ANGOLA – Il più vicino al Padiglione zero è dedicato a un paese africano che so più o meno dove sta sulla cartina: Angola, sopra la Namibia, con un’eccezionale varietà di paesaggi e popolazioni, in parte condivise proprio con la Namibia. Le risorse per la popolazione stanno nelle terre coltivabili e nel bestiame allevato allo stato brado per l’alimentazione quotidiana.
Industrie alimentari di trasformazione esistono da tempi recenti e così tengono molto a esaltare gli standard qualitativi raggiunti, condizione necessaria per affacciarsi sui mercati internazionali. Le maggiori risorse economiche angolane giacciono però sottoterra in un ricco sottosuolo da cui si estraggono petrolio e minerali preziosi. Una croce e delizia insomma per le popolazioni locali strette tra il desiderio di tutelare l’ambiente e le tradizioni da una parte, gli interessi economici dall’altra. Chi vincera? Io voglio andare a vedere! Il padiglione si sviluppa su diversi livelli, ha una colonna luminosa centrale che raffigura personalità angolane di spicco e rappresenta i paesaggi e popolazioni alle pareti.
Esternamente ad ogni piano è riprodotta la vegetazione delle diverse aree. La terrazza superiore è come un giardino urbano con una bella vista sui padiglioni di fronte. Questa è la mia Angola.
Dovrei consigliare di fermarmi nei pressi invece no. Ci sono paesi poco interessanti, padiglioni aziendali che rifuggo perché mi sanno troppo da fiera e lavoro, meglio proseguire fino a due padiglioni con la C che mi sono piaciuti molto. Ma prima… i cluster!, le gallerie (le chiamo così) che dal decumano si sviluppano lateralmente e mostrano filiere di prodotti alimentari specifici con pannelli e prodotti. L’aspetto didattico è rilevante ma dopo una rapida occhiata cerco le suggestioni di viaggio e mi dirigo verso gli spazi (piccoli) dedicati a ciascun paese.
CLUSTER RISO – comprende Bangladesh, Cambogia, Sierra Leone, Myanmar, Laos. Ci arrivo all’ora di cena con le amiche cercando il mio cibo preferito, imbattendomi in presentazioni di Paesi che conosco o dove vorrei andare. Far convergere solo queste cinque realtà nel mondo immenso, ancestrale, affascinante del riso è a dir poco riduttivo. Pazienza. Complicato sarebbe giustificare i prezzi milanesi di oggetti d’artigianato locale, che in loco hanno prezzi locali. Pazienza. Ma trovo disdicevole spendere 10 euro a testa per un piatto misto di specialità indiane discrete ma molto scarse, servite da personale “poco collaborativo” che contava le polpettine dopo le ore 21 con la prospettiva, immagino, di buttarle (o riciclarle??) poco dopo. Anche qui, come in altri padiglioni (vedere Germania), chiedere lo scontrino è come chiedere la luna. Fanno finta di non sentire e solo dopo 2-3 richieste a voce alta lo fanno, stizziti. Che schifo!
CLUSTER CACAO E CIOCCOLATO – comprende Camerun, Costa d’Avorio, Cuba, Gabon, Ghana, Sao Tomè e Principe. Non visto.
CLUSTER CAFFE’ – comprende Burundi, Salvador, Kenya, Ruanda, Uganda, Yemen, Etiopia, Guatemala, Repubblica Dominicana, Timor Est. Non visto.
CINA – Per amare un paese enorme pieno di contrasti e contraddizioni, spesso osteggiato da chi lo vede solo come un avversario economico, bisogna vederlo, almeno questo è il mio approccio a chi mi chiede info sul Pianeta Cina.
Già entrando nello spazio che Expo vi dedica si è trasportati in un ampio giardino con statue e fiori, ma il bello è dentro dove si snoda un percorso dalla terra al cielo attraverso i quattro elementi, che inizia con un corridoio stupendo addobbato con adorabili ombrellini.
Lo percorro col naso in su fotografandone molti, poi mi accorgo delle didascalie e inizio a leggere.
Qui è esposta la storia della Cina attraverso i progressi nell’agricoltura e nell’industria a partire dalle antiche tecniche tuttora utilizzate, in contrasto con le industrie alimentari moderne che nutrono un miliardo e mezzo di cinesi e che possono nutrire tanti altri abitanti della Terra.
Ci sono i cereali (sopratutto grano e riso ) c’è il tè che amo e che qui ha la sua culla e migliaia di varietà, coltivate con una dedizione quasi religiosa da oltre 5.000 anni.
E ci sono le prospettive future a volte incerte di quella che vorrebbe mostrarsi al mondo come una democrazia in erba, ma che lascia ancora poca libertà ai suoi abitanti. Che a parole tutela l’ambiente ma di fatto scarica in aria e nelle acque i peggiori agenti inquinanti. Che ha perseguito l’urbanizzazione come un obiettivo ma con conseguenze drammatiche, sull’ambiente e gli stili di vita, che i cinesi negano e che arrivano fino a noi in occidente.
Un pannello mi lascia sbigottita, lo leggo prima in inglese e incredula lo leggo pure in italiano. In sintesi dice questo. Per risolvere le questioni legate … alle condizioni di vita dei contadini l’urbanizzazione è un’ottima soluzione che promuove uno sviluppo sociale armonico. Dal 1978 al 2013 la popolazione delle città è aumentata da 170 a 730 milioni, l’urbanizzazione è aumentata dal 17% al 53%, il numero delle città è passato da 193 a 658… E presenta due possibili modelli: Yonglian come modello di integrazione tra urbanizzazione e industrializzazione, Yaxi come villaggio ecologico con uno stile di vita lento e un maggiore sviluppo delle tradizionali attività agricole. Mi peso a una bilancia che dovrebbe dirmi quanto la mia dieta è equilibrata e mi dice ok. Avanti così. Mah.
Poi salgo tante scale e mi trovo alla terrazza con vista, confusa da tanta opulenza.
Meno male ho visto un pezzetto di Cina con i miei occhi. Tanto grande e tanto diversa da questo.
COLOMBIA – Il primo padiglione che ho visitato ha aperto le porte al mio gruppetto di blogger martedì 9 giugno alle ore 11 con una splendida degustazione di caffè dei migliori, coltivato in montagna e processato con una tostatura dolce adatta ai palati di tutto il mondo ma che va ancora spiegata agli italiani, da sempre estimatori del caffè espresso per abitudine, poco avvezzi a caffè diversi. Un vero peccato perché in italia l’espresso è mediamente buono con punte d’eccellenza e sicuri punti di riferimento per i cultori e i consumatori appassionati, ma non è sempre buono. All’estero l’espresso fa mediamente schifo quindi il mio consiglio è di affidarsi sempre al prodotto locale e assaggiare i caffè come quelli in degustazione al padiglione Colombia, che dal punto di vista sensoriale ed emozionale hanno da offrire molto di più.
Dopo la degustazione siamo belli carichi e svegli, affrontiamo così la seconda parte del percorso, una discesa in ascensore con illustrazioni interattive dei piani termici colombiani, uno stupendo viaggio che ci mostra una varietà paesaggistica e ambientale estesa per quasi seimila metri…
dai 5.775 m slm della Sierra Nevada de Santa Marta attraverso brulle montagne e altipiani, foreste tropicali e ricche coltivazioni, la capitale Bogotà a oltre 2.000 m slm e i tesori artistici delle città coloniali (come Cartagena e Barranquilla) con i miei vecchi ricordi di viaggi per lavoro, quasi vent’anni fa.
Cerco Ciudad Perdida sulla cartina sognando di arrivare in questa città sperduta e affascinante in parte simile a Machu Picchu, anche se i cinque giorni di trekking nella foresta necessari per raggiungerla non sono certo un incentivo per la mia schiena stanca e affaticata. E per arrivare a 6000 metri ci sono le immagini video profondamente blu che ci portano sott’acqua, per esplorare i fondali di un mare ricco e relativamente poco noto. Prima dell’uscita ci fanno assaggiare cioccolato amaro e ammirare gli oggetti dell’artigianato locale, un tripudio di colori e sapori.
ARGENTINA – Questa strana nazione del Sudamerica, ampia prima stretta poi, con la capitale più europea di tutto il continente, la mia amata Buenos Aires, ha almeno il 40% degli abitanti di origine italiana.
Il padiglione parla proprio di coloro che hanno costruito l’Argentina moderna, non solo italiani, con i sacrifici e le fatiche, i successi e gli “achievement” soprattutto in campo agralimentare. Vi sono ricostruzioni storiche delle migrazioni a bordo di grandi navi, che molto somigliano alla fuga dalla povertà oggi drammaticamente attuale, e video che raccontano i successi in enologia e frutticoltura, allevamento e progressi scientifici. Molto americano, molto pro industria. Un padiglione che fa pensare ma che non mi ha emozionato più di tanto. Mi emoziona di più la sosta al ristorante che farò alla prossima visita per degustare i menù attrattivi e cheap!
AZERBAIJAN – è un padiglione assai divertente e colorato se posso definirlo così.
Parla della regione caucasica con i suoi ambienti incontaminati e i prodotti della terra, buoni e genuini.
Ma gioca parte del suo fascino su installazioni luminose e giochi interattivi per i visitatori vecchi e nuovi.
EMIRATI ARABI UNITI – da un Paese che sfrutta il petrolio da relativamente poco tempo e con esso si è arricchito, riuscendo persino a proporsi come destinazione turistica anche solo per pochi giorni di passaggio da Dubai (ma c’è molto di più da vedere negli Emirati tutti!!), mi aspettavo installazioni più sfarzose.
Invece – ma non è una critica – è stata giocata la carta dello sfruttamento delle risorse in chiave di sostenibilità e prospettive future. Un ingresso seminascosto mostra i problemi e le soluzioni legate all’utilizzo (soprattutto) dell’acqua e al suo sfruttamento economico. All’interno un video intelligente trasporta i visitatori avanti e indietro nel tempo mostrando una famiglia degli Emirati come vive oggi, in confronto a cinquant’anni fa.
L’irrigazione goccia a goccia è quasi un’ossessione nel pesi del Medio Oriente. Il gioco, perché di gioco si tratta, è interessante e ben fatto, se non fosse che la cantatina finale rovina tutto, ma io odio queste manifestazioni American style quindi questa è l’unica mia possibile risposta.
KAZAKHSTAN – un’altra nazione ricca che ha giocato la carta della promozione con grandi mezzi e dispiego di tecnologie, il Kazakhstan è finora uno dei miei padiglioni preferiti anche quando espone i problemi ambientali dovuti a una gestione allegra e poco oculata del territorio, per esempio ai tempi dell’Unione Sovietica, raccontando lo scempio forse irreversibile compiuto sul lago Aral.
Dopo un racconto della storia kazaka fatto di parole profonde e delle immagini plasmate sulla sabbia da una bravissima artista…
ci vengono mostrati con orgoglio i frutti della terra: mele, cereali, poi storioni guizzanti in una vasca d’acqua dolce monitorata minuto per minuto, accanto alla quale si mostra la truce produzione del caviale.
Guide preparatissime ci raccontano tutto tenendoci quasi blindati, poi a intervalli regolari siamo catapultati in un teatro dove, muniti di occhialini 3D, viaggiamo nelle immense steppe kazake a bordo di una navicella spaziale, partendo e tornando ad Astana, la modernissima capitale che nel 2017 ospiterà una tanto attesa Expo, celebrata da ulteriori pannelli e spazi espositivi. Una visita avvincente.
CLUSTER FRUTTA LEGUMI – comprende Benin, Gambia, Guinea, Guinea Equatoriale, Kirghizistan, Congo, Sri Lanka, Uzbekistan, Zambia. Non visto.
CLUSTER SPEZIE – comprende Afghanistan, Brunei, Tanzania, Vanuatu. Non visto.
ISRAELE – nutrivo grande curiosità per un padiglione scenografico da fuori, con un giardino verticale e grande esposizione di piante che, se opportunamente coltivate e “coccolate”, possono crescere in climi difficili tanto da permetterne la raccolta e il ricambio anche durante i sei mesi di Expo. Israele inoltre è uno dei miei luoghi del cuore: nei due viaggi passati ho visto cose belle e brutte eppure non vedo l’ora di tornarci per esplorarne le due estremità, nord e sud.
Intruppati nel miglior stile militaresco ascoltiamo la presentazione multimediale di un ragazzo bravo e preparato che gioca davanti e dietro lo schermo posto all’ingresso, parlando con la bellissima modella israeliana Moran Atias testimonial del paese. Entriamo e ugualmente intruppati passiamo lunghi minuti davanti a un video che ci mostra la bravura degli israeliani a rendere coltivabile la loro terra, in buona parte arida, grazie ai metodi e alle tecnologie più moderne sia per il trasporto di grandi masse d’acqua (dal fiume Giordano per esempio) sia per il suo utilizzo in agricoltura e altre attività economiche. L’irrigazione goccia a goccia è nominata come l’innovazione che salverà il mondo nonostante mi risulti che sia utilizzata da decenni, e ora giustamente esportata con successo in tante nazioni assetate d’acqua. Ottime notizie ma nulla di nuovo sotto il sole, io ho trovato tutta questa storia una propaganda grande ma vuota. E so cosa significa lo sfruttamento delle acque del Giordano per i Palestinesi. Mi fermo qui.
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1 Commento
Norma Gadina
Grazie. Andrò a ottobre e adesso so come muovermi. NORMA.