Comunicata al gruppo la mia disavventura e l’inesistenza della coppia Guido e Leonardo, fantomatici ragazzi di un altro gruppo che dividevano la stanza con noi, ci si divide, io con Roberta, il resto del gruppo insieme. Dopo aver ottenuto sguardi di stupore dall’antipatica lituana della reception, diversa da quella dell’arrivo, telefoniamo all’Ambasciata italiana che ci chiede di sporgere denuncia e portare delle foto, tenendo conto che gli uffici sono aperti solo fino alle 12.30. Ci dirigiamo verso il più vicino posto di polizia in Kurfürstendamm, suoniamo ad un videocitofono e ci troviamo in un tunnel che, tramite una stretta scalinata, ci porta in una sala dove cerchiamo di spiegare l’accaduto ai primi poliziotti tedeschi che ci fanno sedere, in attesa di trovare qualcuno che parli inglese. Roberta mi è di grande aiuto, una bella e giovane “gendarmessa” ci fa accomodare in una stanzetta, ci procura 2 sedie, e dà il via all’interrogatorio; la mettiamo al corrente che un povero turista italiano è stato derubato di una valigia sita in una stanza di una pensione di Berlino, capitale della ricca Germania. Il fatto che la stanza fosse chiusa a chiave la induce a dichiarare che si tratta proprio di un problema serio e cataloga il furto come “crimine di serie A”, di cui si occuperà la polizia criminale; con un sorriso mortificato ci congeda, assicurando che qualcuno andrà a trovare i russi della pensione e ci avvertirà in caso di sviluppi del caso. Sono ancora le 10 e tentiamo di verificare se nelle stanze del 4° piano sia rimasta traccia della mia valigia; l’antipatica lituana prende le chiavi e ci guida nelle stanze, non esiste passe-partout e più volte apre stanze che risultano occupate; allora, grazie ai nostri suggerimenti, procede bussando. Puntiamo poi verso l’Ambasciata in Hiroshima Strasse, accanto a quella giapponese (ricordi della Triplice Alleanza?), di fronte a un bel parco. Formulo la mia richiesta, compilo un modulo, fornisco una foto e in un quarto d’ora ottengo un passaporto temporaneo che mi permetterà di attraversare Svizzera ed Austria per tornare a casa. Alle 12 riprendiamo il bus 200, incontriamo quasi tutti gli altri davanti alla Filarmonica, e ci dirigiamo insieme verso Potsdamer Platz, risorta nel 1994, 5 anni dopo la caduta del Muro che passava proprio qui. In quello che era uno spazio deserto ora tutto richiama alla modernità, si vede l’estro e il genio di molti famosi architetti, tra cui Renzo Piano, chiamati a contribuire alla creazione di quello che può ben essere definito il prototipo delle città del XXI secolo. E così lo spazio è riempito dalla Daimler City, complesso multifunzionale con alti palazzi in vetro con geometrie spigolose e impossibili, con all’interno Imax-Kino, la sala cinematografica con schermo alto 7 piani, che purtroppo sfioriamo solo con lo sguardo. Un altro colosso che colpisce è sicuramente il Sony Center, nato nel 2000, con la sua meravigliosa copertura a vela che lascia intravedere il cielo; la fontana al centro rende più interessante questo snello agglomerato di vetro e acciaio. Ci dirigiamo verso la vicina Porta di Brandeburgo; i bus sono già deviati per la festa di domani sera così camminiamo fino al simbolo di Berlino osservando un’enorme distesa in costruzione di blocchi di granito alla destra della Porta, che costituiranno il Museo all’aperto della Rimembranza. Superata la Porta, ormai è l’una, alcuni del gruppo si siedono sui divani dello storico Hotel Adlon, molto raffinato ma caro, mentre noi consumiamo un buon caffè ed un pasticcino da Starbucks, sul lato opposto della Unter den Linden. Visti gli interessi diversi ci dividiamo ancora dandoci appuntamento per la sera; con Rosetta, Marietta ed Alessandro ci dirigiamo alla metro puntando verso Sammlung Berggruen, elegante palazzina – museo dedicato a Picasso, che ha di fronte il Museo Egizio con Nefertiti mentre sullo sfondo si staglia il bel Castello di Charlottenburg.

Il museo che visitiamo è stato creato da Heinz Berggruen, collezionista amico di Picasso il quale ha donato alla propria città una collezione di 69 dipinti a percorrere tutti i periodi dell’artista spagnolo, dagli schizzi del pittore diciassettenne agli ultimi quadri della maturità. Le opere sono esposte sui 3 piani e dividono gli spazi con opere di Klee, Braque e Giacometti. I miei angeli custodi mi accompagnano al KaDeWe, il grande Magazzino che si estende su 8 piani dove dovrei riprendermi il maltolto, ci concentriamo solo sui primi 2 per acquistare una valigia semirigida, calzini, boxer e rasoio. Alle 19 torniamo in pensione da dove usciamo dopo più di un’ora, complici le solite incomprensioni sulla cassa comune ed il pagamento della pensione. A piedi arriviamo a Savignyplatz, zona verde piena di bei ristoranti, locali e abitazioni; la nostra meta è Dickie Wirtin, una trattoria molto fumosa, ma con una stanzetta riservata per noi, dove tutti insieme formiamo una bella tavolata, ed anche il cibo non è male, anzi.

Finalmente mangiamo in un locale di e per tedeschi, avevo un ricordo chiaro e netto della Pasqua 1992 passata qui con i miei e stasera sono molto orgogliosa quando varco nuovamente la porta di Dickie Wirtin, e lo rivedo tale e quale l’avevo lasciato, incluso il bancone in legno scuro e le decorazioni con specchi e vecchie stampe. Addirittura Rosanna “ammette” che stasera siamo in un bel locale, dandomi un po’ di soddisfazione. Mangiamo assai bene e spendiamo poco, cosa possiamo desiderare di più? In realtà un po’ rimpiango i miei caldi luoghi di vacanza, le bettole dove si mangia l’uno di fianco all’altro, i ristoranti etnici che pure qui abbondano. Com’è possibile che nessuno dei miei 13 ragazzi abbia voglia di provare la cucina esotica e tutti vogliano mangiare tedesco, quando ciò si riduce a scegliere tra carne di manzo o maiale e contorno di cavoli o patate?

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