Si è appena conclusa la Primavera del Prosecco, manifestazione che in queste settimane ha messo in mostra i produttori e i territori del Prosecco, in castelli e borghi, per le strade e nelle piazze. Nella giornata di chiusura che si è svolta a Follina lo scorso 11 giugno sono stata invitata assieme ad altri blogger e instagramer della mia regione, ad assaggiare il vino icona del Veneto. Questa era però solo una scusa, sarebbe stato troppo facile partecipare a una degustazione. Così in una domenica di metà giugno calda ma limpida ho fatto un’esperienza nuova in uno dei miei luoghi del cuore, la zona dove da quarant’anni la mia famiglia ha una casetta ma che non ho ancora esplorato abbastanza, o che ho visitato tanti anni fa.

Andare in bici da Follina a Revine è stato bellissimo perché per quasi tutti i 12 chilometri di percorso della Valsana, all’andata siamo stati su una ciclabile che corre sulla vallata parallela alla strada provinciale, lontano dai pericoli e dal rumore (al ritorno infatti eravamo sulla strada in fila indiana e dovevamo fare molta attenzione alle auto). Gli sterrati e i saliscendi erano “importanti” ma la pedalata assistita – una nuova esperienza per me – mi ha aiutata a non fare molta fatica, a godermi il paesaggio naturale e le opere dell’uomo piccole, antiche, semplici come si fa qui nelle Prealpi trevigiane. Dicono che potrei fare quasi cento chilometri in un giorno con la batteria carica, non ho voglia di arrivare a tanto ma se con questo aiuto posso fare più del mio massimo (30 – 40 chilometri) lo prenderò in considerazione. Ecco cosa abbiamo visto in questa giornata, slow ma non troppo.

Innanzi tutto devo lodare la pazienza dei miei compagni su due ruote Letizia e Mauro,Roberta e Roberto, Federico e Beniamino, Fabio la guida e le organizzatrici Lara e Gloria, che potrebbero andarsene in sella ai loro bolidi neri e invece mi aspettano pazientemente sorseggiando un caffè… lungo! Arrivo all’appuntamento di Follina con oltre mezz’ora di ritardo, e oltre al cazziatone degli organizzatori (che mi meriterei) mi aspetterei una corsa della serie “arrangiati, muoviti che ti abbiamo aspettato fin adesso”. Invece dopo la consegna di mezzi e caschetti e le spiegazioni del caso partiamo con calma, andiamo piano per prendere confidenza con la pedalata assistita (mi ci vuole quasi un’ora per padroneggiare il mezzo) e ci fermiamo spesso per fotografare.

Ci fermiamo al delizioso borgo di Mura con gli edifici in pietra a vista, attraversato dal fiume Soligo emissario dei laghi di Revine, abbellito da una cappella con affreschi cinquecenteschi e da una curiosa scultura dedicata a un insetto importante e sottovalutato, lo scarafaggio. Gli animali più utili qui sono però i numerosi batraci che sentiamo gracidare… e se stanno bene loro sta bene l’ambiente, insomma non dovrebbe essere molto inquinato nonostante le attività agricole e i non lontani insediamenti industriali. Speriamo che se ne ricordino i miei compaesani quando cercano il massimo profitto in agricoltura, perché la natura prima o poi glie lo fa notare o si vendica. E sarebbe meglio evitarlo. incrociamo orde di ciclisti della domenica come noi, con la stessa attrezzatura e il nostro stesso entusiasmo. Che bello il turismo slow, quante cose si vedono al passo lento, pedalando e respirando aria buona, è una vera esperienza per i cinque sensi che sto facendo sempre più spesso e non mi stanca mai, anzi.

Zennaro per caso quelle sono patate rosse? La domanda a bruciapelo esige da parte mia questa risposta diplomatica : “Ragionevolmente sì, ce ne sono sia bianche sia rosse” e apprezzo che la facciano a me. Mi chiamano per cognome dato che siamo ben tre Robert* nel gruppo. Che bello infilarsi tra i campi di mais e di patate che esibiscono i loro fiori per noi. Gai e Tovena, i successivi paesi, hanno una manciata di case sul fondovalle e conservano ricordi accomunati da un numero tondo, 100, che è anche l’anniversario della Grande Guerra combattuta intorno al vicino fiume Piave “Sacro alla Patria”. Da qui parte la strada dei Cento Giorni, il tempo in cui gli Austriaci la costruirono, i tornanti tuttora arditi che portano su al Passo San Boldo, la provincia di Belluno che si apre dall’altra parte. Un’altra possibile gita con panorami del tutto diversi e tanto da vedere, montagne non proprio ardite come le Dolomiti ma altrettanto interessanti. Il San Boldo non arriva a mille metri, invece li superano il Pian de le Femene, il monte Cimone e il Col Visentin, che arriva a 1.763 metri slm.

I saliscendi sono tutti qui, quando stiamo imboccando uno sterrato a uno di noi si sfila la catena ma si ferma al sicuro. Io mi eclisso all’ombra di un albero e ne approfitto per twittare mentre gli altri si prodigano nella ricerca del pezzetto perduto che, incredibilmente, si ritrova e subito viene rimesso a posto. Acquisita la padronanza del cambio e del menu io affronto con gioia il percorso facendo attenzione solo quando devo camminare con il manubrio in mano, quant’è pesante la bicicletta? Sono dodici chili in più della bici normale (per la pedalata assistita), fateci caso e fate attenzione a governarla. A sinistra c’è un piccolo vigneto, a destra un bosco dove distinguo noccioli e querce in cui pedaliamo ristorati dalla frescura, mentre al sole fa caldissimo. Abbiamo intorno a noi lo stesso bosco di latifoglie che si trova dall’altra parte della provinciale, dove i boschi salgono fin sopra i mille metri e la vegetazione cambia, con più conifere e spazi aperti che un tempo ospitavano alpeggi, ora chissà… Trovare il bidone del latte a bordo strada è sempre più difficile mentre quarant’anni fa, quando venivo su le prime volte, era molto comune, e le latterie sociali avevano la migliore materia prima per fare tanti tipi di formaggio. Il casaro sarebbe una bella attività estiva per i nostri ragazzi no? Meglio pedalare… Pedalando giungiamo alla tappa finale, un lago anzi due: Lago di Lago e Lago di Santa Maria nel comune di Revine, un bacino di origine glaciale in un paese così vivace che in tutte le stagioni ha qualcosa da offrire, infatti è visitato da locali e forestieri. I miei due appuntamenti preferiti sono d’inverno le processioni del Presepe vivente che si tengono negli ultimi giorni dell’anno, e d’estate il Lago Film Fest in programma a fine luglio, tra un mese, quando Revine ospiterà proiezioni di cortometraggi e documentari. Non ci sono mai andata nelle passate edizioni, sarà questa la volta buona??

Siamo qui per visitare quello che secondo me è un fiore all’occhiello della cultura della mia regione, un luogo curato da dieci anni, accessibile a grandi e piccoli, importante per avere consapevolezza della nostra storia, la più antica. Al Parco Archeologico Didattico del Livelet è ricostruito fedelmente nel suo contesto un villaggio preistorico con tre palafitte di diversi periodi storici (Neolitico, Età del Rame, Età del Bronzo) arredate al loro interno con gli utensili e tutto l’occorrente per cucinare, mangiare, dormire, d’estate e d’inverno. Migliaia di anni fa la natura svolgeva il suo corso e ogni giorno gli uomini dovevano lottare contro gli elementi per portarsi a casa il necessario per vivere. Praticavano agricoltura, allevamento, caccia e pesca come dimostrano i ritrovamenti. Non doveva essere facile, ma in questa posizione erano disponibili molte risorse e vivere sull’acqua costituiva una protezione da diverse minacce. La ricostruzione parte dai reperti archeologici (utensili e strutture abitative) nella vicina Colmaggiore, tiene conto di testimonianze da altri insediamenti della stessa epoca esistenti in Italia, anche se in alcune parti del mondo esistono popolazioni che tuttora vivono su palafitte. Ci troviamo in un SIC, Sito di Importanza Comunitaria, in questo museo a cielo aperto vi sono percorsi didattici e laboratori di archeologia, postazioni per osservare gli uccelli, aree di sosta e picnic. Dalla sponda del lago gli scorci sono eccezionali con tante tonalità di blu e verde, ninfee e canneti sull’acqua (parte di un ecosistema composto da piante e animali, ricco e delicato) dove il cielo si riflette, mentre a nordest si intravede l’altipiano del Cansiglio, altra meta interessantissima ricca di natura e storia.

L’acqua (non solo il vino) sarà d’ora in poi il filo conduttore del nostro percorso, quando lasciamo le sponde del lago sulla via del ritorno a Follina. Pranziamo in compagnia del presidente delle UNPLI, le ProLoco che tanta parte hanno nello sviluppo e valorizzazione dei territori rurali, da ringraziare ogni volta che ci fanno scoprire le gemme nascoste dietro casa e soprattutto da ammirare per il loro lavoro quotidiano. Allunghiamo la pedalata per passare in piazza a Cison di Valmarino, ma quanto l’hanno restaurata? Non era più bella una volta con un’aria antica (o vecchia), vera, genuina? Ora ci manca solo il tappeto rosso sull’asfalto, sembra di essere in attesa di un ospite importante, insomma come direbbero i nostri vecchi “troppa grazia sant’antonio”… Se avete tempo salite a Castelbrando godetevi il lusso e la vista tutto intorno, noi facciamo due foto e ci rimettiamo in sella. Siamo in uno degli ultimi nominati Borghi più belli d’Italia, così come (da tempo) lo è Follina dove abbiamo tanto da fare ma prima… molliamo le bici e ringraziamo Fabio per la preziosa presenza.

Assieme all’associazione Visit Follina innanzi tutto diamo uno sguardo alla bellissima abbazia cistercense che, dall’alto dei suoi ottocento anni di vita, finalmente si avvia a un radioso futuro nel segno dell’apertura e della continuità culturale. I suoi scorci più famosi vengono dal chiostro ma l’imponente esterno e la bianca chiesa sono altrettanto belli. A settembre per i concerti in abbazia ci sarà un ospite affezionato, il grandissimo Uto Ughi, mi piace ricordare anche Alessandro Tortato, un grande studioso di storia, mio esimio concittadino che spesso viene qui in qualità di direttore d’orchestra. Oltre alla cultura l’ospitalità è di prim’ordine a Follina, con l’hotel Abbazia (Relais & Chateaux) dotato di ristorante stellato e un’offerta di alberghi e ristoranti per soddisfare tutte le esigenze. Il nome stesso della cittadina ne descrive il legame con l’arte laniera che proprio i monaci cistercensi vi introdussero, forti delle vie d’acqua ancor oggi presenti fuori e dentro il centro, e che trecento anni fa è diventata un’attività industriale grazie ad investimenti esterni e alla tenacia degli imprenditori locali. Le manifatture purtroppo sono andate in crisi e ora operano in un contesto globale totalmente diverso, dove l’unica via è specializzarsi e puntare in alto, verso prodotti di lusso per una clientela di nicchia. Lanificio Paoletti è per me il sinonimo di questa epopea, attivo sin dal 1795 ha la storica fabbrica vicino al centro e mi spiace vederlo solo da fuori. La via della lana e la via del ferro si incrociano come si incrociano i corsi d’acqua, acque ora placide ora impetuose, fonti di energia e per secoli vie di trasporto di merci e persone.

Ora però basta acqua, è ora di brindare alla fine di una giornata slow solo sulla carta. Palazzo Barberis sede per questi giorni della Primavera del Prosecco, si trova accanto alla piazza del Municipio e ha un cortile con pergola, un fresco portico e tanti tavolini dove ci servono un calice di Prosecco freschissimo, profumato, leggero. Siamo alle ultime battute, anzi alle ultime note della Primavera del Prosecco che qui è stata declinata proprio in musica “Sulle note del Prosecco Superiore DOCG”. E non è finita, a luglio potremo tornare quassù per nuovi eventi e degustazioni: venerdì 7 luglio si terrà il gala di premiazione delle cantine vincitrici della Primavera del Prosecco; sabato 8 luglio a Farra di Soligo la Latteria omonima e quattro piccole latterie locali ospiteranno la Notte Bianca, un abbinamento di formaggi e vini con spettacoli e degustazioni guidate. L’invito è aperto a tutti gli appassionati, sarà un’occasione di incontro e confronto tra prodotti e produttori. Ci sarà una fresca estate ad accoglierci?

Per saperne di più:

http://www.lagofest.org/

http://www.parcolivelet.it/

http://visitfollina.it/

http://www.laviadellalana.it/

http://www.lanificiopaoletti.it/

http://www.primaveradelprosecco.it/

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