Essere invitata a una degustazione di caffè monorigine è un onore, parteciparvi è un piacere. Milani è una torrefazione di Como che fino a poco tempo fa conoscevo di nome, e per le belle botteghe del caffè del capoluogo lariano. Lo scorso ottobre, alla fiera HOST di Milano, Milani ha organizzato una degustazione di sei monorigine abbinati a pasticceria fine, centrifughe e succhi di frutta: una colazione completa, sana ed elegante per stupire il proprio partner o viziare un cliente.

Nell’unirmi agli altri partecipanti ho notato con grande piacere sulle schede con i profili sensoriali, il logo del Centro Studi Assaggiatori di Brescia. Per me è stato come fare un balzo nel tempo a dieci anni prima, quando proprio col CSA ho conseguito il Master in Scienze dell’Analisi Sensoriale, un percorso incentrato non solo sull’analisi sensoriale del vino, ma anche su studi approfonditi di altri alimenti e bevande. Ho fatto la tesi sui profili sensoriali di tè pregiati, ma ho apprezzato tantissimo anche lo studio e la valutazione dei profili sensoriali del caffè. Ma veniamo alla degustazione.

 

Le note olfattive sono il primo tratto distintivo di un caffè di qualità e possono aiutare a definirne l’origine, ma anche l’occhio vuole la sua parte, con l’esame della tessitura e le sfumature della crema tra il marrone chiaro e il nocciola.

 

La fase gustativa, con le componenti amaro, acidità, astringenza e corpo, completa l’assaggio e permette di definire il profilo sensoriale del caffè.

Spetta infine all’esperienza di chi ce lo propone proporre il caffè migliore nei vari momenti della giornata, e naturalmente accostarvi il dolce più adatto, proprio come si fa con l’abbinamento cibo – vino. I caffè migliori crescono a latitudini tropicali, negli altipiani sino a 2.000 metri s.l.m., dove le giornate calde e umide si alternano a notti più fresche. Tutta la filiera contribuisce alla qualità del prodotto finito: un caffè monorigine è espressione del territorio e delle condizioni pedoclimatiche, ma anche della lavorazione del chicco, della torrefazione e infine della “mano” del barista che lo prepara (manualità e macchina).

 

Il nostro viaggio nel gusto si svolge tra l’America Latina, l’Africa e l’Asia. Tutti i sei monorigine sono 100% Arabica. Guatemala Genuine Antigua è fruttato, corposo ed equilibrato. Brasile Santos Cereja Madura ha un delicato aroma di pane tostato, una leggera acidità, armonia e dolcezza. Portorico Yauco Selecto è pieno e corposo all’esame gustativo, con un retrogusto di spezie e cioccolato. Etiopia Sidamo è caratterizzato dal profumo intenso, ma ha soprattutto un aroma ricco e un gusto speziato (cannella, cioccolato). Papua Estate Plantation è delicato all’olfatto, ha un gusto leggermente acido con note fruttate.

Non assaggiamo il Giamaica Blue Mountain in questa occasione, ma per come lo ricordo io posso immaginare che sia leggermente acido con note erbacee e vegetali, caratteristiche dell’America Centrale.

Sono molto soddisfatta di questa esperienza e soprattutto della possibilità di abbracciare, anche mentalmente, l’idea che il caffè espresso diventi sinonimo di pausa di gusto, per prenderci il tempo di assaporare senza fretta, assieme al caffè, il suo complemento ideale, sia esso un cornetto, una fetta di torta o una torta al cioccolato.

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