16 agosto 2014 (bus, piedi)

Siamo in piedi già alle ore 5,30 per vedere la processione dei monaci in tunica arancione, immagini indelebili ma che mi emozionano solo fino a un certo punto. Peccato ma non posso farci nulla.

Sedute ai tavolini all’aperto della nostra guesthouse, io e Paola li vediamo passare davanti a noi in fila.

Sono decine, centinaia: scalzi, ordinati, silenziosi. Reggono tazze da riempire con riso.

Sono diretti ai rispettivi templi dove trascorreranno la giornata in preghiera.

Non è uno spettacolo o una cosa turistica, è la loro vita reale.

Siamo stati nei pressi della guesthouse, ognuno con i suoi pensieri pronti da riavvolgere poi come un nastro.

Ci riuniamo e in silenzio prepariamo i bagagli per iniziare la nostra lunga giornata di trasferimento.

Siamo diretti a Phonsavan, oggi staremo tanto sul pulmino.

Salutiamo l’antica capitale laotiana con un pizzico d’amarezza. Il traffico in uscita da LP è scarso ma le strade sono abbastanza brutte da costringerci a procedere a 30 km/ ora, tra curve e saliscendi.

Ci dirigiamo a sud circondati da paesaggi incredibili, la quintessenza di questa porzione del continente asiatico, l’Asia che amo. La vegetazione è lussureggiante, le montagne verdissime sono ricoperte di foreste dalle forme bizzarre dovute alle coperture vegetali. Un tempo dovevano essere ignude con i pinnacoli scuri che abbiamo visto a nord del paese, ce ne sono anche in Cina.

Siamo a 1500 metri slm, l’aria di montagna è secca, in pieno giorno fa caldo ma ora è freddo.

Attraversiamo villaggi molto poveri dove i bimbi poco vestiti vivono in catapecchie o capanne. Però sorridono.

I suddetti bimbi ci corrono incontro in cerca dei nostri doni, penne e saponette, non caramelle! Alcuni scontano l’emarginazione della disabilità, non dev’essere per nulla facile affrontare problemi vitali in queste condizioni, cose che già sono difficili da noi.

L’autista si ferma per fare colazione, noi mangiamo i cibi nel box della guesthouse, prendiamo solo da bere a un baracchino: bevande calde, caffè e uno strano tè salato.

Per ore rimaniamo a bordo del pulmino mangiucchiando qualcosa e tenendoci uniti, stiamo bene insieme.

Scendiamo per poche pause fisiologiche, uomini da una parte, donne dall’altra. I bagni a volte sono puliti a volte no e in questo caso la “Natural toilet” nella foresta è meglio.

A un bivio giriamo a sinistra in direzione Phonsavan ed entriamo in una parte del Laos che finora hanno visto pochissimi gruppi L-C. Di solito si gira a destra per Vang Vieng. Qui siamo solo noi.

Una pioggia scrosciante ci accoglie ma non ci impedisce di ammirare nuovi paesaggi, sempre più belli. Pare di essere in Svizzera. Su morbide colline e in ampi spazi pianeggianti pascolano mandrie di bovini, tanto inaspettate quanto la vegetazione con piante diverse, tra cui molte conifere con chiome a punta e altre tondeggianti, tipo pini marittimi. Alle ore 14 superiamo Phonsavan e siamo in vista della Piana delle Giare.

Su una cinquantina di siti ve ne sono tre attrezzati per le visite, oggi visitiamo i più lontani, N 2 e N 3.

Imbocchiamo una stradina laterale sterrata e ben presto il van si ferma, dobbiamo proseguire a piedi ma per quanto tempo dobbiamo camminare? Mezz’ora? Un’ora? Staccandomi dal gruppo mi sento un po’ persa ma loro, i miei Fantastici Compagni di Viaggio, mi raggiungono a bordo di un tuktuk di passaggio che ci porterà su al sito. Solo all’andata, poi è impegnato, ma dove cavolo deve andare??

Passiamo un quarto d’ora accoccolati sul cassone, rinfrescati dall’aria e in vista di lagune, campi coltivati, terra verde, boschi, mucche. Bellissimo.

Il tuktuk ci ferma alla biglietteria vuota, il bigliettaio non parla inglese, al vicino baretto prendiamo delle bibite fresche, pago ed entriamo. Siamo al sito N 2. L’autista del tuktuk sale con noi, nel frattempo ci raggiunge il van con Terry che sorride e ci saluta con la mano.

In salita raggiungiamo un bosco e una gradinata oltre la quale, tra i campi coltivati, si apre una spianata con tante giare misteriose di grandi dimensioni. Le foto si sprecano, vogliamo fissare le immagini e parliamo poco, avvolti dallo stupore.

Qua e là pietre rettangolari portano la scritta MAG – Mines Advisory Group. I campi minati sono una brutta eredità della guerra che ancora causa il ferimento di chi ci passa sopra inavvertitamente.

MAG è un progetto congiunto nazionale e internazionale, con fondi del ministero del turismo e di UNESCO, che dal 2004 ha promosso lo sminamento del sito.

Sono state eliminate le mine intere (centinaia) e i frammenti (centinaia di migliaia di pezzi) per rendere la piana delle giare un luogo sicuro, a beneficio dei Laotiani e dei visitatori come noi.

Ogni pietra di cemento con l’acronimo MAG indica il luogo dov’è stata trovata una mina.

Vi assicuro che è impressionante e l’invito a non uscire dai percorsi indicati è quanto mai utile.

Siamo in mezzo al nulla in una landa desolata, teatro della guerra del Vietnam quasi cinquant’anni fa, quando tutto il Sud est asiatico fu scosso per sempre e milioni di persone pagarono con la vita il fatto di trovarsi qui.

Per un attimo ho un déjà-vu che mi riporta in Europa, in altri siti più antichi: Stonehenge in UK, dolmen, menhir, nei nuraghi in Sardegna circondati anch’essi da un’aura di mistero.

E facili da raggiungere, molto più che la Piana delle Giare in Laos.

Scendiamo al sito N 3 attraverso bei paesaggi, stavolta animati dalle sagome scure di grossi bufali infangati che ci guardano, stupiti dalla visita di dodici stranieri.

Nelle risaie che brillano al sole di metà pomeriggio una donna lavora, la fotografiamo.

Quante immagini iconiche abbiamo da conservare!

Alla seconda biglietteria, sempre vuota, paghiamo il biglietto e saliamo verso una nuova spianata, con un panorama se possibile ancor più bello.

Le giare stavolta si trovano in un boschetto, alcune giacciono a terra intere, altre fessurate o spaccate.

Molte sono piene d’acqua.

La magia pura è tutto attorno a noi, il sole scende e cambia i colori anche durante la nostra discesa a valle.

A quest’altitudine l’aria è più secca e anche la terra rossa lascia filtrare la pioggia, tornando polverosa e secca.

Il tuktuk ci ha aspettato alla biglietteria, saldo il servizio e ringrazio, ci ha veramente salvati.

Risaliamo felicissimi sul nostro van per tornare a Phonsavan dove passeremo la serata. Ma dove? Non abbiamo mica prenotato.

Sulla guida Lonely Planet ci sono diversi alloggi da scegliere, per tutte le tasche. Ci sarebbe per esempio un resort con vista sulla vallata ma è decisamente caro, meglio non proporlo. Lascio fare ai pax, leggiamo la guida e selezioniamo la guesthouse che fa per noi. Scendo con il cassiere Daniele a vedere le stanze in muratura e i bungalow, fuori sono delle belle sistemazioni sollevate da terra, dentro sono “molto basic”, spendiamo poco, l’equivalente di tre euro a testa (senza colazione).

Cambiamo la disposizione nelle stanze, beviamo una birretta nel relax preserale seduti su panche di legno. Siamo nello spazio comune della guesthouse “riscaldato” dal fuoco, pezzi di legno appoggiati sulla bocca di un cannone aperto a metà, riutilizzato in questo modo creativo.

Altre armi da fuoco giacciono accanto a noi, ricordi di guerra. Il gestore infine ci dà un malaugurato consiglio per la cena, andare in un vicino ristorante pizzeria a gestione italiana. OK per cambiare va bene, ma non ricordo questa come una bella serata. Marcello è un brillante genovese 58enne, scappato qui dopo avere mollato famiglia e affari in Italia, ora ovviamente ha una fidanzata laotiana. Caro e non buono il mio riso, cara la pasta al pomodoro, ma eravamo molto stanchi e ci siamo fermati nel primo posto utile. Subito dopo cena scappo via con tre pax, inorridita, gli altri restano a farsi abbindolare.

LUOGHI VISITATI

PHONSAVAN

Altra cittadina distesa su una striscia d’asfalto nella zona centro orientale del Laos, si raggiunge per strade scoscese ma si è ripagati da splendidi panorami totalmente diversi dal nord, con rilievi più dolci, distese di prati verdi in parte coltivati a risaie e in parte destinate all’allevamento di bovini.

Il clima frizzante quasi mitteleuropeo ci fa sentire più in Svizzera che in Laos, davvero un posto speciale. Ma perché siamo finiti qui? Per visitare la misteriosa… 

PIANA DELLE GIARE

Un’area di diversi kmq di ambiente stupendo (boschi, risaie, colline, coltivazioni diverse) dove si trovano disseminate nel terreno decine di enormi giare di pietra, pesanti alcune tonnellate, misteriose per tanti motivi. Innanzi tutto la pietra utilizzata proviene da una cava vicina ma anche da cave lontane decine di km, come siano arrivate qui è difficile da spiegare. La loro funzione, non chiarita, potrebbe essere di contenitori di derrate o urne cinerarie. Infine la loro datazione è incerta, attorno a 2.000 anni fa ma non ancora confermata. Vi sono tre siti principali collocati a 5 – 20 – 25 km da Phonsavan. Necessaria almeno mezza giornata per la visita, sono tutti siti diversi e consiglio di non saltarne nemmeno uno. Infine vale la pena venire qui perché questa zona, collocata presso il famigerato sentiero di Ho Chi Minh, fu teatro di asperrimi combattimenti durante la guerra del Vietnam, con gli hmong scesi dalla Cina che combatterono come mercenari e, si dice, si trovino ancora nascosti e non arresi, quarant’anni dopo la fine della guerra. Qui ci sono state migliaia di vittime, migliaia di mine sono rimaste nel terreno e, nonostante esso sia stato in parte sminato, è indicato chiaramente il divieto assoluto di uscire dai sentieri indicati. Si vedono anche tanti crateri di bombe.

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