Sabato scorso sono stata in uno dei miei luoghi del cuore nella mia terra d’origine, il Veneto: sono tornata a San Zenone degli Ezzelini per il mio primo blogtour organizzato anzi “firmato” da AITB, l’Associazione Italiana TravelBlogger di cui sono orgogliosamente socia, nata pochi mesi fa per promuovere etica e professionalità dei blogger di viaggio. Io sono stata così professionale che ho visto spegnersi per sempre il Galaxy al mattino, appena partita, quindi per la prima volta le foto che pubblico sono tutte fatte con la Nikon. Ditemi se vi piacciono di più così magari in futuro mi saprò regolare, ma che figuraccia! I bloggamici, anzi le sette bloggamiche presenti mi hanno ritwittato come non ci fosse un domani, e ora ho una tale mole di immagini belle, di bei sentimenti d’amicizia e condivisione, che sto cercando di tirarli fuori, tutti e subito!

Asolo Hotel sulla via Castellana, all’inizio del territorio comunale, è stata la base logistica per le attività di Asoloblogtour: due giorni di attività slow, assaggi e appuntamenti culturali dislocati tra Asolo, San Zenone e Fonte. Ecco di seguito il racconto di un’intensa giornata tra le dolci colline del Veneto centrale.

La nostra prima tappa è il Maglio di Pagnano recentemente restaurato nelle sue funzioni: lavorazione del ferro a piano terra e abitazione al piano superiore, una vecchia casa di campagna con tutte le stanze, mobili e attrezzature durevoli, funzionali, belli esteticamente. Questo manufatto interessantissimo è curato da cittadini intelligenti e responsabili, riuniti nella Associazione magnar e laorar de na volta… un nome che trasuda amore per la propria terra, anche se loro stessi ci dicono che mantenere vive tradizioni in uso anche solo pochi decenni fa non è per nulla facile.

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Il maglio celebra l’arte fabbrile e porta con sé la parola fabbrica con cui, dal Settecento, verranno denominate le attività industriali, affidate sempre più alle macchine e meno alla mano dell’uomo. L’acqua corrente del torrente Muson alimenta dal lontano 1468 il mulino, l’acqua è da sempre la chiave di volta delle attività umane. Apprendo così che un mulino non solo si utilizzava per produrre farina, tessuti, carta. In questo luogo si batteva il ferro e lo si forgiava per produrre utensili d’uso quotidiano e bellico. Anzi nel Medioevo le stesse attrezzature usate per lavorare la terra o in cucina erano indispensabili per difendersi da nemici e invasori. Con l’avvento della polvere da sparo è cambiato tutto, le armi da fuoco hanno sostituito le armi da taglio, è cambiato il modo di vivere e combattere.

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Per lavorare il ferro si veniva proprio qui al maglio di Pagnano, attivo fino a meno di quarant’anni fa. Gli esperti fabbri, sfruttando principi di meccanica e idraulica probabilmente leonardeschi, utilizzavano la mola e il maglio, la forgia e i cunei, l’incudine e il carbone, tanto carbone. Dov’erano estratti ferro e carbone, materie prime per queste lavorazioni? Non lo so, ma non venivano dalla vicina provincia di Belluno, dove le antiche miniere di rame e argento della Valle Imperina sono ora visitabili (alzi la mano chi c’è stato). Qui a Pagnano i Colla, per ben duecento anni e fino al 1979, sono stati la famiglia depositaria dei suoi segreti, tanto che il ferro battuto (inteso come materiale) è ora considerato più per la sua bellezza che per la funzionalità.

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Ma non dovevamo pedalare? Sono tornata qui per andare in bici ed eccomi accontentata!! Con il casco in testa inforchiamo mezzi a due ruote tecnologici dotati di un cambio misterioso: provo a cambiare due – tre volte prima di indovinare quando si alza e quando si abbassa. Meno male Massimo ci guida all’uso del mezzo e Laura alla scoperta di questi luoghi pieni di storia, vissuti da secoli. Dicono che faremo dieci chilometri in bici in tre ore, incluse le numerose soste – foto e le tappe enogastronomiche, a me sembrano di più ma non importa.

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In bici costeggiamo torrenti, paesi, chiese, strade dove i ciclisti sfruttano come noi questa bella giornata, dopo la pioggia che è caduta copiosa nei giorni scorsi. Le auto che ci sfrecciano accanto potrebbero essere un pericolo, a fatica rallentano come se fossero loro le padrone della strada. Certo la mano dell’uomo ha fatto più del fabbro, forgiando il paesaggio a suo uso in secoli di sfruttamento, rendendo gli abitanti ora più ricchi, ora più poveri a seconda dell’aria che tira. Il vino è forse il maggiore traino per l’agricoltura del Veneto di oggi, con migliaia di aziende attive nella produzione e nell’indotto che ha ormai una dimensione mondiale soprattutto qui, nella zona di produzione del Prosecco DOCG. Visiteremo una cantina la sera, mentre al mattino ci fermiamo in un caseificio e all’acqua di fonte.

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Ecco il caseificio Muncio che lavora solo latte crudo per produrre i formaggi tipici e per questo è stato premiato: morlacco e bastardo sono i miei preferiti ma c’è anche il montasio, più diffuso e non proprio autoctono, la caciotta fresca e la ricotta. A noi (soprattutto ai consumatori di città) che cerchiamo la convenienza e spesso prendiamo i prodotti lattiero caseari al supermercato da grossi produttori, ci vorrebbe una settimana in malga alzandosi alle quattro del mattino, per capire quanto lavoro e sacrifici sono necessari per ottenere questi ottimi prodotti. Io scorrazzo qua e là per fotografare, in vent’anni ho visitato decine di caseifici ma certo quando ci vado per lavoro non mi metto a fare foto! Nel formaggio di malga rimangono tutti i profumi dell’alpeggio, con l’erba fresca e i fiori che le mucche si scelgono ogni giorno, per questo è così buono, non è per nulla standardizzato e non può essere paragonato a un prodotto industriale.

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Ben diversa è l’esperienza con Acqua di Fonte, proprio così maiuscolo. Sapendo dell’esistenza della fonte metto nello zainetto la borraccia metallica per raccoglierla e farla assaggiare ai miei ma… ci portano in un impianto d’imbottigliamento! Alla mia sorpresa iniziale segue la curiosità di conoscere questo progetto, l’unico impianto di questo genere in provincia di Treviso, iniziato quasi vent’anni fa e che solo nel 2012 (potere della burocrazia) ha visto aprire i rubinetti per la produzione d’acqua in bottiglia. Ammiro l’ambizioso business plan per cui si è investito in impianti puliti con l’utilizzo più di metodi fisici che chimici, le bottiglie solo di vetro da 0,75 e un litro dal design elegante, la distribuzione (solo HORECA Italia ed estero, porta a porta per il consumo domestico), le necessarie certificazioni aziendali. I numeri sono ancora relativamente piccoli, se ricordo bene hanno prodotto 300.000 bottiglie nel 2014, ma un prodotto così di nicchia ha sicuramente un mercato, anche se io ho quasi eliminato l’acqua dalla tavola… Infatti ora, a mezzogiorno, assaggio un goccio di vino invece dell’acqua, tanto ce la daranno a pranzo.

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Pranzo… è la parola magica che quando sono in tour gli organizzatori declinano in vari modi. Esattamente un anno fa, durante l’analogo tour Terredelgrappa, abbiamo passato molte ore seduti a tavola e io, con la mia immancabile vis polemica, l’ho scritto. Gli organizzatori se ne ricordano e oggi ci portano in un locale semplice, ospitale, caldo (c’è il camino acceso) per un perfetto light lunch. Dai Fruts trattoria si chiama, è gestito da Giobatta Canciani e dalla sua famiglia simpaticissima, di origine friulana. Frus è il giovane ragazzo in lingua friulana, qui stiamo gran bene: escludendo coniglio e cotechino che non sono previsti nella mia dieta assaggio i formaggi di Muncio, l’acqua di Fonte e il vino rosso per cui questa zona pre collinare, ai piedi del bellissimo Monte Grappa, è più vocata (molto più che per l’onnipresente Prosecco). Fotografo tutto tranne il mio piatto forte, una zuppa d’orzo con porcini davvero sublime che mi scalda anche se non ne avrei bisogno.

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Tantomeno dopo avere assaggiato il dolce, una torta di mele servita con castagne arrosto e torbolino, il vinello torbido locale che va giù che è un piacere! E ripartiamo in bici … (continua)

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