Domani è il 29 maggio e come ogni anno a Potenza si celebra la Storica Parata dei Turchi, in ricordo di un avvenimento che mescola storia e leggenda. Nel dodicesimo secolo a fronte dell’arrivo dell’esercito turco alle porte della città, impreparata all’assedio, il vescovo Gerardo la Porta avrebbe invocato la protezione di una schiera di angeli che avrebbero cacciato gli invasori. Il condizionale è d’obbligo e alcune cose non combaciano ma questa storia mi ha affascinato ancor prima di mettere piede nel capoluogo lucano. Gerardo era di Piacenza e ne era stato vescovo ma nella città emiliana non ne ho trovato molte testimonianze. E quindi mi attengo alla devozione dei potentini e agli onori che gli riservano ogni anno.

Ho avuto l’onore di vedere la parata dei Turchi due anni fa, anzi vi ho proprio partecipato sfilando con oltre mille figuranti in costume, potentini e non, indossando uno splendido abito rosso da dama del Cinquecento. Accanto a me c’era un notabile vestito di blu, il carissimo Piero che sento tuttora con l’idea di rivederci, giù da lui, su da me, chissà. Piero non solo mi ha preso la mano per alcune ore, nel lungo tragitto in salita dallo stadio, lungo via Pretoria e sino alla chiesa di San Gerardo. Mi ha presentato i suoi numerosi amici, chiacchierando (tra una foto e l’altra) coi vicini di sfilata che rappresentavano i notabili locali, abbigliati con costumi di varie epoche dal Medioevo all’Ottocento. Per me è stata un’esperienza incredibile e – spero – ripetibile, sono stata fortunata, lo so, ma ci ha messo lo zampino APT Basilicata (che oggi ringrazio nuovamente). Mi ha ospitato per promuovere il territorio e ha organizzato alla perfezione il mio soggiorno a Potenza. Adesso vorrei partecipare ad altre sfilate e manifestazioni in costume, ovunque esse siano. Vi ho avvisati…

Ho aspettato due anni a scrivere questo post per tanti motivi, a partire dal cumulo di emozioni che mi sono trovata addosso dopo l’evento. Perché ne hanno parlato e scritto altri, come la Gazzetta del Mezzogiorno che mi ha dedicato una pagina intera con intervista e immagini. Perché dopo questa domenica indimenticabile siamo venute via da Potenza e abbiamo iniziato un mini tour in giro per la bella Basilicata, che sui social ho chiamato Explore Lucania, ricco di attività: il volo dell’angelo sulle Dolomiti Lucane, il ritorno a Matera (dopo un anno) per toccare nuovamente le sue antiche pietre e alcuni giri nei dintorni tra paesi fantasma, piccoli borghi e soprattutto tra le genti lucane, sempre accoglienti. Ci siamo proprio divertite io e la mia amica di viaggio Paola, anzi secondo me lei si è divertita di più a godersi lo spettacolo, mentre io non potevo nemmeno tenere il telefono in mano, figuriamoci immortalare la storica parata dei Turchi…

Domenica 29 maggio abbiamo appuntamento nel primo pomeriggio al BB per scendere allo stadio, il pranzo è servito nel cortile dove lunghi tavoli di legno sono imbanditi. Dalla sottostante cantina escono pentoloni di cibo e vino che assaggiamo assieme agli altri commensali, è davvero una allegra compagnia. Il vestito rosso mi sta a pennello ma non devo spennellarmi il volto, al trucco e parrucco penseremo quando saremo giù.

Potenza è infatti una città verticale, vi sono scale e scalette ovunque, leggere e ripide, antiche e moderne. L’ultima è una creazione recente e così ardita da suscitare continue polemiche: una scala mobile lunghissima che in questo momento però mi fa comodo. Ci vuole più di mezz’ora per giungere allo stadio cittadino, il campo sportivo Viviani, brulicante di gente impegnata nei preparativi della parata. L’aria è già elettrica per tutti, noi che ne siamo “protagonisti” e coloro che seguiranno la sfilata. I figuranti rappresentano non solo diverse epoche storiche, ma tutte le classi sociali dalle più umili alle più importanti: bambini e vecchi, laici e prelati. Poco male se non conosco quasi nessuno, i potentini mi fanno compagnia e discretamente facciamo amicizia. Essi devono avere un pizzico di sangue nordico perché sono ben lontani dalla media del calore del sud, soprattutto nel linguaggio del corpo, ma attenzione! Questo è un fatto positivo per me che non ho mai amato abbracci e smancerie varie, partendo di preferenza da una calda stretta di mano e lo sguardo verso l’altro, occhi negli occhi, quando ci si conosce e pure quando ci si saluta. Quindi mi trovo proprio bene con loro, accuso solo la fatica di alternare lunghi tempi seduta e in piedi, ora al caldo del prato ora al fresco degli spogliatoi dove passano tutti, prima di uscire.

Coloro che dirigono le operazioni ci fanno sedere sugli spalti per un’altra lunga attesa, in relazione ai ruoli ricoperti da ciascuno di noi. E sapete quando tocca a me scendere? Quasi per ultima perché il gruppo di nobili a cui appartengo (!!!) praticamente chiuderanno la sfilata e arriveranno su alla fine. L’ultima attesa è sul prato verde, da metà pomeriggio il sole è meno caldo e quando scende verso l’orizzonte fa freschino ma il calore umano è sufficiente per scaldarci. Credo di essere partita con il mio gruppo dopo le ore venti, la salita richiede praticamente tre ore ed è una camminata a passo lento, con frequenti soste. Siamo circondati da ali di folla, eccitata dal nostro passaggio ma mai rumorosa, come se qualcuno vegliasse su di noi e gli umani avessero paura del giudizio divino. Ho davvero questa sensazione. Sono ammessi altri rumori, perché parte dello spettacolo: lo squillare delle trombe e i rulli di tamburo, con giocolieri e sbandieratori che fanno i loro numeri. Ci salutano dalle finestre delle case, ci vengono incontro coloro che preferiscono alternare questa visione al divertimento nelle piazze adiacenti, dove scorrono nuovamente fiumi di vino rosso e si balla la tarantella.

Faccio fatica a tenere il passo, soprattutto nel tratto finale, ma c’è qualcuno che fa più fatica di me. Come i portatori della iàccara, pesantissimo fascio di canne intrecciate che parte per primo dallo stadio, assieme alle due carrozze che portano il Gran Turco e la statua di San Gerardo. Attraversano per primi il cuore di Potenza e la iàccara, giunta a piazza Sedile, viene issata a mano prima che un baldo giovane vi salga sopra per darle fuoco. Rimane così tra gli applausi della gente, a bruciare sino al giorno dopo in modo controllato e sicuro finché si ridurrà a un mucchietto di cenere. Il turco e il santo finiscono in chiesa per la benedizione finale da parte del vescovo. C’è tutta la città e anche ospiti che sono venuti da fuori, ma nei giorni seguenti alcuni amici lucani confessano di non averla mai vista, strano no? Io stessa però non ho mai visto alcune importanti manifestazioni veneziane, dev’esserci un tarlo in molti di noi viaggiatori che ci fa fare tanta strada per alcuni eventi e non ci fa vedere quelli dietro casa! L’ultima storia che vorrei si scrivesse sulla parata dei Turchi è l’iscrizione tra i beni immateriali UNESCO. Chissà se andrà a buon fine?

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