Cosa fare in due giorni di fine estate al cospetto di sua maestà la Marmolada? Ve lo racconto con piacere perché i suoi tremilatrecento metri d’altezza sul livello del mare non devono spaventare. Punta Penia misura 3.342 metri slm, anche se alpinisti e sciatori vorranno sempre salire sulla cima e conquistarne le pendici più o meno brulle essa è una destinazione per tutte le persone e per tutte le stagioni, con alcuni tra i migliori scenari dolomitici, con storie millenarie da cercare alle sue pendici in paesi bellissimi, nelle forre scavate dai fiumi, nelle pieghe delle pietre. Ho appena passato un fine settimana a Rocca Pietore, ospite della famiglia Nesello che dal 1973 al Pineta Pastry Hotel porta avanti un modello familiare sempre in evoluzione. Non solo ospitalità in un quattro stelle perfetto fin nei minimi dettagli, ma anche pasticceria, ristorazione di qualità e un piccolo centro benessere per farci fare le coccole ventiquattro ore su ventiquattro. Quest’ultimo mi è piaciuto particolarmente perché assieme al consueto terzetto bagno turco – sauna – sala relax c’è molto di più. Una vasca idromassaggio enorme con cromoterapia e, udite udite, due piccoli ambienti che ho adorato: la stanza del sale e la stanza del fieno. Magari vi racconterò più in dettaglio chi sono e cosa fanno, perché i Nesello non sono la classica famiglia di albergatori ma molto di più. Nonostante il meteo non ottimale, ho fatto tutto il possibile e mi sono tenuta qualche visita per la prossima volta, per soddisfare la mia sempre accesa curiosità.
Arrivare giovedì pomeriggio in hotel a Rocca Pietore significa che ho appena il tempo di fare check in e poi devo scegliere: centro benessere o passeggiata. Scelgo la seconda, vado a Sottoguda in auto e imbocco subito i serrai… sul trenino. Quando bisogna scegliere e il tempo è tiranno meglio fare tutto aiutandosi coi mezzi di trasporto, sarà da pensionati ma pazienza, sapete quante cose si fanno così?? Salita a Malga Ciapela osservo gli orari della funivia che sale fino a Punta Rocca, penso che la prenderò domani anche se danno brutto tempo e si vede ben poco della Marmolada. Passeggio su una bella spianata semideserta con qualche vacca al pascolo, sono quasi le ore 18 e la pace regna sovrana. Io sto proprio bene quassù sulle mie montagne, dove c’è sempre una parte di me. Potrei stendermi sull’erba ad ammirare il cielo e cercare quello che so io. Potrei sedermi su un tronco d’albero a scrivere. Invece… non faccio foto, mi guardo intorno in silenzio e dopo mezz’ora pian piano scendo. I Serrai di Sottoguda sono stati formati dal torrente Pettorina alimentato da corsi d’acqua, dalla cascata di Franzei e tante altre cascate, di cui ora rimangono pochi rivoli. Vuoi per l’annata siccitosa, vuoi per i cambiamenti climatici, siamo di fronte a degli scenari diversi dal passato che stanno mutando con una rapidità preoccupante. Ci resteranno solo le opere dell’uomo, la chiesetta di sant’Antonio, la statua della Madonna? Speriamo di no, qui eravamo al confine durante la Grande Guerra ma da secoli queste sono terre di confine, contese tra popoli diversi che ci passavano in guerra e in pace. Forse ora è l’uomo che fa la guerra con la natura, che le chiede acqua d’inverno per innevare le piste da sci e d’estate, a valle, per coltivare i campi. Chissà se è giusto tutto questo, lo scopriremo solo vivendo e speriamo che non sia troppo tardi quando ce ne accorgeremo.
Sottoguda, frazione di Rocca Pietore, è uno dei borghi più belli d’Italia. Incastonato all’imbocco della valle stretta è caratterizzata dai tabià, le vecchie case e fienili in legno, stupendamente decorati con fiori e pupazzi a ricordo della storia e dei vecchi mestieri. Quando arrivo io c’è un gregge di pecore che si prepara a trascorrere la notte quassù. Io che amo loro e i loro pastori, ammirando la vita che fanno con tutti i sacrifici che comporta, impazzisco di gioia e cerco di capire per tutto il week end come avvicinarle. Saranno 300? Fanno una gran confusione e si sentono anche da lontano. Nei giorni successivi li ritroverò e scoprirò che la loro sosta dura quasi una settimana, che le pecore sono 2.000 (!!!) e i pastori parlano un italiano stentato, ma ci capiamo! Prima o poi voglio partecipare a una transumanza, settembre è il mese della discesa dall’alpeggio e si festeggia su tutto l’arco alpino, dalla Valle d’Aosta al Friuli. Sono qui anche per questo ma non sveliamo troppe cose…
Venerdì mattina esco con calma dopo una colazione sontuosa dolce salata, potrei stare al Pineta tutto il giorno infatti con la scusa di scrivere al PC (ebbene sì lo porto anche in montagna) faccio tardi, non sono certo una escursionista modello, amo camminare e pedalare eppure riesco a fare tutto “aiutandomi” con vari mezzi, come il trenino di ieri e la funivia di oggi. Da due anni gli impianti sono stati rinnovati radicalmente, a cinquant’anni dall’inizio di questa avventura iniziata nel 1965, è stato un grosso investimento in parte finanziato, ora sono completamente accessibili anche ai visitatori con limitata mobilità e trovo che questo sia un traguardo importantissimo. Perché la montagna per tutti è una cosa brutta dal punto di vista dei puristi di un tempo e io vorrei essere così, perché il turismo di massa è il male assoluto da un certo punto di vista e sta rovinando – distruggendo – svilendo alcune delle bellezze che rendono unica l’Italia ma… per alcuni è il solo modo possibile e se fatto bene, con la necessaria “paura” e tanto rispetto, senza andare in pericolo, va bene. Le carrozzelle sono di due tipi come dico sempre, temporanee e permanenti, le mie amiche mamme che hanno spinto passeggini nei primi anni di vita dei loro bimbi sapevano che un giorno non ne avrebbero avuto più bisogno ma purtroppo esistono pure le carrozzine per gli adulti, ricordiamolo. E vedere diversi escursionisti salire quassù, seppure con mobilità limitata, riempie di gioia me come pure loro, ne sono sicura. Essendo da sola sono libera di fare quel che mi pare, girare, chiacchierare, quindi parlo con tutti, che novità! Due comitive mi incuriosiscono in particolare. La prima: una trentina di disabili dalle Marche terremotate, SI proprio da Visso e dintorni, sono venuti con i loro fantastici accompagnatori con cui scambio due parole, “è difficile sa” mi dicono e ci credo, ma hanno la gioia negli occhi e cosa c’è di più bello che salire in quota e toccare il cielo, soprattutto per chi fa fatica a muoversi e combatte ogni giorno con le barriere architettoniche? La seconda: altrettanti israeliani riconoscibili da lontano, uomini con la kippah e donne con i vestitoni scuri, genitori e figli, mancano solo trecce e parrucche. Shalom, Toda, Mazal tov sono le prime parole che uso per comunicare, li adoro nella loro curiosità e nel bisogno di stare insieme, uniti, soprattutto questi che non sono proprio di città. Parliamo, facciamo selfie (te pareva) mercoledì saranno a Venezia. Quanti giorni chiedo? Uno rispondono. Vergogna, ma chi ha insegnato agli stranieri dove andare e quanto stare nelle città italiane? Vedere Venezia in un giorno è un insulto a noi e a loro, chissà cosa vedranno e quali ricordi porteranno a casa dalla mia città. Mi chiedono due cose: dove mangiare cibo kosher e se è pericoloso camminare accanto ai canali. Ah che pazienza, sorrido, rispondo e mi chiedo se pure io sono così quando vado in giro, quando voglio vedere tutto nel minor tempo possibile consumando luoghi e tempi di visita. Spero di no ma potrebbe essere, agli occhi dei locali. A proposito di turismo di massa, tutto torna…
La montagna mi fa l’effetto di volare alto con il pensiero, oltre le nuvole, verso il cielo. Cerco papà che è stato qui tante volte e conosce la Marmolada come le sue tasche, come tutte queste montagne, e forse c’è stato anche nel 1963, da sottufficiale, durante il servizio militare con il 163° reggimento degli Alpini nell’anno del Vajont. Non ne ha mai parlato volentieri perché soccorrere i sopravvissuti e seppellire i morti era come andare in guerra. Ne parlo ancora al presente dopo due anni, è così, preferisco venire a trovarlo qui che in cimitero perché qui dovrebbe essere. Eppure non lo vedo, non lo sento, c’è troppa gente e troppe distrazioni ma poco male. Papà Giulio è un pensiero ricorrente, mi aspetta da qualche altra parte devo solo avere pazienza. Oggi è come se gli avessi telefonato e non avesse risposto, rifarò il numero in un altro momento. Mi godo il posto e cerco di essere serena perché so che lui vuole questo, è la sua eredità, una delle tante, l’amore per la montagna in generale e per le Dolomiti in particolare, che saranno le mie montagne sempre.
A Malga Ciapela mi sono messa in fila, tre tronconi 1.450 – 3.265 metri slm come c’è scritto su tutti i cartelli. Potrei farne due ma opto per il percorso completo. Costerebbe 30 euro ma grazie alla Marmolada card ho uno sconto di ben due euro, fanno bene a tenere questi prezzi elevati (c’è sempre la fila e la manutenzione dell’impianto deve essere carissima). Dedico quasi tre ore alla Regina delle Dolomiti (ma non era Cortina la regina?). Il punto più alto Punta Rocca si raggiunge in mezz’oretta, nei 1.800 metri di dislivello in salita scorgo boschi e pascoli, conifere e arbusti, poi muschi e licheni, ghiaioni e poca, pochissima neve o ghiaccio. Il panorama stupendo è offuscato da nuvole, immagino solo in parte la bellezza che mi circonda. Dovrei avere una vista strepitosa a 360 gradi quassù, vicino su questo meraviglioso massiccio, lontano su un ampio fronte dell’arco dolomitico. Non c’è tutto ma immagino tutto e mi emoziono.
Il fronte: la Marmolada è stata nella Grande guerra il confine conteso tra Italia e Austria Ungheria. D’inverno scendevano metri di neve, d’estate si costruivano trincee e gallerie per difendersi e attaccare il nemico. Corpo a corpo, metro a metro persone uguali, vicini di casa e amici in tempo di pace si sono trovati l’uno contro l’altro e hanno dovuto combattersi, uccidersi, lottare per scelte superiori. Fino alla vittoria del settembre 1918, di cui ci vantiamo, che ha segnato i nuovi confini italiani, restituzioni, cessioni, pacificazioni… per una ventina d’anni o poco più. Che cosa orribile è la guerra, eppure questo motore della storia è ancora presente e lo sarà forse per sempre. Oggi sulla guerra imparo qualcosa di nuovo in modo molto istruttivo, da Punta Rocca in dieci minuti faccio il primo pezzo di ritorno fino a Serauta a m 2.950 dove c’è il bellissimo Museo della Grande Guerra (la visita è inclusa nel biglietto). Il museo più alto d’Europa è straordinario ed è anche una grande operazione di marketing di montagna, se ci sarà sempre meno neve gli sciatori che hanno affollato le piste tutto l’anno diminuiranno. Così dare un’alternativa, un motivo in più per attrarre nuovi visitatori è stata proprio un’ottima idea. Trascorro un’ora a leggere pannelli e osservare le ricostruzioni minuziose dei luoghi e oggetti utilizzati dai soldati in prima linea, su entrambi i fronti. Ci sono armi e oggetti di uso quotidiano, attrezzature e presidi medici, armi di ogni tipo, ricostruzioni di trincee. Vedo un video d’archivio in bianco e nero che mostra soldati vestiti in modo inadeguato che sciavano per raggiungere le postazioni e sparare. Impressionante! Esco piena di domande, dopo cent’anni siamo ancora qui a chiederci cosa sia successo, perché siano morti sei milioni di persone. Il nonno paterno era un ragazzo del 99 e fece la battaglia del Piave, peccato non avergli potuto chiedere molto ma i suoi racconti sono rimasti nei dialoghi familiari fino ad ora. Qui fuori si possono visitare le vere trincee e gallerie della Grande Guerra ma io sono sulla via del ritorno. La mia strada prosegue in discesa, faccio di seguito i due tronconi Serauta – Coston d’Antermoja m 2.350 e giù fino a Malga Ciapela. Ho voglia di muovermi, dopo il bianco e nero di neve e rocce ho voglia di colorare questo pomeriggio. Prossima destinazione il lago di Alleghe. A presto!
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Per saperne di più:
http://www.marmolada.com/it/localita/rocca-pietore
https://www.dolomiti.it/it/rocca-pietore/
http://www.treninodeiserrai.com/it/i-serrai.html
http://www.neveitalia.it/ski/marmolada/news/marmolada-si-inaugura-la-nuova-terrazza-di-punta-rocca-a-3265m
http://www.funiviemarmolada.com/