Oggi visitiamo tranquillamente la capitale del Rajastan, con un sole splendido che ha cacciato via nuvole e foschia. La passeggiata in centro ci dimostra perché Jaipur è detta la “città rosa”: rosa sono i palazzi antichi del centro decorati con le guglie in foggia raj, rosa i portici dei bazar che si susseguono per chilometri, intervallati solo da porte agli incroci, rosa è il palazzo dei venti, splendido merletto decorato. L’impianto urbano di circa 250 anni è dominato dall’osservatorio astronomico detto Jantar Mantar, un museo di astronomia a cielo aperto molto interessante, e dal City Palace, così bello che appare sulla copertina della LP, tra le ricche porte decorate, proprio con la porta dei pavoni. E poi abiti antichi, carrozze, miniature, stanze private e spazi pubblici. Jaipur ci si svela piano piano, nel tempio induista di Govinda Mandir effettuano la puja quattro volte al giorno (h10 – 11,30 – 17,30 – 18), sarà bella come a Varanasi? I compagni che l’hanno vista ne sono rimasti soddisfatti.

Siamo liberi di curiosare per questa affascinante città, dove attraversare la strada è un’esperienza. Alle 14 partiamo dall’hotel in pulmino, per visitare il vicino villaggio di Galta con i templi delle scimmie e del sole, incastonati in una gola. L’ingresso della valle è affascinante, vi si aprono due gruppi di templi induisti ben decorati ma decadenti, popolati da pochi sacerdoti che senza sosta a turni di 2h ciascuno leggono il Ramayana. Scimmie e mucche sono assai più numerose degli uomini. Saliamo in cima alla collina, siamo circondati da un paesaggio spettrale e da quassù vediamo Jaipur in tutta la sua ampiezza. Colpisce la precisione delle forme squadrate, studiate a tavolino nel 700 quando il sovrano Man Singh volle uscire dal forte – residenza di Amber, permettendo ai sudditi di vivere in una città vera, organizzata secondo canoni all’avanguardia per l’epoca. Riposiamo accarezzati dalla brezza prima di tornare in città. Ceniamo in un ristorante storico per famiglie, buono anche se in pochi assaggiamo le specialità tandoori, piccantissime. Un cartello informa che le autorità del Rajastan proibiscono il consumo di alcolici nei locali, ma in hotel hanno birra, vino e cocktail e concludiamo la serata in bellezza.

Un’altra emozione, una cosa turistica tanto attesa, apre questa lunghissima giornata “di trasferimento”.

*** Emozione che ora non potrei più provare, ci ho messo del tempo per avere un comportamento responsabile in viaggio e nel 2008 semplicemente non sapevo cosa significa viaggiare a dorso di elefante, far male a queste povere bestie sfruttate sin dall’infanzia per il piacere o le necessità umane ***

Effettuiamo la salita al forte di Amber a dorso di elefanti bardati, dopo una coda di mezz’ora per prendere “il mezzo”. Questo palazzo ha caratteristiche simili agli altri già visti, ma non è meno bello e ci lasciamo andare a un tripudio di fotografie, dentro, fuori, alle finestre e sulle torrette, allietati ancora dal sole e dai panorami verso la valle, con alti contrafforti che ricordano la grande muraglia cinese. C’è qualche venditore di troppo ma noi, non contenti, saliamo sotto il sole fino al forte soprastante di Jaigarh, bello e con pochi turisti occidentali. Qui l’impianto difensivo è più evidente, con le guarnigioni dei soldati, le tante vedette e la fonderia per le munizioni, ma non mancano spazi ricreativi come un giardino bello e curato, cucine perfettamente ricostruite e addirittura un teatro di marionette. La parte più alta ospita i templi, tre enormi cisterne di capacità superiore a 24 milioni di litri d’acqua (!!) con funzione di riserva e vasca per abluzioni, e un piazzale dominato da un cannone lungo oltre 20m. Dicono che avesse una gittata di oltre 20 km ma che non abbia mai sparato un colpo, il corpo del cannone è decorato con ghirlande ed elefanti e non ha affatto un aspetto minaccioso. Vi sono molti fedeli indiani che ci offrono ottimi samosa e polpettine.

Dalle 11 gli autisti ci inseguono per sollecitare la partenza, giustamente vogliono mettersi in viaggio sapendo che i 250 km di strada per Delhi sono più lunghi di quanto si possa immaginare. Invece noi siamo in giro ed è difficile riunirci per partire, oltre le 13, affamati e con la consueta richiesta di mangiare qualcosa lungo la strada. Stiamo quasi sempre in una comoda autostrada a quattro corsie, poco trafficata all’inizio; gli autisti ci accontentano attraversando la mezzeria e percorrendo un buon tratto… contromano su un dosso da dove a malapena siamo visibili. La sosta è ancora in un posto di lusso dove il caffè costa 60 rupie, più che in Italia!! Siamo stanchi e ci sentiamo agli sgoccioli della vacanza, da alcuni giorni accanto a qualcuno che riposa la conversazione sul pulmino spazia sugli argomenti più disparati. Le 5 – 6 h previste per raggiungere la capitale diventano 7 – 8 h a causa di un traffico allucinante, peggio delle tangenziali di Milano nei week – end. Ci si muove a passo d’uomo senza sapere quando ne usciremo, per fortuna il nostro hotel è prima del centro città, gli autisti lo trovano facilmente. Siamo stravolti, molliamo i bagagli e per l’ultima cena vorremmo viziarci in un ristorante carino, ma non è facile. Nel vicino viale sono aperti i negozi e le bancarelle, i ristoranti sono pieni, il richiamo di Pizza Hut è forte ma il locale è pieno di indiani e ci serviranno dopo mezz’ora. Un’altra catena fa al caso nostro: pizza, noodles, zuppe, involtini, cheese nan, qui c’è una summa di quanto abbiamo provato in viaggio, ci servono presto e spendiamo poco, siamo rassegnati a non bere birra. E presto rientriamo in hotel.

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