Mercoledì 9 ottobre 2019 cambiamo di nuovo scenario, più volte. Prendiamo persino la pioggia al mattino, un acquazzone estivo che ci rinfresca, riporta poi il sole più caldo e ci fa apprezzare la bellezza della Costa Viola. 

Il colore violetto del mar Tirreno ci accompagna per verso sud. Tropea è la città più famosa, meritatamente, ma anche altre località meritano, non solo come soggiorno balneare. 

Oggi superiamo la metà del cammino attraversandone il punto centrale, Lamezia Terme, dove casualmente c’è l’aeroporto nonché principale porta di accesso alla regione Calabria. 

Scigliano è bella anche la mattina, guardate innanzi tutto il BB dove pernottiamo. 

Consta di quattro stanze ricavate nel vecchio panificio del centro, è stato ristrutturato rispettando l’architettura originaria, con vecchi mobili e complementi d’arredo in stile. Io ho una stanza grande a cui si accede dal cortile interno con la legnaia, oltre la quale una piccola corte porta alle scalette per salire in terrazza. Ogni stanza ne ha una. Salgo e scendo, temo che sbuchi un topolino tra la legna ma per fortuna non ne vedo. 

Scigliano è un borgo silenzioso e al mattino si respira pace. Dobbiamo camminare un quarto d’ora per fare colazione in paese. Il bar si trova su uno slargo con un giardinetto, abbellito da statue, con un grande balcone che dà sulla vallata con una grande vista. 

E poi si parte per il fiume dove ci attende un’immersione nella storia della Via Popilia. 

IL PONTE ROMANO SUL FIUME SAVUTO

A passeggio nella storia la Calabria è un saliscendi tra futuro e passato. Il ponte sul fiume Savuto ha 2200 anni ma non li dimostra, assieme a quello sull’isola tiberina a Roma è il ponte romano più antico tuttora in piedi. 

E ha dimensioni importanti, infatti misura 22 metri di luce per 11 metri d’altezza. 

Forse è stato restaurato in epoca medievale e per le sue ardite proporzioni è pure chiamato ponte del diavolo. Io ho avuto un po’ di paura a salirci sopra! 

Mi piace tutto qui: la passeggiata di quasi mezz’ora in discesa lungo il bosco, la chiesetta dove si apre la spianata e la vista sul ponte. Soprattutto mi piace essere noi qui, soli soletti. E se piove pazienza.

Quando l’associazione Via Popilia fa le rievocazioni storiche si radunano ad assistervi centinaia di persone, per tutto il giorno, poi si mangia e ci si diverte. Ed è tutto diverso.

PIZZO CALABRO

Il 13 ottobre 1815 Gioacchino Murat viene fucilato a Pizzo Calabro, nel castello aragonese. 

Murat è stato re di Napoli e cognato di Napoleone Bonaparte, nelle sale del castello svevo normanno molti cimeli e documenti ne raccontano la vita e la morte. Una collezione di interesse storico su un periodo in cui l’Europa cambiava molto e l’Italia divisa soffriva, prima di avviarsi all’indipendenza. 

Pizzo ci accoglie con il suo splendido mare in tarda mattinata. Lasciato il pulmino alle ultime curve della strada prima del centro passeggiamo fino alla piazza principale, piena di negozi e piena di gente. Il balcone che guarda verso sud è affollato da italiani e stranieri, per la prima volta abbiamo tante persone attorno a noi, mi sento quasi a disagio. 

In piazza assaggiamo il tartufo di Pizzo, delizia del palato che da un anno è stato certificato primo gelato IGE. 

Un riconoscimento al lavoro di artigiani come Antica pasticceria Belvedere, attiva da oltre un secolo. 

Il titolare (sono alla quarta generazione) ci mostra passo passo come si fa. Eccovi alcune immagini.

Io non lo mangio, ho paura della bomba calorica che rappresenta ma sono sicura che il tartufo sia ottimo, a giudicare dalle facce dei miei amici e pure dai loro gridolini di piacere. E dopo la visita al castello ripartiamo.

SANT’ONOFRIO

A metà pomeriggio ci aspettano in Contrada Vaccarizzu, nel luogo dove quasi 70 anni fa, nel 1952, fu scoperto il cippo omonimo. Prima andiamo a passeggio in vista del mare su una strada asfaltata da pochissimo, che porta al Popilia Resort. Mi sarebbe piaciuto dormire qui, lo confesso, perché l’hotel fa capo a una notissima famiglia di imprenditori conservieri di nome Callipo, un nome che è sinonimo di sostenibilità e rispetto nella lavorazione dei prodotti ittici. Bel paesaggio e terra fertile. 

Il paese non si vede, ci fermiamo solo per la cerimonia altamente simbolica, che coinvolge i Lions e la comunità locale fra cui il sindaco Onofrio Malagò (con relativo selfie), oltre a noi camminatori sulla Via Popilia. 

L’emittente locale Vibonews riprende i discorsi di rito e ci chiama in causa, intervistando tutti noi camminatori, uno a uno. Ecco il video preso da Youtube:

Ma cos’è il Cippo di Sant’Onofrio? E dove si trova? La seconda domanda è facile, vedere oltre, al museo di Vibo Valentia. 

VIBO VALENTIA

Le immagini del pomeriggio si chiudono al museo archeologico, dove ci comunicano che siamo ufficialmente entrati nell’anima greca della Calabria, con tutta la sua ricchezza ben conservata, anzi pietrificata. Il cippo di Sant’Onofrio dà il benvenuto ai visitatori all’esterno del museo.

Valentia nome greco, vibonese nome dell’area che oggi è persino una provincia. Il castello normanno ospita il museo ed è già un motivo per la visita. Di grande pregio i beni archeologici conservati ci danno uno spaccato della civiltà greca, fiorita per secoli prima che i Romani prendessero il sopravvento. 

Seminara sarebbe carino da visitare ma arriviamo di sera, stanchissimi, e facciamo fatica a districarci in paese. Non ci fermiamo e cerchiamo un agriturismo dove ci aspetta Giuseppe Spinelli, un padrone di casa speciale, con dei cani grossi ma per nulla aggressivi a fare la guardia. 

La lunga ricerca, prima di arrivare a casa di Giuseppe, ci porta per strade di campagna, uno sterrato e un tratto stretto con un piccolo dirupo, vorrei quasi scendere anche perché non sappiamo davvero dov’è. Avete presente i film di Leonardo Pieraccioni? O per restare qui al sud, quelli di (e con) Rocco Papaleo? 

L’unica auto che incrociamo ha una persona stressata al volante (primo e ultimo episodio di questo tipo) che non sa dov’è l’agriturismo e dice che deve correre in paese…

Che grande padrone di casa è il nostro Giuseppe! Accogliente, orgoglioso, generoso a parole e nei fatti. Ci dà tante cose buone da mangiare, racconta com’era la sua Calabria prima dell’unificazione dell’Italia e non nasconde una amara nostalgia per come sarebbe stata la storia, per come avrebbero potuto andare le cose. Fatico a scrivere questo dopo il tempo che è passato perché, meno di un mese dopo, Giuseppe ci ha lasciato in un modo tragico e improvviso, cadendo dal suo trattore, lasciandoci una forte eredità e identità calabrese che dobbiamo sperare prosegua. 

Guardate questa giornata con gli occhi di Leonardo:

Stamattina sono in una struttura molto spartana vicino a Palmi, dove ho dormito, in mezzo a diecimila ulivi e sette labrador che ti circondano festosi. Sembra una specie di Albergue sulla via di Santiago, una casa di caccia per giovani scout ed un rifugio di montagna. Lui, il Professor Spinelli, per noi Giuseppe, è un agronomo, ospite sapiente e bravo cuoco (la cena calabrese di ieri sera era squisita), ex professore di liceo, ex scout e tante altre cose. Attualmente, visionario per professione (come lo Spinelli del manifesto europeo di Ventotene, per esempio) e, soprattutto, calabrese tenace. Uno di Quei vecchi che decidono di tornare in Calabria a restituire qualcosa ai suoi conterranei; primo fra tutto, la “bellezza di lottare”, anche a ottant’anni, contro i mulini a vento. Un coltissimo Don Chisciotte di Calabria. Lottare anche contro chi gli ha bruciato gli olivi ed i muri, nella convinzione che alla fine tutto serva a costruire un futuro migliore per questa terra: un’economia di turismo sostenibile e consapevole, ad esempio. Ieri abbiamo ammirato sotto la pioggia il bellissimo ponte romano sulla via Popilia. È un arco perfetto e leggero sul fiume Savuto che sembra ancora molto solido. Un perfetto “ponte del diavolo”. Solo lui, pensavano i contadini, può far star lassù, a trenta metri, queste pietre. In questo luogo, in antichità si incontravano i discendenti delle tribù degli Osci, greci e cittadini romani per le loro feste bucoliche. Bollivano capre nei pentoloni di bronzo e bevevano il frutto del mosto delle loro viti. Poi un salto “goloso” alla gelateria Belvedere di Pizzo Calabro. Il loro tartufo è l’unico gelato ad Indicazione Geografica Europea (IGE) nel mondo! Sta accanto al castello svevo – normanno, a picco sul mare, dove Murat, il coraggioso ed elegante generale (coi capelli ricci) di Napoleone, finì fucilato dopo il 1815 senza più la corona di re di Napoli, tornata ai Borboni. E poi a camminare ancora lungo la Popilia. Perché è lì a Pizzo, che si discosta dal mare e dalla via Domiziana per tagliare il promontorio di Tropea. C’è stato anche l’incontro con il sindaco la TV e le autorità, accanto al luogo dove un contadino ha trovato una delle poche evidenze archeologiche della via Popilia. Il cippo di Sant’Onofrio. Poi ancora l’incontro, nel museo di Vibo Valentia, con i sacri luoghi della Magna Grecia. Oggi ancora cammino e bellezza. 

Le tappe dell’itinerario a piedi

  • Tappa N 8 Ponte romano sul fiume Savuto – Martirano Lombardo – San Mango d’Aquino km 21
  • Tappa N 9 San Mango d’Aquino – Nocera Terinese – Falerna – Gizzeria – Lamezia Caronte km 29
  • Tappa N 10 Lamezia Caronte – Curinga km 18
  • Tappa N 11 Curinga – Francavilla Angitola – Pizzo Calabro km 24
  • Tappa N 12 Pizzo Calabro – Sant’Onofrio – Vibo Valentia – Mileto km 26
  • Tappa N 13 Mileto – Rosarno km 16
  • Tappa N 14 Rosarno – Gioia Tauro – Palmi (Seminara) km 26

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Il 13 ottobre 1815 Gioacchino Murat viene fucilato a Pizzo calabro, nel castello aragonese. Murat è stato re di Napoli e cognato di Napoleone Bonaparte, nelle sale del castello cimeli e documenti ne raccontano la vita e la morte. Pizzo ci ha accolti con il suo splendido mare e una grande piazza dove assaggiare il famoso tartufo di Pizzo, delizia del palato che da un anno è stato certificato primo gelato IGP. Un riconoscimento al lavoro di artigiani come Antica pasticceria Belvedere, attiva da oltre un secolo

Istantanee da Scigliano, immagini di stamattina. A passeggio nella storia la Calabria è un saliscendi tra futuro e passato. Il ponte sul fiume Savuto ha 2200 anni ma non li dimostra, assieme a quello sull’isola tiberina a Roma è il ponte romano più antico tuttora in piedi. E ha dimensioni importanti, infatti misura 22 metri di luce per 11 metri d’altezza. Forse è stato restaurato in epoca medievale e per le sue ardite proporzioni è pure chiamato ponte del diavolo. Io ho avuto un po’ di paura a salirci sopra! Istantanee da Vibo Valentia, immagini del pomeriggio quando al museo archeologico ci hanno comunicato che qui siamo ufficialmente entrati nell’anima greca della Calabria, con tutta la sua ricchezza ben conservata, anzi pietrificata, seguirà un post dedicato (con citazione di Loredana Bertè) . E con l’orgoglio calabro ben conservato, nonostante molti oggi remino, voce del verbo remare, contro. E chi ha orecchie eccetera

Post in collaborazione con: 

http://www.laviapopilia.it/ 

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