Giovedì 07 07 – Questa lunga giornata inizia con un transfer di quasi 6h al mattino, la pista è piena di pozze e fango dovuti alla pioggia. Il Gobi è davvero un deserto diverso dal Sahara, riunisce bei paesaggi dai mille colori ma in condizioni climatiche durissime.

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Noi lo vediamo nel suo massimo splendore ma viverci dev’essere difficilissimo, specialmente d’inverno. Ci fermiamo solo per le pause fisiologiche, niente foto, da qualche giorno pranziamo sullo Uaz. Al primo centro abitato ci fermiamo per ritirare soldi in banca.

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A Erdenedalai, nel primo pomeriggio, visitiamo il pregevole monastero di Gimpil Darjaalan.

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L’interno presenta arredi e paramenti colorati, testi sacri antichi, parasoli, tamburi e altri strumenti musicali per la puja, una teca per le offerte, l’immagine dell’attuale Dalai Lama che nel 1992 venne qui in visita. All’esterno vi è un portone d’ingresso in legno decorato, tettoia a pagoda e tegole di mattoni, poggiate su travi di legno dipinte.

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Il complesso è protetto dai venti del deserto tramite un’alta staccionata di legno. Con l’arrivo dei russi le attività furono camuffate e il complesso divenne un luogo di mercato, furono anche nascosti gli oggetti sacri. Oggi vi operano pochi monaci, di età compresa tra 16 e 90 anni, dopo la visita guidata Bothro mi spiega che con una piccola offerta possiamo chiedere una preghiera personalizzata secondo le ns esigenze. Chiedo un aiuto per il mio lavoro, verso 1.000 TUG, i monaci ci mettono in fila tutti e sei per farci pregare con loro.

 

Poi Bothro esaudisce il ns desiderio di visitare un’altra gher, dove ci accolgono sei ragazzi in età scolare a cui volentieri doniamo penne e quaderni, e una madre di 40 anni (ne dimostra ben di più). Assaggiamo formaggio secco e yogurt, parliamo in inglese con loro, ora sono in vacanza ma da settembre andranno a scuola. Hanno una sorta di college al sum che li ospita durante la settimana, non oso immaginare come ci si muova qui d’inverno con il gelo e le strade ghiacciate.

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Sono gentilissimi e hanno sicuramente piacere di parlare con noi, ma a un certo punto ci congedano gentilmente “dobbiamo andare a lavorare”.

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Usciamo insieme, i ragazzi allontanano i cuccioli e radunano gli adulti, legano le femmine per le corna con una lunga corda e le dispongono su due file di fronte le une alle altre, dopo averle bloccate si accucciano ai loro piedi per mungerle in modo rapido e razionale.

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Gianni vede una capra scappare e l’insegue di corsa fino in cima alla collina ma lei con un guizzo gli sfugge e lui stramazza al suolo. Applausi.

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Infine raggiungiamo Middle Gobi camp “in the middle of nowhere”, prima di cena faccio due passi con Serena e scopro che la vasta distesa verde intorno al camp, dall’aroma caratteristico, è di erba cipollina. Siamo Lost in Mongolia ma per l’ultima volta, purtroppo.

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La stufa nella gher è alimentata con sterco di cammello. A fine serata ci scateniamo tutti insieme a ballare nella sala ristorante, finché staccano la corrente e andiamo a dormire.

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