Esattamente un anno fa ho rivisto Luisa dopo gli anni dell’università, più di venti, un tempo infinito che ci ha riportate per caso a chiacchierare a Valvasone nella sua cantina. Durante una degustazione, alla fine della gita dell’angolo di Venezia (parliamo di Avventure nel Mondo) in provincia di Pordenone.

Seppure lei fosse super impegnata ci siamo ritagliate un piccolo tempo di chiacchiere, un riassunto delle rispettive vite, così diverse ma non lontane, incentrate sugli anni di studio e sugli amici con cui abbiamo condiviso questo bellissimo viaggio di crescita. Lei a Udine ha trovato marito, che oggi è l’enologo aziendale e si chiama Nicola, hanno messo su famiglia (proprio una bella famiglia).

Ha preso in mano un’azienda che, giunta alla quarta generazione, ha attraversato il dramma del terremoto in Friuli del 1976 e da lì si è tirata su.

Ha tenuto la terra come perno delle attività e ha trasformato un’azienda agricola come tante, produttrice di uva e cereali, in una piccola splendida cantina che controlla tutte le fasi produttive. Ora Borgo delle Oche vende vino in Italia e all’estero e scommette nel futuro (assieme ai figli) nel segno della continuità.

Avrei delle foto nostre dei tempi di Agraria ma glie le mostrerò in privato, forse oggi abbiamo facce più belle, dall’alto dei nostri 50 anni suonati.

Già le foto: sono mie quelle di Valvasone e della cantina, sono sue quelle del vigneto.

Ma cosa produce Borgo delle Oche? Dove si trova? Vi faccio un breve riassunto e poi le do la parola.

BORGO DELLE OCHE

Ci troviamo a Valvasone (PN) nella zona DOC delle Grave del Friuli.

Su dieci ettari di proprietà sette sono dedicati al vigneto. I vitigni autoctoni e internazionali, a bacca bianca e rossa, sono vinificati nella cantina situata nel centro del paese, poco lontano dal castello medievale.

La conduzione del vigneto è fatta nel massimo rispetto dell’ambiente, con trattamenti fisici e meccanici come il diserbo meccanico sottofila, rame e zolfo per la difesa biologica.

Io sono una tipa da vini rossi e vi consiglio caldamente di assaggiare Merlot e Cabernet Sauvignon, da soli in purezza o assemblati. E il mio amato Refosco.

Per le caratteristiche del terroir dove ci troviamo i vitigni aromatici danno ottimi risultati, meritano quindi altrettanta attenzione i bianchi come Sauvignon e Traminer, Pinot grigio e Malvasia, Friulano e Verduzzo, ancora vinificati in purezza o assemblati. Hanno infine uno spumante e un passito. Piccoli numeri, ottimi vini.

Fanno un po’ di affinamento in legno, le schede tecniche spiegano tutto.

Se un giorno in Borgo delle Oche troverò un vino affinato solo in acciaio, o perché no nelle anfore che amo e vedo in giro sempre più spesso, ne sarò felice (io intanto glie l’ho detto).

Se volete fermarvi qui a dormire la famiglia Menini ha il BB omonimo, in centro al paese.

DOVE SIAMO

Valvasone è uno dei Borghi più belli d’Italia e nonostante siamo nel mezzo della pianura friulana, a quasi cento chilometri dalla Serenissima, ha qualcosa di veneziano, un piccolo marchio di fabbrica.

Valvasone si trova vicino al corso del fiume Tagliamento.

Richiama Venezia nei pregevoli edifici e nelle chiese, nelle calli e nelle piazze…

E soprattutto nell’acqua che scorre in ordinate canalizzazioni.

C’è molto legno, ponticelli, mulini, ecco questo non è propriamente un tratto veneziano…

Ma è bello da vedere, a testimoniare l’importanza delle vie d’acqua in passato.

Il duomo, intitolato al santissimo corpo di Cristo, è ovviamente la chiesa più grande.

Ma la mia chiesa preferita si raggiunge con una passeggiata fra i portici del centro, è dedicato ai Santissimi Pietro, Paolo e Antonio Abate ed è impreziosita da un chiostro quattrocentesco.

Qui sorgeva il convento dei Serviti. Qui intorno si estende la morbida campagna friulana.

Ricordiamo sempre che nel 1976 questa zona ha subito danni enormi dal terremoto ma ne è uscita più bella di prima, paradossalmente, grazie ai restauri e alle ricostruzioni che ci permettono oggi di rivedere la regione Friuli, bella come e più di prima.

Domina il centro storico il castello gotico rinascimentale dei Conti Valvason, possente fuori e articolato dentro.

Merita senz’altro una visita alle varie parti, superiore e inferiore, dove il mobilio e gli affreschi narrano i secoli di storia locale e le vicende dei suoi abitanti, tuttora domiciliati qui. Ma la chicca finale è il suo piccolo delizioso teatro settecentesco, in legno dipinto.

Un posto dove ti siedi ad ascoltare la guida, col naso all’insù.

Dal 2015 Valvasone si è unito ad Arzene per formare un comune unico.

Ecco ho finito di parlare io, ora tocca a Luisa. Buona lettura.

1 Chi sei – dove ti trovi? Raccontaci qualcosa di te e del tuo vino.

Sono Luisa Menini dell’azienda Borgo delle oche di Valvasone Arzene (PN).

Il nostro vino nasce per realizzare una vera passione mia e di mio marito Nicola (enologo dell’azienda).

Poter costruire un progetto legato al nostro territorio, stabilendo un rapporto speciale con la natura, cercando di ascoltare e seguire i ritmi imposti senza forzare nulla.

L’azienda è nata nel 2004 ma era già presente, seppur molto diversa, nella mia famiglia da più di 100 anni.

Dalla vendita di cereali e uva siamo poi passati alla vinificazione di tutte le nostre uve per produrre quello che ora è il Nostro Vino, quello che abbiamo sempre desiderato da quando ci siamo conosciuti.

Nicola mio marito era già enologo ed io, seppur studiando, mi occupavo dell’azienda agricola di famiglia.

Con il tempo ci siamo appassionati al progetto di vinificare le nostre uve, che hanno sempre avuto nel territorio una marcia in più. Il segreto era racchiuso nella cura e dedizione della cara persona che lavorava le vigne, un grande amico di famiglia che mi ha insegnato tantissimo.

2 L’arte di fare il vino nasce nella vigna e si sviluppa in cantina. E poi cosa c’è dietro un grande vino?

Ti sei risposta già da sola: un grande vino NASCE IN VIGNA. Poi bisogna stare ben attenti a non rovinare tutto in cantina. Lunghi affinamenti sui lieviti ed uso del freddo.

3 Come è cambiato il vino? E come è cambiato il tuo lavoro negli ultimi anni? La tecnologia è uno strumento necessario o si può farne a meno?

Per fortuna il vino è cambiato e lo ha segnato l’evento del 1986 del metanolo. Da lì si è ripartiti con il miglioramento della qualità che poi ha seguito le mode, non sempre positive (ricordo negli anni 90 l’uso spropositato del legno). Ora il livello qualitativo si è alzato, grazie anche all’uso della tecnologia.

Credo sia importante usare ciò che può migliorare la qualità del vino e la tecnologia è fondamentale: utilizzo di macchine che non rovinano l’uva ed il mosto, che pressano l’acino come se fosse fatto manualmente con due dita della mano. L’uso del freddo, controllando per ogni vasca la temperatura tramite PC (quello che facciamo noi) ti permette di capire se qualcosa non va, ad esempio se si blocca il frigo.

Il mio lavoro in vigna invece è cambiato in senso contrario.

Ho eliminato certi lavori meccanici per tornare a farli a mano (sfogliatura, spollonatura, vendemmia).

Ho ridotto l’uso di prodotti chimici che ora sono quasi a zero, infatti il diserbo è solo meccanico.

La lotta agli insetti è basata sui feromoni per la confusione sessuale, è pertanto ecosostenibile.

I prodotti usati sono spesso quelli di 40 anni fa: a base di rame (poltiglia bordolese), letame in pellet o normale (quando si trova).

4 Raccontaci una bella esperienza e un brutto episodio legati al tuo lavoro di vignaiolo.

Bello di sicuro è lo stare in vigna con altre persone a lavorare. E poi viaggiare.

Il vino ti porta a conosce luoghi e persone davvero interessanti (bellissimo il viaggio in Giappone).

Il brutto episodio che si è ripetuto qualche volta e che ti porta a stare davvero male per giorni, tanto che non hai nemmeno il coraggio di entrare in vigna per non stare male ancora, è la GRANDINE.

Abbiamo avuto negli anni dei danni che hanno sfiorato anche il 100% e le sensazioni sono: tutte le ore (si parla di 350/400 ore all’anno) passate al freddo a potare, più le ore sul verde a scegliere i tralci e i germogli migliori, per poi vedere tutto svanito in 15 minuti.

Nessun lavoro ha questo grado di rischio e per decidere di farlo deve esserci una VERA PASSIONE.

5 Fare il vino significa anche uscire dall’azienda per far conoscere le persone e il territorio “dietro” una bottiglia. Dove porterai il tuo vino nei prossimi mesi?

Per ora lo portiamo a Piacenza al Mercato dei vini FIVI, prodotti dai vignaioli indipendenti, federazione a cui apparteniamo da 7 anni e ne siamo fieri. Poi Bordeaux il salone dei vini.

Inoltre spediamo vino in Spagna e Austria, Olanda, Danimarca, Belgio, oltre che in Francia.

6 È possibile visitare la tua cantina? E dove possiamo assaggiare il tuo vino?

Certo, accogliamo gruppi anche numerosi fino a 30/40 persone.

Potete trovarlo in ristoranti e wine bar, in Italia o all’estero. La nostra bottiglia l’abbiamo vista al salone dei vini di Bordeaux insieme ad altre 5 che rappresentano l’Italia (siamo in 6). Non ho idea di come sia arrivata lì.

7 Una piccola provocazione: se fossi ministro dell’agricoltura cosa faresti per agevolare il lavoro del vignaiolo?

RIDURRE LA BUROCRAZIA PRESSANTE E GLI STESSI CONTROLLI FATTI DA 8 ENTI DIVERSI.

Se sbagli una virgola in un documento rischi una multa assurda!!!

Trovo inoltre l’inserimento della tabella nutrizionale e degli ingredienti sull’etichetta UN GRANDE STUPIDAGGINE. Abbiamo già l’obbligo di segnalare gli eventuali allergeni (solfiti) da sempre, ma la tabella nutrizionale “Anche no”!

8 Consiglieresti a un giovane di fare il vignaiolo? SI – NO – Perché?

SÌ MA SOLO SE HA UNA GRANDE PASSIONE, altrimenti no tutta la vita.

È una bella fortuna poter stare all’aperto così tante ore, oltretutto la salute ne beneficia molto.

NdR – Luisa scrive alcune parole in maiuscolo, le lascio così per sottolineare una volta di più la sua passione di donna del vino. A presto cara, sei (siete) bravissima. Grazie, mandi! Roberta, Bobo per gli amici dell’università.

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