Quando siamo pronti per partire il corrispondente mi porta i documenti del tour appena svolto, lo pago e ci diamo appuntamento alle ore 11, prima di andare in aeroporto, per i saluti. La partenza per Varanasi è prevista alle ore 14 salvo ritardi così oggi ci godiamo un paio d’ore libere e andiamo a passeggio per KTM con in mano la guida LP. In effetti la capitale nepalese nasconde tesori inaspettati dietro insegne di negozi, agli angoli di strade anonime, intorno a palazzi mal tenuti. Pare che UNESCO si preoccupi di ripulire solo la piazza, impressione che ho avuto più di una volta in questo viaggio. Siamo molto compiaciuti di avere avuto quest’opportunità e quando proprio non possiamo più rimanere, a malincuore ci avviamo all’hotel. L’ultima partenza è concitata, c’è sempre qualcuno che approfitta per allontanarsi e sparire mentre il corrispondente distribuisce i suoi regalini: sciarpette bianche per tutti e per me un set di doni ancor più sostanzioso (sciarpona rossa e agenda di carta di riso – bellissima!).

Arriviamo presto in aeroporto, ma che confusione: appena scendiamo con i bagagli un prode nepalese si fa avanti per darci una mano. Li colloca su quattro carrelli, ci conduce al check in, indica dove andare a fare il visto, consiglia di seguire la fila della business class (vuota) invece che l’economy (piena) e poi manco a dirlo chiede una mancia. Che sfinimento, ma in India sarà ancora peggio e posso solo avvisare i miei compagni di viaggio che conviene adeguarci allo stile, stando attenti solo a non farci fregare. La cosa più inquietante è che al check in, inflessibili come impiegati tedeschi, ci informano che a bordo possiamo portare UN bagaglio e non c’è verso di spiegare che in alcune borse ci sono cose delicate, che potrebbero rompersi o altro… niente. Arrabbiati ma rassegnati, avvolgiamo nella pellicola i bagagli privi di lucchetto, li consegniamo e proseguiamo mettendoci in due file ordinate per i controlli, uomini e donne, separati (!!!) . Naturalmente c’è di nuovo un motivo per discutere: oltre il metal detector ci bloccano e “sequestrano” le classiche cose che abbiamo tenuto con noi: pinzette, forbici, coltellini, e batterie della macchina fotografica. Io non ho nulla di tutto ciò ma per oltre 1h devo fare la spola tra il gruppo e gli impiegati, che infine danno tali materiali alle hostess in consegna. Ce li renderanno, mostrando la carta d’imbarco, all’arrivo a Varanasi. L’ultima attesa si consuma guardando un tabellone che invece dei dati del volo mostra informazioni inutili. Appena vediamo alzarsi gli altri passeggeri capiamo che l’aereo è stato annunciato, prima di salire facciamo nuovamente due controlli: gli uomini alla porta anteriore e le donne a quella posteriore, con nuove rimostranze delle hostess che non vorrebbero prendere in consegna i nostri coltellini, batterie ecc.

Ma ce la facciamo, a bordo si sta bene e anche in volo vediamo gli amati 8.000, gli altipiani e le vallate, e infine avvicinandoci a Varanasi scorgiamo tra la foschia la grande madre degli Indù: mama Ganga ci aspetta. Sono stanca, mi sento la febbre ma con due pastiglie sto subito meglio. Passiamo altri controlli per passaporti e visto, alla spicciolata arrivano i bagagli, ritiriamo i sacchetti con coltellini e batterie e usciamo. Eccoci in India, ed ecco che ci vengono incontro due persone diverse con il cartello di benvenuto e la pretesa di guidarci in città, con un po’ di trambusto sistemo il gruppo nel pulmino giusto, carichiamo i bagagli e andiamo in hotel, bello anche se è collocato in una strada anonima e lontana da tutto.

Usciamo subito e scendiamo per effettuare la prima escursione in barca. Non voglio parlarne molto perché solcare le acque del Gange di sera è un’esperienza mistica, unica e indescrivibile. Nel percorso a terra tra vicoli stretti super affollati di uomini e animali, tra le barche che remando silenziose avvicinano i ghat dove si svolgono i riti della cremazione e della puja, seguiamo i fedeli e i turisti in una delle cerimonie più belle a cui io abbia mai assistito. L’importante è stare in silenzio per sentirsi parte integrante di una cerimonia, millenaria e sincera, a cui si può assistere solo qui a Varanasi, nella città sacra degli indù.

A malincuore torniamo a terra per cenare, stanchi e frastornati. La guida viene al ristorante e consegna le rupie che ci ha cambiato a un tasso conveniente e mi spiega che il mattino dopo usciremo alle 5, per tornare a vedere l’alba sul fiume Gange. Con questa prospettiva rientriamo presto in hotel, a bordo di 4 tuk tuk con il brivido del traffico indiano. Buona notte!

Inoltre vi consiglio di leggere...

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. Required fields are marked *