ricordarci tanta bellezza e, volendo, condividerla sui social network che è poi l’umile lavoro a cui noi blogger siamo chiamati in tali eventi. La chiosa della guida è perfettamente in tono col personaggio: “abbiamo già tanti visitatori che non possiamo e non vogliamo accoglierne altri”. Fine.

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C’ero già stata in un lunedì di pasquetta di sette anni fa con una cara amica restauratrice che a ogni visita mi trasmette, assieme ai dati tecnici delle opere, l’amore per il suo lavoro, un contributo impagabile per una persona assetata di cultura come me. Ho riportato la data al 2007 perché ci furono le celebrazioni dei 250 anni dalla nascita di Canova (1757 – 1822), mi aspetto quindi i prossimi eventi tra otto anni. Ho tuttavia un brutto ricordo della visita perché eravamo circondati non da appassionati d’arte, ma da famiglie vocianti appena uscite dal pranzo di pasquetta, con zero voglia di inebriarsi fra le opere canoviane e piuttosto il desiderio di digerire. Marmocchi mocciosi girellavano nelle sale facendo confusione e anche toccando le sculture quando sfuggivano allo sguardo dei grandi, indifferenti. Queste presenze sono un incubo per me, anche perché “non amo i bambini” e spero sempre di non incrociarli quando visito un museo. Ma tant’è.

Pur essendo felice di essere stata stata in Gipsoteca lo scorso mese di ottobre ed avere partecipato a un evento speciale, allestito quasi per noi con tutto l’impegno che ciò ha significato per gli organizzatori, lorsignori sanno a cosa siamo stati chiamati e qual era lo scopo della visita a Possagno nel corso di un educational tour? Non credo ma glielo vorrei proprio spiegare. Perché non ci hanno dato il permesso di fotografare nulla?

L’apoteosi del tour comunque si ha domenica. A fine ottobre c’è il ritorno dell’ora solare e di conseguenza a tutti gli italiani viene regalata un’ora di sonno in più, appunto di domenica. Per farci partire rilassati, parole testuali, gli organizzatori ci danno appuntamento alle 9,30 (che per l’orologio biologico sarebbero le 10,30) pur sapendo che alle 16,30 dobbiamo avere finito le visite e subito dopo il sole tramonta. Abbiamo quindi sette ore scarse per: visitare San Zenone, così bella che le ho dedicato ben due post, fermarci a Monfumo per il pranzo in agriturismo e – ultimo ma non ultimo – visitare villa Barbaro a Maser che per me è il clou del tour.

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In un educational che dura da sabato pomeriggio a domenica pomeriggio, poco più di 24h, il fitto programma subisce un irreparabile squilibrio nella distribuzione dei tempi. Passiamo forse quattro ore, più della metà del tempo disponibile, mangiando e bevendo. A mio avviso questo è un inutile spreco di risorse che penalizza così tanto le visite, da costringerci a vedere la meravigliosa villa palladiana in poco più di mezz’ora con la guida che ci fa correre da una stanza all’altra perché siamo arrivati tardi (lei alla fine deve rientrare a Treviso).

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Il nostro ritardo è dovuto alle lunghissime attese durante il pranzo della domenica, un pranzo a base di carne che io non mangio ma non è questo il punto. Dico: a chi interessa fermarsi tre ore a mangiare e bere, fra l’altro sempre le stesse cose dato che si parla di prodotti tipici veneti quindi insaccati, formaggi, prosecco o vini rossi, accompagnate da pur ottime pietanze a base di radicchio e altri prodotti tipici? A me non interessa, con una giornata di tiepido sole come questa avrei voglia di trascorrere tutto il tempo all’aria aperta, o in utili visite. Stare seduta ad attendere mezz’ora tra il primo e il secondo mi annoia, mi irrita. Non si fa, credo che altri bloggamici si siano stufati ma io non son proprio capace di star zitta davanti a queste modalità organizzative, lontanissime dalle mie esigenze. Fra l’altro molti blogger vengono dal triveneto, e immagino siamo abituati a questi prodotti tipici.

Un’ultima cosa che mi fa arrabbiare è il divieto assoluto di fotografare l’interno della villa, per cui ci è stato detto di mettere le foto su internet per il blog. Ma stiamo scherzando? Io non vado in un posto seppur stupendo solo per visitarlo, e per pubblicizzarlo solo con le parole: le parole non bastano. Non siamo giornalisti e ripeto spesso questo concetto come un mantra per chi ci legge, ma se viene organizzata una visita guidata esigo che ci venga dato il permesso di fotografare, altrimenti la giornata si riduce al Pranzo della domenica.

Ho “partorito” cinque post per questo tour (di 24h abbondanti lo scrivo per l’ultima volta) quindi mi è piaciuto. Spero che queste impressioni, neanche tanto a caldo perché ho preferito farle decantare, siano utili a chi si occupa di educational e blogtour, mi offro per contribuire alla buona riuscita di tali eventi perché queste forme notevolissime di promozione del territorio siano efficaci e utili per tutti. Se invece non verrò più invitata, be’ ora sapete perché. Pazienza.

Non ho citato alcuno dei posti dove abbiamo mangiato ma sono disponibile a darne informazione su richiesta. Roberta – Gamberettarossa.

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2 comments

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Ah ah, ti adoro. Finalmente qualcuno che dice che non ama i bambini che rompono le palle nei musei! Quanto al resto capisco benissimo il tuo disappunto. Non poter fotografare per un blogger è deleterio. Sono stata recentemente al castello di Soave dove appunto non si possono fotografare gli interni. Dal nervoso non ho nemmeno scritto il post!
Quanto al passare le ore a mangiare invece che a visitare…. che noia!

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avrei potuto calcare la mano ma mi son fermata qui. finora i colleghi sono solidali. vediamo cosa ne diranno altri “attori” di questa complessa filiera. tu hai messo su famiglia eppure sei riuscita a rimanere te stessa. ma evidentemente hai un intorno che te lo consente. bravissima!

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